Quanto vale la vita di un ragazzo nero di Giampiero Paviolo
Quanto vale la vita di un ragazzo nero Decine di telefonate a «La Stampa»: «Troppi 22 anni di carcere per il delitto dei Murazzi» Quanto vale la vita di un ragazzo nero LA condanna a 22 anni dei quattro giovani torinesi colpevoli di aver assassinato ai Murazzi Abdullah Douimi ha suscitato forte emozione e sono in molti quelli che chiamano i centralini della «Stampa» per dire: i ragazzi del «branco» non volevano uccidere, se omicidio c'è stato è avvenuto al di là delle pur violente intenzioni. Il processo ha però accertato che gli imputati costrinsero la loro vittima a gettarsi nel fiume, e facendone il bersaglio di bottiglie e altri oggetti (tra i quali un aspirapolvere) le impedirono di riguadagnare la riva. Una condanna a morte. E' questa la ricostruzione che i giudici hanno messo a fondamento della sentenza. Una sentenza molto dura: la giovane età dei protagonisti e l'assenza di precedenti penali rilevanti hanno pesato meno di aggravanti quali la provata tendenza all'aggressività e l'atteggiamento contraddittorio, a volte irridente, tenuto dagli imputati durante il processo. Alla fine quel che è rimasto scritto nella sentenza è chiaro: al «branco» poco o nulla era importato della vita di Abdullah, un marocchino che viveva in clandestinità, uno spacciatore di droga, un «rifiuto» che meritava di affondare nel fiume, un «negro di merda», come fu apostrofato mentre annaspava. Ventidue anni sono tanti, anche se appello e ammissione a regimi carcerari alternativi potrebbero ridurli. I famigliari, straziati dall'angoscia, hanno inveito contro i giudici. E le ragioni portate da molti torinesi cLimostrano che, pur di fronte a un fatto grave, una sentenza così severa è difficile da accettare. L'emozione, però, non deve far dimenticare che un uomo, e non importa di quale Paese, è stato ucciso. E alla sbarra c'erano ragazzi «normali» che mai hanno mostrato pietà o pentimento, quasi che il perdono per una bravata da ubriachi in riva al Po fosse loro dovuto. Giampiero Paviolo
Persone citate: Abdullah Douimi
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