CLINTON VOLA IN PALESTINA di Carlo Rossella

CLINTON VOLA IN PALESTINA BALLA PRIMA P CLINTON VOLA IN PALESTINA coi palestinesi, un altro a metà fra gli uni e gli altri. Ma per la prima volta nella storia un Pre-' sidente degli Stati Uniti separerà esattamente il suo impegno e la sua attenzione fra gli arabi e gli ebrei. Mentre Gaza esulta («L'America è il nostro nuovo partner», scrivono i giornali dimenticando anni di contumelie contro l'imperialismo di Washington), Gerusalemme si preoccupa. Gli estremisti di destra gridano: «Clinton go home», Nethanyau minaccia di non voler farsi imporre alcunché da un Clinton da lui e dalle destre considerato troppo filo-palestinese. E molti osservatori si chiedono se non sia finita un'epoca:quella del rapporto privilegiato, intoccabile, irripetibile fra gli Stati Uniti e Israele. Nonostante gli aiuti economici (2,8 'miliardi di dollari l'anno contro i 400 milioni concessi ad Arafat), l'assistenza militare, il sostegno nella politica della sicurezza, la continua difesa in sede Onu, una parte della opinione pubblica israeliana ha l'impressione che la Casa Bianca sia meno amica di un tempo e che l'alleato voglia imporre ad Israele una pace ad ogni costo e troppo in fretta. Insomma il solito scambio fra terra e belle parole. In una atmosfera molto tesa il Presidente americano arriva oggi in Israele e a Gaza per perfezionare le intese raggiunte a Wye Plantation il 23 ottobre scorso insieme con Nethanyau e Arafat e per avviare la fase finale delle trattative prevista dagli accordi di Oslo e di Washington del 1993. Quel protocollo diplomatico, quella stretta di mano a Wye fra i due avversari, servirono allora a Clinton per far dimenticare il «Monicagate» e riprendere il giusto posto sulla scena internazionale. A Wye Netanyahu si accontentò delle promesse di Arafat e il leader palestinese degli impegni di Netanyahu. Dopo un primo ritiro israeliano dai territori occupati nulla è più cambiato da una parte e dall'altra, sono ripresi gli scontri nella West Bank, e il processo di pace si è annestato. Clinton potrà farlo riprendere solo ottenendo dal Consiglio nazionale palestinese, riunito alla sua presenza, la cancellazione dalla carta fondamentale degli articoli che invocano la distruzione dello Stato di Israele. E Netanyahu dovrà impegnarsi a riprendere il ritiro dai territori occupati promesso a Wye. La partita è difficile ma decisiva per alcuni dei protagonisti. Clinton, con un successo farà scordare ancora una volta il «Monicagate» e renderà meno dolorosa la procedura di impeachment. Netanyahu, se i palestinesi rinunceranno ufficialmente a distruggere Israele, convincerà forse la Knesset a ridargli la fiducia evitando così le elezioni anticipate. E Arafat? Col viaggio di Clinton a Gaza e a Betlemme ha avuto tutto quel che poteva avere in questo momento storico. Al resto ci penserà il tempo, una medicina che gli arabi considerano salutare. Carlo Rossella