lavorone, agli arresti domiciliari in roulotte

lavorone, agli arresti domiciliari in roulotte Roma: il giudice affida il giovane zingaro alla madre che vive in un campo. Il legale: con il delitto non c'entra lavorone, agli arresti domiciliari in roulotte Preso anche il quinto ragazzo sospettato dell'omicidio di Mauro ROMA. Arresti domiciliari dentro la roulotte. Così il giudice ha deciso per il quattordicenne nomade D., coinvolto nelle indagini sull'omicidio del piccolo Mauro Iavarone. Avendo per tetto una casa viaggiante, il magistrato ha stabilito, da giovedì scorso, che il ragazzo sia sottoposto al «collocamento al campo nomadi e affidato alla madre». E' la prima volta che accade in Italia, perché, secondo quanto prevede la legge, per godere del beneficio degli arresti domiciliari bisogna avere un alloggio. «E di questa decisione - ha spiegato l'avvocato Mirko Goman, che cura gli interessi legali dell'Opera Nomadi - dobbiamo ringraziare la magistratura italiana». Goman ha osservato che il magistrato, nel prendere questa decisione, ha dimostrato di aver riconosciuto la non pericolosità del ragazzo e la sua volontà di non fuggire. «Con il delitto - ha detto il legale - D. non c'entra. Adesso è a completa disposiziome degli inquirenti, per ogni chiarimento, perché il suo alibi è sicuro». Sono stati i carabinieri della compagnia di Cassino, giovedì scorso, a notificare al ragazzo l'ordinanza della Procura della Repubblica per i minori di Roma, dopo averlo rintracciato al campo nomadi di Bassano del Grappa. «Non l'abbiamo interrogato hanno spiegato i militari dell'Arma -, ma D. sarà sentito dal giudice dei minori, sicuramente, in questi giorni. In seguito, dopo che il rapporto sarà inviato alla Procura di Cassino, verrà nuovamente interrogato Erik, il diciottenne peruviano che ha fatto i nomi dei complici nell'omicidio di Mauro Iavarone». Erik, prima teste chiave poi indagato, nella sua lunga e controversa confessione, oltre ad accusarsi del delitto, aveva indicato come corresponsabili i nomadi Denis e Fardi Bogdan, di 19 e 21 anni, D. e il quindicenne C. Secondo il racconto del peruviano, Mauro sarebbe stato ammazzato perché si era rifiutato di subire violenze sessuali, ma anche perché aveva minacciato di rivelare un traffico di droga e i furti che costituivano «gli affari della banda». Per il 17 dicembre, a Roma, è previsto l'incidente probatorio. Presso la sede del Centro investigazioni scientifiche dei carabinieri verranno rese note, davanti ai rappresentanti degli imputati, le perizie fatte sui sacchetti di plastica, trovati sul luogo del delitto, e sugli abiti dei cinque indagati. Si dovrà, pertanto, accertare la presenza o meno del quattordicenne nel bosco di San Giovanni Incarico, quel 18 novembre in cui Mauro venne brutalmente ucciso. Francesco Mazzoccoli, difensore di D., si mostra tranquillo: «Il ragazzo - dice - non si è mai nascosto, perché non c'entra con il delitto. Dal 30 ottobre non era più a Piedimonte San Germano e nel giorno dell'omicidio si trovava in Veneto, a Bassano del Grappa. Stava male. Ci sono molte prove a sostegno del suo alibi». Secondo il legale, dopo essere partito con i familiari il 30 ottobre, D. si era fermato a Reggio Emilia fino al 6 novembre, per ripartire quel giorno per Bassano del Grappa, dove la famiglia è solita vivere. Ir. r.] L'Opera Nomadi «Ringraziamo la magistratura per questa decisione» L'accampamento della famiglia Bogdan davanti al rione Gcscal dove viveva Mauro Iavarone

Persone citate: Fardi Bogdan, Francesco Mazzoccoli, Goman, Mauro Iavarone, Mauro Roma, Mirko Goman