L'ultimo appello di Clinton
L'ultimo appello di Clinton Primi due sì della cornmissione Giustizia all'impeachment, la Casa Bianca spera nella destra moderata L'ultimo appello di Clinton «Chiedo scusa, censuratemi ma non cacciatemi» NEW YORK NOSTRO SERVIZIO «Ho un profondo rimorso per ciò che ho fatto, con le parole e i fatti. Darei qualunque cosa per tornare indietro. Mi sono arreso alla vergogna e non avrei mai dovuto ingannare la mia famiglia, il popolo americano e il Congresso. Le conseguenze delle mie azioni sono ora nelle mani del popolo americano e dei loro rappresentanti. Se decideranno che il mio comportamento merita la loro reprimenda e la loro censura, sono pronto ad accettarle. Per penosa che sia la loro condanna, essa impallidisce di fronte alle pene che ho causato alla mia famiglia. Allo stesso tempo sono anche pronto a proseguire nel mio lavoro, con la forza e l'energia che Dio mi ha dato». Le parole di Bill Clinton (che non ha comunque ammesso esplicitamente di avere mentito) pronunciate con il volto contrito nel Giardino delle Rose della Casa Bianca, sono arrivate in quella che in termini calcistici si chiama zona Cesarini, vale a dire quando la commissione Giustizia della Camera aveva appena finito un lungo dibattito sul primo capo d'accusa contro di lui e si apprestava a votare. Non sono servite a nulla, quelle parole, almeno per il momento. Le telecamere, lasciato il Presidente che dopo la sua breve dichiarazione se ne stava tornando nell'Ufficio Ovale senza rispondere alle domande urlate dai giornalisti, sono corse di nuovo nell'aula della commissione Giustizia, giusto in tempo per registrare l'approvazione del primo capo d'accusa che chiedeva né una reprimenda né una censura, ma l'impeachment, per avere commesso spergiuro nella sua deposizione di fronte al Grand Giuri di Kenneth Starr. E' stato un voto rigorosamente partitico: 21 sì, cioè tutti i membri repubblicani, e 16 no, tutti i democratici. Un sì ripetuto più tardi, benché con un lievissimo spostamento di voti a favore del Presidente (20 sì e 17 no), nel voto sullo spergiuro nel procedimento Paula Jones e che si ripeterà, molto probabilmente nelle prossime ore, per le altre due accuse: ostruzione della giustizia e abuso di potere. Ma l'iniziativa di Clinton non era rivolta a quella commissione bensì al resto della Camera - dove si annidano molti repubblicani «incerti» - che la settimana prossima dovrà confermare o rovesciare quel voto. Le ultime indicazioni sono che lì, nell'intera aula, per «salvare» Clinton mancano due o tre voti e per ottenerli ci sono molti «lavori in corso». Il più importante - la nuova uscita di Clinton - è stato già fatto. Un altro, quello di cercare di mostrare la «irresponsabilità» dei membri repubblicani della commissione Giustizia, lo stavano facendo i democratici della stessa commissione, che hanno duramente contestato il fatto che per esempio i capi d'accusa riguardanti lo spergiuro non contenevano neppure le «parole specifiche» con le quali il Presidente avrebbe commesso quel reato. La risposta repubblicana è stata un sostanziale «si vota così e basta», e la speranza dei democratici è ora che quella loro «arroganza» venga punita, nel voto della setimana prossima, dai loro colleghi «moderati». Un altro dei lavori in corso è la pressione sul nuovo speaker designato, Joe Livingston, per mettere al voto, sempre la settimana prossima, oltre alle quattro richieste di impeachment anche la mozione di censura contro Clinton, alternativa all'impeachment, che chiuderebbe l'intera faccenda. Livin¬ gston finora non ha mostrato nessuna inclinazione rispetto alla volontà o no di metterà ai voti anche quella mozione. Quelli a lui vicini dicono che non vuole cominciare il suo incarico di speaker inimicandosi la destra del suo stesso partito. Ma se nel frattempo dovessero spuntare altri repubblicani «moderati» con dichiarazioni pubbliche contro l'impeachment di Clinton, è probabile che decida in senso positivo. Se non sarà così, Clinton sarà il terzo Presidente della storia americana a subire un voto per il suo impeachment. Franco Pantarelli Il Presidente spera che la gente faccia pressione sui deputati ma rifiuta di ammettere che ha mentito H. RES. RESOixrrfON Ri* >sòt*» nw« Mei < ftWnil ThM Wì.hint JttStrX»; 4~&Mu:*, <v<> • -. • ■ *. ttMk-Ky*K.:*4, ti,, fhftowioer turt^-x »■* ■ qy«* ■* :oc»rt Fw^ifcrtoi.N* >rt tKt **t»s*i lìtow * AHrsXvX, Sx'ow.vt Wfò>KÌ ■Mft>VWX> <"fc<-(v«. f*«-yyilft> r.K '> lite v.lvytA ^>*r'A vf ,V*>y4*X'. X( **«<*•»»»«■ \k\ V^X-M Il Presidente Usa Bill Clinton e, a sinistra, la prima pagina dell
Luoghi citati: New York
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