«Pentiti meno credibili», altra mina di Francesco La Licata
«Pentiti meno credibili», altra mina Nuovo allarme-processi: con la riforma neanche tre accuse convergenti varranno come prova «Pentiti meno credibili», altra mina Articolo 192 verso Vabolizione ROMA. Le dichiarazioni invitano alla distensione. I comunicati ufficiali precisano e negano l'esistenza di qualsivoglia «contrasto* in seno al governo sulla «riforma complessiva del cosiddetto 'processo giusto"*. Qualcosa - tuttavia - deve essere accaduto nel corso della seduta notturna della commissione «Affari costituzionale del Senato, che ha approvato a larga maggioranza una proposta cu riforma che riguarda il famigerato «art.513> (toglie validità alle testimonianze rese al pm e non confermate in aulai. la cui ultima edizione (approvata dai Parlamentoi era stata parzialmente «bocciata» dall'Alta Corte. Un fatto sembra accertato: la proposta è passata - si è parlato di votazione repentina - con le perplessità del rappresentante del governo che era il sottosegretario alla Giustizia, sen. Giuseppe Ayala. Iniziativa personale dell'ex magistrato? Sembra una ipotesi da scartare, se è vero che tutte le perplessità esposte dal sottosegretario sono state frutto di frenetiche consultazioni col ministro Diliberto. Non si è trattato, quindi, di un «caso Ayala». Le obiezioni, infatti, non smentite da un successivo comunicato dell'ufficio stampa di via Arenula, sono pure dei ministro. Anche se, viene precisato, non si è di fronte ad «alcuna contrarietà» visto, peraltro, che «le riforme costituzionali sono prerogativa eminente del Parlamento e non dell'esecutivo». E allora è il caso di cercare di ricostruire ciò che è accaduto, al di là delle dichiarazioni formali. Il sottosegretario Ayala si è imposto il silenzio e dribbla ogni domanda ricorrendo aUe battute di spirito: «Io sono dalemianc e dunque non parlo. In ottempe- ranza all'invito esplicito a limitare le esternazioni lanciato di recente dai presidente del Consiglio. Non ho da commentare». L'ironia, però, non basta a cancellare i momenti di disagio notati dai presenti durante la riunione della Commissione. Non è passato inosservato il fastidio per la «rapidità incredibile» con cui si è svolto tutto, quasi si trattasse di «un colpo di mano». Per esempio, si è votato senza il rituale coinvoigimento del presidente della commissione Giustizia che ha conosciuto il te¬ sto della proposta di riforma soltanto ieri mattina. Poi, dunque, la posizione del governo affidata ad Ayala. Una posizione non contraria pregiudizialmente. Semmai un invito a riflettere e a vagliare con ponderatezza le conseguenze che una norma rigida, come l'art.25 della proposta, potrà avere nei processi contro la criminalità organizzata. Recita il testo: «Nessuno può essere condannato in base a dichiarazioni rese da chi si è sempre sottratto volontariamente all'esame da parte dell'imputato o del suo difensore». Così impostata, secondo il ministero, la norma potrebbe avere effetti devastanti nei processi di mafia e per questo si auspicava «la possibilità di delineare con maggior chiarezza all'interno della norma costituzionale una salvaguardia per i testimoni o i coimputati oggetto di minacce, violenze o corruzione da parte della criminalità». D'altra parte, obiezioni simili in passato erano state oggetto di polemiche, anche vivaci, coi magistrati che si occupano di inchieste contro il crimine organizzato. Anzi era stato proprio il governo, sempre per bocca di Ayala, in occasione della prima riforma del «513» (estate 1997), ad allertare il Par! lamento sulla possibilità che quei cambiamenti potessero incontrare l'avversione della Consulta. Com'è, infatti, avvenuto. Ma c'è un ulteriore risvolto che inquieta i rappresentanti del ministero della giustizia e riguarda un altro articolo del codice di procedura penale: il «192», anch'esso oggetto di contrasti coi magistrati, che dà dignità di prova alle «dichiarazioni convergenti di tre o più pentiti». La proposta approvata (anche in sede di commissione giustizia) getta i presupposti per l'abolizione, già in passato auspicata da una maggioranza parlamentare molto trasversale, di questo articolo del codice. La due commissioni del Senato, infatti, hanno approvato un testo che dà valore alle dichiarazioni dei collaboratori «solo se sussistono altri elementi di prova di diversa natura che ne confermino l'attendibilità». Peri magistrati questa rappresenta una bomba ad orologeria che mina tanti processi. Francesco La Licata Qui sopra il ministro della Giustizia Diliberto Oliviero In basso a sinistra Francesco Saverio Borrelli Il sottosegretario alla Giustizia Giuseppe Ayala
Persone citate: Ayala, Diliberto, Diliberto Oliviero, Francesco Saverio Borrelli, Giuseppe Ayala
Luoghi citati: Roma
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