«Siamo la cerniera delI'Ue» di Augusto Minzolini

«Siamo la cerniera delI'Ue» «Siamo la cerniera delI'Ue» J7 premier: ora abbiamo credibilità LA STRATEGIA DI ROMA VIENNA DAL NOSTRO INVIATO Cose che si dicono. La settimana scorsa a Catania Massimo D'Alema aveva promesso il patto sul lavoro entro Natale. Ieri a Vienna lodando il metodo della concertazione davanti ai grandi d'Europa si è preso un po' di tempo: «Disquisire sulla data è inutile. E' come parlare al caffè della partita di domenica...». E per scansare l'ultimo ostacolo, il premier ha detto chiaro e tondo, che di pensioni non si parlerà: «Nessuno ha aggiunto in polemica con gli industriali - ha posto il problema sul tavolo della trattativa». A Parigi, a Madrid, a Londra, il premier aveva esaltato i rapporti bilaterali messi in piedi con gli altri partners europei, quelli che avevano dato vita ad mia commissione italo-francese sull'occupazione e ad un'altra italo-inglese su una politica estera e della sicurezza comune. Ieri forse perché la posizione italiana, stretta tra l'accordo franco-tedesco e quello anglo-spagnolo sui temi dell'occupazione, è rimasta in ombra, D'Alema ha cambiato idea sull'opportunità delle intese bilaterali: «C'è stato un fiorire di posizioni, non sempre coerenti. Ho dubbi sulle posizioni bilaterali». Ancora. A Bonn il presidente del Consiglio aveva annunciato un impegno con la Germania in seno all'unione per mettere in piedi il tribunale internazionale per giudicare Ocalan, in più aveva promesso un'offensiva sul terzo pilastro europeo, sullo spazio giuridico che dovrebbe rendere automatiche tra l'altro le estradizioni tra gli stati dell'Unione. Ieri il premier italiano ne ha riparlato, ma l'argomento è rinviato a line '99, durante la presidenza di turno filandese, in una località vicina al circolo polare artico, Tampere. Appunto, cose che si dicono. Tra questioni interne e intemazionali dopo due mesi a Palazzo Chigi il premier sta imparando che al governo non si può dar nulla per scontato e che sbilanciarsi su date o su impegni può essere controproducente. Bene che vada si rischia di fare la figu¬ ra dell'ingenuo. E, infatti, ieri l'unico a difendere tout-court i risultati del summit è stato lui. Gli altri, infatti, hanno vissuto quello che con toni enfatici è stato ribattezzato il nuovo «Congresso di Vienna» a modo loro. Tony Blair si è lanciato in una difesa sperticata dell'esistenza dei duty free. José Maria Aznar se l'è presa con i tedeschi che vogliono diminuire la loro quota di contributi all'unione chiedendo più soldi ai partners più poveri: «Schroeder fa il contrario di Robin Hood, ruba ai poveri per dare ai ricchi». Accusa che ha lasciato perplesso l'ineffabile cancelliere tedesco: «Ma Robin Hood non era inglese?». D'Alema, invece, ha rimarcato che Vienna ha rappresentato «un momento politicamente importante». Lo ha fatto forse perché è un neofita di questi appuntamenti - come ha riconosciuto lui stesso - «e, quindi, pecco di ottimismo». Oppure perché a differenza del suo predecessore, Romano Prodi, non ammette che il nostro Paese sullo scenario europeo sia un pò trascurato. D'Alema non accettava un'idea del genere prima, quando era ancora il segretario della Quercia, figuriamoci ora che dovrebbe interpretare in prima persona il ruolo dell'emanai nato. «La credibilità dell'Italia è aumentata. C'è attenzione per le cose che dice». E per essere più efficace in questo richiamo all'amor di patria il presidente del Consiglio ha rimarcato le modifiche apportate nel documento finale del Consiglio europeo, anche per merito dell'Italia. Ha sottolineato il fatto che «l'allargamento agli altri Stati che vogliono entrare avverrà solo dopo che sarà approvata la riforma istituzionale dell'unione, come voleva D documento francobelga-italiano»: pronunciamento importante certo, ma su un tema che andrà all'ordine del giorno solo nel primo quinquennio del prossimo millennio. Ed ancora ha osservato che sempre nel documento non si esclude più «l'armonizzazione fiscale» tra gli Stati dell'unione, ma «l'uniformità». Una questione di lessico, anche se non da trascurare. E' poco per esaltare il ruolo dell'Italia. Forse, ma D'Alema ha pensato che è meglio essere più realisti che in passato, per non correre il rischio dire delle cose solo per il gusto di dirle. «Noi abbiamo dato un contributo meno esteriore degli altri, ma importante. Secondo me - ha sentenziato il premier - avere una posizione equilibrata e di cerniera risponde agli interessi del nostro Paese». Augusto Minzolini «L'allargamento della Comunità avverrà soltanto dopo la riforma istituzionale» Il primo ministro britannico Tony Blair