L'anno del super pomodoro
L'anno del super pomodoro L'anno del super pomodoro Così si progettano i nuovi alimenti BELLA RICERCA □MILANO L '99? Sarà l'anno del pomodoro antivirus, mentre il '98 ha visto la patata che resiste alle dorifore. E poi, dall'anno duemila, toccherà all'olio di soia e a quello di colza che, arricchiti degli acidi appropriati, potranno combattere le malattie cardiovascolari. Ma i cervelli della Monsanto, il colosso americano che più ha scommesso sulle biotecnologie, promettono, presto, ben di più: plastiche biodegradabili a base di soia; cotoni blu, neri o d'altro colore che elimineranno l'uso dei coloranti; oppure piantine di caffè senza caffeina e patate che assorbiranno meno olio di frittura; oli, infine, in gran quantità, sia per la salute umana che per gli usi industriali. Fantascienza? Al contrario, per ciascuna di queste meraviglie è già fissata una tabella per le prossime uscite^ perché, per ciascuna di quéste scopèrte, occorrono dai quattro ai sei anni di lavoro. I veri segreti sono altri, quelli, ad esempio, gelosamente coltivati nel cuore dello stabili- mento Monsanto, a una ventina di chilometri da Saint Louis, Missouri, sotto una lunga fila di 26 serre, all'apparenza eguali alle serre di tutto il mondo. Qui dopo aver traversato, portoni, gallerie, altri portoni e altri cancelli, il visitatore può arrivare nell'antro della caverna, la grotta delle meraviglie Monsanto. Ma solo i 650 dottori della ricerca dispongono della parola d'ordine, del moderno «apriti Sesamo» che può introdurre nei segreti dell'agricoltura del nuovo millennio. Anche gli svizzeri di Novartis, l'altro colosso delle «scienze della vita» che più ha scommesso sulle biotecnologie é i prodotti transgenici, hanno puntato sugli Stati Uniti. Pochi mesi fa la multinazionale di Basilea, frutto delle «nozze» tra Ciba e Sandoz, ha annunciato di voler investire più di mille miliardi di lire nelle biotecnologie applicate all'agricoltura. A San Diego sta nascendo un centro avanzatissimo, con 180 scienziati, che lavorerà in stretto contatto con un altro laboratorio Novartis, stavolta in North Carolina (altri 500 miliardi di investimenti), che si occupa di ricerche biotecnologiche in campo farmaceutico. La vera scommessa, del resto, sta nel fatto che l'ingegneria possa trovare applicazioni in almeno tre campi diversi: medicinali, prodotti per l'agricoltura e cibi veri e propri. La stessa Novartis, ad esempio, sta applicando l'ingegneria genetica su cavie animali per lo studio e la cura del morbo di Alzheimer e sulle sementi, per aumentare le rese agricole. La ricerca, insomma, avanza, an¬ che se, come ha commentato Daniel Vasella davanti agli analisti finanziari a Londra, «c'è spesso un'incomprensione profonda del vero significato delle biotecnologie. Data dal sospetto e dalla mancanza di conoscenza...». Per ora, infatti, il mais transgenico prodotto da Novartis non può essere commercializzato in Itaba o in Francia, in attesa del giudizio della Corte di giustizia comunitaria. Eppure, in Europa qualcosa si muove: nell'estate scorsa, dopo dieci anni di travagli, l'Unione Europea ha approvato una direttiva sulle biotecnologie; il 7 giugno scorso gli svizzeri hanno bocciato la proposta di vietare gli esperimenti di ingegneria genetica sul territorio della Confederazione. In Germania, a caccia di nuove opportunità tecnologiche, addirit¬ tura sono nate bio-aree specializzate sotto l'egida della BioRegio, una sorta di agenzia pubblica a sostegno delle nuove iniziative, particolarmente attive in Baviera. Pure in Italia si contano più di 200 iniziative, tra esperimenti di multinazionali e aziende piccole e medie, più che altro impegnate sul fronte farmaceutico. Ma il vero paradiso delle «scienze della vita» restano gli Stati Uniti, terra della soia transgenica, dove il 73% dei consumatori si dichiara pronto, senza alcuna esitazione a comprare prodotti con ingredienti di piante modificate in via genetica per resistere agli insetti. Gli agricoltori, allettati dai risultati del raccolto e dalla minor spesa in fertilizzanti, rispondono con entusiasmo. Per ora, dice il mini¬ stero dell'Agricoltura, le varietà transgeniche coprono venti milioni di ettari, ovvero un terzo della soia e il 40% del cotone, più grandi quantità di colza, patate e mais. E l'obiettivo è di arrivare, entro cinque anni, al 70%. Ma davvero non c'è pericolo? O domani ci troveremo con malattie nuove, virus trasgenici capaci di sconfiggere qualsiasi cura o parassiti da incubo, in pratica invincibili? Difficile non trovarsi d'accordo con il «Financial Times», senz'altro sensibile alle pressioni di un business che già oggi vale più di 100 miliardi di dollari (ma, entro 10 anni, nella sola Europa potrebbe valere 2,7 milioni di posti di lavoro): «I rischi non sono sufficienti a far smettere la crescita del settore o a mettere in secondo piano i vantaggi della ricerca. Ma si tratta di pericoli veri, che solo un'autorità intemazionale, indipendente e con pieni poteri, potrà valutare rassicurando l'opinione pubblica». «Ma sia chiaro - ammonisce ancora Vasella, il presidente di Novartis - , Oggi, un ettaro di terreno mantiene quattro persone; date le tendenze in corso, più persone che chiedono più cibo e superficie calcolata in calo, tra 25 anni un ettaro dovrà mantenere 26 persone. E un risultato del genere sarà possibile, in maniera rapida, solo con l'ingegneria genetica». Vero, l'orse, anche se l'agricoltura dei Paesi ricchi oggi soffre di sovrapproduzione. Ma questi alimenti, per motivi di mercato, non finiscono nei Paesi «non solvibili»... Ugo Bertone I colossi della biotecnologia promettono entro il 2000 prodotti «meravigliosi» Contro i rischi c'è chi chiede un'autorità internazionale e indipendente di controllo
Persone citate: Daniel Vasella, Sandoz, Ugo Bertone, Vasella
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