Forleo: la verità è la mia

Forleo: la verità è la mia «AntonaccLe Oliva mi accusarono solo per evitare il carcere» Forleo: la verità è la mia L'ex questore chiede la scarcerazione ROMA. «Chi dice la verità, in questa storia, sono io, non chi mi accusa e ha parlato per evitare la galera». Dalla prigione militare di Forte Boccea, dov'è rinchiuso dal 23 novembre, Francesco Forleo torna alla carica e chiede al gip di Lecce di essere scarcerato. Dopo il primo no del giudice, successivo all'interrogatorio, il suo avvocato Guido Calvi ha presentato ai magistrati che accusano di omicidio l'ex-quostore di Milano una lunga memoria per confutare le tesi dei magistrati. In particolare Calvi fa riferimento all'interrogatorio di Forleo e a quanto dichiarato in istruttoria, nei verbali che poi hanno formato l'architrave dell'ordine di arresto dell'ex-questore - dai funzionari di polizia Pietro Antonacci e Giorgio Oliva, rispettivamente capo e vice-capo della Squadra mobile di Brindisi quando ci fu la sparatoria che uccise il contrabbandiere Vito Ferrarese, nel giugno del 1995. «Le dichiarazioni del dottor Forleo scrive l'avvocato - non solo non appaiono contraddittorie, ma rispetto a quelle di Antonacci e Oliva recano un'essenziale connotazione di genuinità, non viziata dalla speranza prossima di impunità, né deformata dall'ansia di scampare all'incombente rischio del carcere». Antonacci e Oliva non si sono limitati a dire che a sparare dall'elicottero contro il motoscafo del contrabbandiere fu Forleo, ma hanno aggiunto che l'ex-questore fu informato e acconsentì ad organizzare il depistaggio del mitra fatto ritrovare sull'imbarcazione. Forleo nega quest'ultima circostanza, e ora sostiene che i due hanno detto quelle cose per evitare il carcere che invece è toccato a lui. Ma le dichiarazioni del detenuto, insiste l'avvocato Calvi, hanno un altro «pregio, tanto più elevato quanto più raro ai nostri giorni: non sono accusatorie», e quindi «non sono dettate dall'utile, e in particolare da quella forma odiosa e aberrante dell'utile che pur dev'essere balenata nella mente di coloro che, al contrario, hanno parlato per sventare una minaccia personale imminente». Il riferimento a Oliva e Antonacci è evidente, e iJ difensore lamenta che il giudice abbia dato credito ai due poliziotti «trascurando le nu- merose e decisive circostanze e contraddizioni che costellano le loro dichiarazioni». In ogni caso la difesa di Forleo contesta che ci siano ancora motivi per tenere in galera l'ex-questore. Sono gli stessi pubblici ministeri, si legge nella memoria, a dire che «il quadro probatorio è univoco e completo in tutti i suo elementi», dagli interrogatori alle pe¬ rizie, «pertanto appare assolutamente evidente che qualsivoglia inclinazione mistificatrice e depistatoria (attribuita dai giudici a Forleo, ndr) appare priva del suo oggetto e perciò impossibile». Gli avvocati dell'ex-questore hanno svolto anche alcune indagini in proprio per contestare un altro episodio dell'estate del '95, nel quale - secondo un rapporto della Guardia di Finanza - da un elicottero della polizia si fece fuoco contro un motoscafo. La difesa ha trovato un testimone, l'ex-capo dei Nocs inviati a Brindisi in quella stagione, che racconta la vicenda in modo molto diverso da come riferì la Finanza. E riguardo alle direttive impartite da Forleo (definito dai pubblici ministeri un «becero pistolero») il testimone dice che l'ex-questore «dispose che i nostri velivoli operassero ad una quota non inferiore a 150 metri e si raccomandò di non utilizzare le armi se non nei casi espressamente previsti dalla legge». [gio. bia.] L'ex questore di Milano Forleo

Luoghi citati: Brindisi, Milano, Roma