Il silenzio assordante sull'uomo del Colle

Il silenzio assordante sull'uomo del Colle FUORI DAL CORO Il silenzio assordante sull'uomo del Colle UE fatti nuovi sembrano connessi anche se in modo indiretto: l'apertura in un reticente silenzio della campagna per l'elezione del Capo dello Stato e la spaccatura fra Cossiga e Buttigliene i quali, benché in grado di parlarsi perfettamente in tedesco non sono però più in grado di intendersi né di volersi. Il fatto è che neanche il filosofo cattolico se la sente di avallare la linea «strategica» di Cossiga rispetto al governo. L'ex picconatore gli avrebbe fatto credere di voler sostenere «tatticamente» un governo d'emergenza (la finanziaria, il Kosovo, l'Europa...) essendo però chiaro che l'obiettivo strategico finale fosse la costruzione di un fronte liberale da opporre alla coalizione D'Alema. Poi però Cossiga ha annunciato la svolta: contrordine, l'alleanza non va più intesa come tattica ma strategica: parte integrante e integralista del decapartito e guai a chi si mette fuori dalla lìnea corretta. Buttiglione ha tentato con sobrietà di svicolare disquisendo in linea teorica sulla distinzione tra fini e mezzi, fra strategia e tattica. Ma si è sentito rispondere che chi pensa alla tattica in realtà desidera le poltrone. Oppure farsi mettere nel libro paga di Berlusconi. Assistiamo con incantata meraviglia al consolidamento di un centralismo monocratico in cui chi dissente viene bollato come rottame politico e tendenzialmente corrotto. Come ai tempi del più duro togliattismo, quando chi usciva dal Pei era trattato come un mascalzone e accusato di essere al soldo del nemico: «Chi ti paga?». Nel frattempo anche Bossi, sedotto dalle performances basco-catalane di Cossiga è ormai lì, in kilt scozzese, sulla soglia della maggioranza. E qui si passa al secondo tema: il Quirinale. Cioè la campagna elettorale del Capo dello Stato cominciata con le dichiarazioni dello stesso Cossiga e degli altri che propongono la rielezione di Scalfaro, proseguita poi con le dichiarazioni dello stesso Scalfaro a proposito della sua rieleggibilità, le cui interpretazioni sono state poi come è prassi smentite. Il tema viene accantonato e rimosso, man mano che si fa rovente. Sulla rielezione di Scalfaro si registra un assordante silenzio perfino un po' imbarazzante. Ieri è uscito il settimanale Liberal con una inchiesta molto ricca sull'eventualità che Scalfaro possa essere rieletto pergarantire lo stesso quadro politico da cui dovrebbe scaturire il suo secondo mandato. I pareri registrati, tutti prestigiosi, sono stati nella grande maggioranza contrari: da Angelo Panebianco che ritiene il Presidente un ostacolo alle riforme, a Sergio Romano che lo accusa di inviare messaggi in codice; da Gianfranco Pasquino che lo invita a godersi in santa pace la pensione, a Giovanni Sartori che considera insuperabile il limite d'età. E via di questo passo. Si tratta di opinioni irrilevanti e sarebbe stato lecito aspettarsi uno scatto di interesse nel dibattito politico, un'apertura di discussione. In fondo, una rielezione finora non si è mai vista. Invece, nulla. Quel che è certo è che su questa scadenza presidenziale grava ormai una sorta di super-correttezza politica: un'aria anestetica e un po' inquietante. Si prova la sensazione che venga considerato molto scorretto parlar male dei manovratori, o anche semplicemente parlarne e discutere delle loro decisioni. Se poi la Consulta dovesse, come molti temono, bocciare il referendum, allora ii silenzio si trasformerebbe in soffocamento, perché l'unica occasione di riossigenare la politica coinvolgendo il negletto popolo sovrano, sarebbe annullata e lo scollamento preoccupante già registrato davanti alle urne nelle elezioni provinciali, potrebbe trasformarsi in rotta democratica. Paolo Guizzanti liti |

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