«Solo il Cile può giudicarmi» di Fabio Galvano

«Solo il Cile può giudicarmi» E a Santiago diffonde il suo testamento politico: non ho colpe, ho solo lottato contro il comunismo «Solo il Cile può giudicarmi» Pinochetper la prima volta in tribunale LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Indomito, visibilmente irritato, il generale Augusto Pinochet squadra il giudice Graham Parkinson. «Con rispetto, vostro onore, non riconosco la giurisdizione di qualsiasi tribunale, se non nel mio Paese, per processarmi contro tutte le menzogne spagnole», dice esitante, con un filo di voce. Si leva un mormorio, dalla galleria in cui hanno trovato posto sedici cileni prò e contro. E poi un altro, dal piccolo gruppo di giornalisti ammessi in aula e dalle coorti di avvocati, quando l'interprete traduce in inglese. Severo, in sedia a rotelle, ma con in mano un bastone da passeggio, in un elegante rigato color nocciola e una vistosa cravatta gialla, l'ex dittatore cileno era rimasto impassibile come una sfinge, immusonito, per quasi mezz'ora. E soltanto quando l'udienza preliminare per la sua estradizione sta per concludersi chiede la parola per lanciare la sua sfida alla giustizia britannica, all'amata Londra che lo ha tradito. Il giudice Parkinson gli risponde pacato: «E' mio dovere condurre queste procedure secondo le leggi di estradizione. Non considero la sua una mancanza di rispetto». Pochi attimi e l'udienza, nell'asettico tribunale-bunker di Belmarsh rivestito di pannelli di pino e di cristalli antisfondamento, è finita. Pochi minuti ancora e dal portone di servizio del tribunale, una moderna struttura grigia costruita accanto a una prigione e usata in passato per i casi a rischio come i processi ai terroristi dell'Ira, schizza la teoria d'auto che riporta l'ex dittatore cileno nella villa del Surrey, a Wentworth, dove ha trovato rifugio. Pinochet passa fra due ali di folla: i suoi sostenitori e i suoi avversari, che un impressionante spiegamento di polizia (anche a cavallo) ha tenuto separati e che fin dalle prime ore del mattino si erano appostati con tamburi, bandiere e striscioni sui bordi erbosi della strada, in questo sperduto lembo della periferia londinese, a un tiro dal Tamigi e dal suo estuario limaccioso. Lo applaudono e cantano da una parte, sventolando cartelli che lo chiamano «Immortai», che chiedono «Libertad al Gran Gobernante», che invocano di «liberar¬ lo per la democrazia», che dichiarano «Viva Pinochet». Lo fischiano con gesti poco civili dall'altra, con cartelli altrettanto espliciti: «Pin8 asesino», «Giustizia», «Qui per tutte le vittime di Pinochet». Chissà se il vecchio generale li ha visti e sentiti. Sicuramente, in quel momento, tirava un sospiro di sollievo perché finiva la giornata della sua più grande umiliazione. A 25 anni dal sanguinoso golpe che lo aveva portato al potere, nell'autunno del 1973, l'uomo forte di ieri ha subito in Inghilterra il più grave affronto, mentre in Cile l'ex ministro degli In-, terni Carlos Caceres lo esaltava presentandone il «testamento politico» in cui l'ex dittatore giustifica il proprio operato con la lotta contro D comunismo internazionale. Nel documento Pinochet si dice «assolutamente innocente di tutti i crimini e i fatti» che gli vengono «irrazionalmente» attribuiti: «Non ho mai provocato la morte di nessuno e sento un dolore sincero per tutti io cileni che hanno perduto la vita durante questi anni». Aggiunge: «Accetto questa nuova croce con l'umiltà di un cristiano e la tempra di un soldato». Ma a Londra, scortato da poliziotti in giubbotto antiproiettile, Pinochet si è dato un contegno fra l'offeso e l'adirato persino quando il giudice gli chiede di identificarsi. «Sono Augusto Pinochet Ugarte - dice -. Ero comandante in capo dell'esercito, Capitano generale del Cile, presidente della Repubblica e, in questo momento, senatore della Repubblica». In pubblico, ha deciso il giudice Parkinson, Pinochet non dovrà più comparire fino a quando non si awierà concretamente la procedura d'estradizione. Ci vorranno mesi; perché anche una seconda udienza preli¬ minare, per fissare date precise e alla quale peraltro non sarà necessaria la presenza del generale, non si svolgerà che il 18 gennaio. Questo per dare tempo a due altre procedure: il ricorso contro la decisione dei Lord, che sarà discusso martedì e mercoledì e che, se accolto, aprirà la strada a un nuove esame da parte di altri 5 giudici a partire dal 12 gennaio; e il ricorso (in preparazione) contro l'autorizzazione a procedere decisa dal ministro degli Interni Jack Straw. Pinochet continuerà a rimanere nella villa di Wentworth, protetta giorno e notte dalla polizia; con la concessione - unica novità - di poter passeggiare nel giardino. Ma con un peso in più sulle spalle: le accuse di tentato omicidio, omicidio in concorso, tortura e presa di ostaggi che il giudice Parkinson, a nome di Madrid, ha formalizzato. Dagli altari alla polvere, dalla Moneda a Belmarsh, dal potere assoluto alla vergogna del tribunale; e la sua vicenda, che è anche la battaglia di un uomo di 83 anni che lotta contro il proprio passato, pare destinata a diventare una saga infinita. Fabio Galvano La seconda udienza fissata per il 18 gennaio. L'ex dittatore rimarrà nella villa del Surrey, protetta giorno e notte dalla polizia, dove gli è stato concesso di passeggiare in giardino Pinochet si copre il volto col cappotto. Nella foto grande, i parenti dei desaparecidos