«Il '99 porterò più disoccupati» di Stefano Lepri
«Il '99 porterò più disoccupati» «Il '99 porterò più disoccupati» Bocciatura per il ministro tedesco Lafontaine L'ASPEN E' ROMA più probabile che la disoccupazione in Europa cresca nel '99, anziché ridursi» riassume l'economista Giacomo Vaciago. A questa sorprendente conclusione è giunto, nelle stesse ore del vertice europeo di Vienna, il convegno di personaggi informatissimi — imprenditori, banchieri, docenti, analisti finanziari — organizzato a Roma dall'Aspen Institute Italia. Negli scenari di previsione macroecomica, anche i più pessimisti, non erano ancora comparse stime così nere. Ma lo scenario tracciato all'Aspen tenta di precorrere i numeri, è forse più di carattere economico-politico. Un aumento della disoccupazione, prosegue Vaciago, «creerà cèrtamente problemi a governi che sono stati eletti promettendo di ridurla» come quelli orientati a sinistra ora prevalenti in Europa. E' più crudo, e più càustico, l'economista tedesco-americano Ruediger Dornbusch: «Secondo me, il ministro delle Finanze tedesco Oskar Lafontaine sta andando in una direzione completamente sbagliata. La sua "terza via" è un vicolo cieco; spero che Italia e Francia non lo seguiranno». Dentro il consesso a porte chiuse dell'Aspen, si sono confrontate opinioni molto differenti, ma il timore di una cattiva interazione tré politica ed economia sembra diffuso. Non è mutato il giudizio, dopo aver visto la parziale marcia indietro di Lafontaine, dopo aver constatato quanto vaga sia stata l'intesa sul «patto per il lavoro» a Vienna? «No — risponde Dornbusch, professore al Mit di Boston — perché Lafontaine ha fatto marcia indietro solo sugli argomenti sui quali ha trovato ostacoli in Germania. Ha smesso di attaccare le banche centrali perché, dato il prestigio della Bundesbank, in Germania questo è impopolare. Ma se vuole aumentare i salari per rilanciare la domanda interna, è in netta collisione con le politiche necessarie all'Euro». Secondo Dornbusch, «nel breve periodo» le politiche dirigiste potranno anche cogliere successi, «ma in 2-3 anni porteranno a un forte aumento della disoccupazione». Nel dibattito, altri invece hanno sostenuto che l'effetto negativo sarebbe immediato. Teme il circolo vizioso, per ragioni molto diverse, anche un economista keynesiano come il francese Jean-Paul Fitoussi, nemico del «patto di stabilità»: «Privi dello spazio di manovra per rilanciare la crescita con misure espansive di bilancio, i governi di sinistra rischiano di esser spinti a introdurre nuove rigidità, come le 35 ore o la pensione a 60 anni; e a reagire con nuove rigidità se la disoccupazione crescerà». Il governo italiano sarà forse meno esposto a queste tentazioni, come ha potuto testimoniare il presidente dell'Aspen Italia Carlo Scognamiglio, esponente di un partito moderato che appoggia Massimo D'Alema. Ma occorrerà, al contrario, muoversi in tutt'altra direzione: «Occorre imitare Paesi come l'Olanda e l'Irlanda — dice Vaciago — che hanno fatto notevoli progressi nel diminuire la disoccupazione. Il problema in Italia sono le riforme del mercato del lavoro, di cui il Parlamento dovrebbe occuparsi un po' di più». Al contrario di Fitoussi, la grande maggioranza dei partecipanti (tra gli economisti c'erano gli italiani Savona, Spaventa, Enzo Grilli, Sarcinelli; i tedeschi Hax e von Hagen; gli americani Alien Sinai e Michael Mussa) ha ritenuto inopportuno che i governi europei allentino il rigore di bilancio. «Se questo rischio dovesse materializzarsi, l'attuale situazione di tassi di interesse a un minimo storico si modificherebbe» sostiene Tommaso Padoa-Schioppa della Banca centrale europea. Le conseguenze sarebbero negative in primo luogo per l'Italia: secondo uno studio della Deutsche Bank, separatamente pubblicato ieri, un aumento dei tassi pari a 1 punto medio su tutta la gamma delle scadenze appesantirebbe il bilancio dello Stato di ben 1,2 per cento del prodotto interno lordo. Stefano Lepri
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