RIVOLTA IN PARLAMENTO di Luigi La Spina

RIVOLTA IN PARLAMENTO RIVOLTA IN PARLAMENTO con la decisione sul cosiddetto «super 513»: uno schiaffo alla Corte Costituzionale che, appena un mese fa, si era espressa in modo diverso sulla questione delle testimonianze non confermate nel processo e un segnale alla magistratura che esiste, da parte della maggioranza, una disponibilità sulla giustizia che il Polo dovrebbe accogliere per raggiungere un'intesa su altre riforme, in primo luogo quella elettorale. Le norme approvate in commissione Affari costituzionali al Senato sono assolutamente condivisibili e affermano principi di civiltà giuridica essenziali in una moderna democrazia. Non solo. L'iniziativa del Parlamento risponde in maniera assolutamente corretta alla fisiologia di funzionamento di uno Stato democratico. L'ultima parola sulle leggi, infatti, deve essere affidata alle Camere che non devono essere espropriate da altri poteri: solo a loro spetta il compito di vararle, perche solo loro hanno avuto il sigillo democratico della legittimità, l'elezione popolare. La Corte Costituzionale, ricordiamolo, non è stata eletta dai cittadini e quindi ha solamente il compito di giudicare, dopo che il Parlamento ha deciso, la corrispondenza delle leggi approvate con la Costituzione. Modificare la Costituzione è possibile in Italia e l'articolo 138 ne dà facoltà e ne stabilisce le procedure. La strada imboccata dalle commissioni del Senato è quindi assolutamente legittima. Ricordiamo che in Francia, sulla legge per l'immigrazione cassata dalla corrispondente Corte, il Parlamento ha scelto la revisione e così, in vari casi, è avvenuto in Austria. Il guaio è che il candore dei principi non dev'essere sporcato neanche da una piccola macchia di sospetto. E in questo lunghissimo ping-pong tra poteri della Repubblica sul 513, 0 timore di strumentalizzazione è assai fondato. Due, soprattutto, sono le «spie» che allarmano: alla luce di alcuni recenti e clamorosi casi giudiziari che hanno alimentato giuste preoccupazioni, se si fosse voluto fissare in maniera solenne, addirittura nella massima Carta dello Stato, i principi del processo accusatorio, con la garanzia per l'imputato della perfetta parità tra accusa e difesa, non sarebbe bastato proclamarne il valore in una sintetica dichiarazione? Perché scendere in dettagli procedurali che non solo provocano il dubbio di essere stati ritagliati ad hoc, vedi processi di Tangentopoli o processo Andreotti, ma di irrigidire le nonne in maniera controproducente? Se la classe politica, alla luce dei risultati concreti delle norme, decidesse di cambiarle, si troverebbe di fronte al muro di una revisione costituzionale, con le complicazioni procedurali e temporali che l'articolo 138 dispone. Il secondo sospetto che rischia di illanguidire lo splendore dei supremi principi è suscitato dalla norma transitoria per salvare i processi in corso. E' vero che per trovare un accordo parlamentare ampio, come ammette lo stesso capogruppo forzista La Loggia, si deve chiudere un occhio su un altro dei supremi principi, ma queste brutture giuridiche si devono proprio inserire nella legge suprema della nostra Repubblica? La Costituzione del nostro Stato, ricordiamolo, non prevede ecce- zioni, se non quei 18 articoli finali che rispecchiavano le condizioni particolari dell'Italia nel dopoguerra. Come si conciliano le alte proclamazioni con le basse, anche se del tutto legittime, operazioni di opportunità politico-parlamentari? La strada dell'approvazione del testo è così lunga e accidentata, tra doppie letture, grandi maggioranze e persino il ricorso al referendum che sarebbe sbagliato, però, sopravvalutare la solidità delle norme varate ieri al Senato. Il segnale da cogliere è un altro: cresce e si diffonde in maniera trasversale tra i parlamentari il desiderio di rivincita, l'orgoglio di riaffermare i propri compiti e la legittimità dei loro poteri, contro le invasioni di campo della magistratura. La credibilità delle loro buone intenzioni sarebbe però sicuramente più forte, se, con altrettanta celerità e ostinazione, si dedicassero a varare le norme anticorruzione e per sveltire i processi che rendono la giustizia in Italia difficibnente ottenibile per il cittadino. Quello comune. Luigi La Spina

Persone citate: Andreotti

Luoghi citati: Austria, Francia, Italia