Ora tocca a Schroeder
Ora tocca a Schroeder Ora tocca a Schroeder Sarà lui a varare il super patto BONN. E ora tocca alla Germania. Con la conclusione del vertice di Vienna e quindi del semestre di presidenza austriaco, è il cancelliere tedesco Gerhard Schroeder a dover tirare fuori dal fuoco almeno due grosse castagne: una risposta concreta a milioni di disoccupati e l'Agenda 2000, la riforma che coinvolge tra l'altro i contributi nazionali ali Ue e la politica agricola. Per i disoccupati, che in Germania sono 4 milioni, Schroeder non poteva aspettarsi di più da questo vertice: dopo tante indiscrezioni, in definitiva solo martedì scorso era stata pubblicata, in un documento franco-tedesco, la prospettiva di individuare «obiettivi vincolanti e verificabili» nella lotta alla disoccupazione in Europa. In contrasto con la visione nazin- naie del suo predecessore, Helmut Kohl, l'«europeo» Schroeder dovrà produrre obiettivi credibili di abbattimento della disoccupazione entro il vertice di Colonia del giugno prossimo, e poi - cosa più improba - risultati concreti. Per la Germania questi hanno già una dimensione: ridurre i senza lavoro di un milione di unità, come ha appena prospettato il ministro delle Finanze Oskar Lafontaine. C'è poi il coacervo dell'Agenda 2000 con in testa la richiesta della Germania di versare meno nelle casse comunitarie da cui attingono soprattutto Paesi come la Spagna (l'Italia invece è pagatore netto, anche se di poco). Il tempo stringe: Schroeder ha promesso un risultato definitivo già entro marzo. Da Vienna rimbalza a Bonn la strategia che il Cancelliere ha confidato a giornalisti seduti a notte fonda al Cafe Central. Punto primo, accontentarsi di poco: basterebbe che la curva della quota tedesca al finanziamento, dice il Cancelliere «tendesse non verso l'alto, ma verso il basso». Secondo, spaventare chi si oppone a ridiscutere la struttura dei contributi: a fine 1999, ha ricordato, scadono gli aiuti per le regioni deboli come quelle spagnole e potrebbero non essere rinnovati. Mentre è chiaro che forti spinte all'allargamento dell'Ile ai Paesi dell'Est non verranno, resta da vedere come Schroeder voglia accordarsi con Parigi e i contadini francesi beneficiati dai contributi agricoli messi a rischio dalle richieste tedesche. Un doppio fronte, domestico e internazionale, si è intanto già aperto per lui in fatto di armonizzazione fiscale, necessaria alla Germania per non veder fuggire altre imprese di fronte alle aliquote tedesche in diminuzione, ma ancora troppo alte: la Gran Bretagna già frena da tempo e ieri ci si è messo anche il Presidente della Bundesbank, Hans Teitmeyer, secondo il quale sebbene alcune norme dannose per la concorrenza vadano eliminate, «un completo allineamento» fiscale «non è né da attendersi né da desiderarsi». C'è poi l'opposizione cristiano-liberale (Cdu e Csu-Fdp) che già ieri lo ha incalzato: Schroeder è «deludente» perché i suoi «atti di forza verbali» allontanano soluzioni di compromesso in fatto di contributi. Inoltre, dice la Cdu, le politiche «europee» di lotta alla disoccupazione non daranno mai i positivi risultati di quelle «regionalizzate» attuate ad esempio in Baviera e in Sassonia. Rodolfo Calò Il cancelliere tedesco Gerhard Schroeder
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