Hillary, musa di Bill verso lo Stato palestinese di Fiamma Nirenstein

Hillary, musa di Bill verso lo Stato palestinese ANALISI Hillary, musa di Bill verso lo Stato palestinese HTEL AVIV ILIARY Clinton, mentre la notte di sabato scendeva l'ampia scala dell'Air Force One all'aeroporto di Tel Aviv, aveva qualcosa di insolitamente preponderante. Il suo linguaggio corporeo, eretto, potente, quel misto di costruzione sapiente e di spontanea esibizione di femminilità, splendeva in una serie continua di sorrisi e persino di risate, a mezzanotte, al freddo della pista, dopo un viaggio di tante ore e in mezzo a tanti sconosciuti da salutare cordialmente. Piena di energia nel rivolgere la parola a questo e a quello mentre, a un passo, Bill portava sul viso i segni della fatica delle terribili giornate della discussione al Senato, mancava che toccando il suolo del Medio Oriente si tirasse su le maniche del tailleur-pantaloni blu e esclamasse fra un inno e l'altro: «Su, adesso diamoci da fare». Lui era stanco, benché autorevole; lei un comandante in piena azione. La mattina dopo, quando ancora non aveva messo il naso fuori dell'albergo Hilton di Gerusalemme e la gente sotto il cielo grigio già l'aspettava per applaudirla fuori dal portone, al telegiornale delle 7 il più famoso tra i commentatori israeliani di cose arabe, Yehuda Yaari, diceva: «Il vero centro della storica visita di Clinton a Gaza, lo vedrete inscenato lontano da Arafat e da Clinton stesso, quando Hillary, accompagnata da Chelsea, visiterà il campo profughi di Shati o forse quello di JebaBa». Ovvero, il grande momento del riconoscimento da parte americana delle sofferenze del popolo di Arafat, il punto di vero contatto tra l'Occidente e il mondo dei profughi, sarà un messaggio trasmesso a tutti più che altro da ciò che Hillary dirà o farà. E la radio dei coloni raccontava una sua storia: «Hillary non ha voluto far sapere fino all'ultimo minuto il suo programma personale di Gaza. Aveva parlato vagamente della visita a un'istituzione di carità. E poi, venerdì, all'improvviso la moglie del Presidente non paga che l'elicottero americano atterri a Danja (e non ce ne sarebbe nessun motivo tecnico), non paga di apprestarsi ad ascoltare accanto all'inno americano "Biladi Biladi" mettendosi sull'attenti di fronte a un'implicita dichiarazione di piena nazionalità palestinese... non I colon«Il progdelle sunei Teè un imriconos furenti ramma e visite rritori mplicito cimento» paga di tutte le bandiere americane legate in un sol mazzo con quelle palestinesi, va in un campo profughi. E voi sapete bene - aggiungeva con voce preoccupata e irata il radio-colono - che i profughi sono proprio la parte più antiisraeliana del mondo palestinese, quella dove meglio prospera Hamas. Senza dimenticare che proprio a Jebalia nacque l'Intifada. Insomma, Hillary è una convinta sostenitrice dello Stato palestinese e Clinton è diventato il suo paladino». Il riferimento non è casuale: la radio si riferiva a quando Hillary Clinton, qualche mese fa, si pronunciò senza mezzi termini a favore appunto del futuro Stato palestinese. Bill Clinton commentò la forte uscita della moglie, una delle tante peraltro che Hillary è solita fare in campo politico, dicendo giustamente che ogni donna ha il diritto di pensarla a modo suo, senza chiedere il permesso al marito. Ma nessuno credette che un'uscita così mirata avesse potuto aver luogo senza il permesso di Bill. Insomma: Hillary durante questo viaggio appare l'ispiratrice della politica di suo marito, una politica di decisa qualificazione della parte palestinese in vista di uno Stato che oggi, a Gaza, vedremo messo in scena per la prima volta sull'arena internazionale. Ma questo lungi dal dispiacere agli israeliani che non siano dichiaratamente di destra incontra molto, invece, il gusto di queste parti. Hillary è guardata con ammirazione. Ma una società l'amilista e protettiva come la piccola comunità israeliana non può anche non preoccuparsi per quell'ombra malinconica che si vede sempre sul viso. Una bambina di sette anni richiesta di che cosa volesse chiedere a Hillary, ha risposto diventando tutta rossa: «Vorrei domandarle perché ha sopportato quello che ha fatto suo marito; anche se capisco che è un uomo molto carino...». Qualcuno poi deve averle detto che se si provava a l'are una domanda di quel genere, guai a lei. E infatti, durante l'incontro con bambini arabi e israeliani a Neve Shalom, è stata data la parola soltanto a una bambina che aveva da porgere a Hillary delle sapienti domande sulla pace. Fiamma Nirenstein ^ J I coloni furenti «Il programma delle sue visite nei Territori è un implicito riconoscimento»

Luoghi citati: Danja, Gaza, Gerusalemme, Medio Oriente, Tel Aviv