Oclan, polemica tra Dini e Londra
Oclan, polemica tra Dini e Londra Il portavoce di Blair: «E' un caso che riguarda soltanto l'Italia». Il ministro degli Esteri: «No, l'Europa» Oclan, polemica tra Dini e Londra Interrogato il leader Pkk, indagati altri tre curdi ROMA. Abdullah Ocalan è stato interrogato per quasi due ore dai magistrati che indagano sul suo arrivo con passaporto falso e che hanno inquisito altri tre «accompagnatori» sospettati, come il deputato di Rifondazione comunista Ramon Mantovani, di aver tentato di favorire il suo ingresso clandestino. I sostituti procuratori Giancarlo Capaldo e Vincenzo Roselli hanno ascoltato il leader del Pkk nella villetta dell'Lnfernetto. Il leader del Pkk ha negato di aver tentato un ingresso clandestino a Fiumicino la sera del 12 novembre ed ha ribadito di aver esibito alla polizia di frontiera il passaporto falso, chiedendo asilo politico. Diversa la versione della polizia: Ocalan fu bloccato mentre tentava di superare la dogana. Per quanto riguarda il ruolo di Mantovani, Ocalan ha detto ai magistrati che «mi è venuto a prendere a Mosca, ci siamo incontrati e siamo tornati insieme a Roma». «Ocalan è tornato con Mantovani per avere a fianco una persona autorevole ed amica per ogni evenienza», ha aggiunto l'avvocato Luigi Saraceni. Il leader Pkk è stato poi ascoltato, come teste, sull'attentato al Papa. «Ha detto cose di poca rilevanza, già note», dice Saraceni. Ocalan si è limitato a far presente che gli esecutori dell'attentato furono dei «Lupi Grigi» che in precedenza erano stati liberati dal carcere dalle autorità turche. Sono state poste delle domande anche sull'assassinio di Olof Palme. I nuovi indagati sono tre curdi che accompagnavano Ocalan sull'aereo giunto da Mosca. Si tratta di Ahmet Yaman, portavoce del Fronte di Liberazione nazionale del Kurdistan in Italia, di una giovane donna ripartita pochi giorni dopo l'arrivo (potrebbe trattarsi di Rozelin Laser accusata dai turchi di essere la compagna del leader curdo) e di un terzo uomo. Yaman sostiene di «avere i documenti in regola come rifugiato politico» e nega di aver tentato di favorire l'entrata clandestina di Ocalan. «E' stato tutto regolare. Ocalan si è presentato e ha chiesto asilo», dice. Anche Mantovani raccoglie la solidarietà del suo partito - Bertinotti parla di un «brutto segnale» - e respinge ogni sospetto. «Si tratta di accuse ridicole ed infondate, Ocalan si è consegnato di sua iniziativa, il suo è un caso politico non giudiziario, invece di cercare il suo numero di scarpe bisogna concedergli l'asilo ed avanzare una proposta per risolvere la questione curda», dice da Atene, dove si trova per un incontro con i partiti partner di Rifondazione dedicato anche al leader del Pkk. Il caso sembra lungi dall'essere chiuso. Forse se ne saprà di più grazie alla relazione del Comitato di controllo sui servizi su cui il presidente Franco Frattini ha chiesto al governo di non apporre il segreto di Stato. L'ex premier Prodi avverte: «Affermare che il caso sia nato durante il mio governo è facilmente confutabile, le date non coincidono. La vicenda de¬ ve essere gestita dal governo, che non è mio compito giudicare». Ocalan ha smentito di aver avuto intenzione di dimettersi da leader del Pkk, come gli attribuiva ieri in un'intervista «il Manifesto». Di Ocalan si è parlato a margine della prima giornata del vertice europeo di Vienna, dove non è mancata la polemica. Il portavoce della delegazione britannica, Alastair Campbell, ha definito il caso «una questione che riguarda solo l'Italia» lasciando trapelare un certo distacco fra i partner. Pronta la replica del ministro degli Esteri Dini: «Sono sorpreso perché l'Ue ci ha dato la solidarietà riconoscendo che Ocalan non è una questione bilaterale fra noi e la Turchia ma riguarda il sistema di Schengen e l'Europa nel I suo insieme». [m, mo.] Abdullah Ocalan il leader curdo del Pkk in Italia dal 12 novembre
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