«Burocrazia e beghe interne Ecco i malesseri della polizia» di Giovanni Bianconi

«Burocrazia e beghe interne Ecco i malesseri della polizia» I sindacalisti in divisa: una quota di infedeltà è fisiologica. Ma la Jervolino: rafforziamo le ispezioni «Burocrazia e beghe interne Ecco i malesseri della polizia» IL MALE OSCURO DELLE DIVISE SROMA TRANA mattinata, quella di mercoledì 9 dicembre. Sfortunata, paradossale, emblematica, ognuno può scegliere la definizione che crede. Fatto sta che mentre il ministro dell'Interno Rosa Russo Jervolino si sta recando al Senato per riferire sul caso Forleo, le «magagne» di Brindisi e di altre questure d'Italia, le agenzie di stampa danno conto di un'operazione antimafia in Basilicata, conclusasi con l'arresto di cinquanta persone, tra le quali due carabinieri accusati di aver venduto notizie alla malavita in cambio di denaro. Insomma, un ministro va a parlare di un caso e immediatamente ne spunta un altro, che riguarda un altro corpo dello Stato, d'accordo, ma sempre di forze dell'ordine corrotte o presunte tali si tratta. A palazzo Madama Rosa Russo Jervolino'si attiene al tema del giorno, la polizia, ma alla Basilicata fa ugualmente cenno, per rovesciare la medaglia e dire che sì, gli «episodi gravissimi» ci sono stati, ma contemporaneamente va avanti «l'azione forte, intelligente e professionalmente incisiva della maggior parte delle forze dell'ordine», come dimostra l'ultima operazione antimafia. Non dice dei carabinieri arrestati, il ministro, ma la coincidenza taciuta sembra dare ragioni ai quei poliziotti che, quando li interroghi sulla «polizia malata» o sul «malessere nella pubblica sicurezza», rispondono: «Ma quale malessere, quale malattia! Perché non si parla di ciò che accade nell'Arma o nella Guardia di Finanza?». In effetti, solo a guardare la situazione di Brindisi, si scopre che - sempre per presunte collusioni coi contrabbandieri sono stati coinvolti almeno quattro carabinieri e due finanzieri. Non è certo una peculiarità italiana quella della corruzione nella polizia (basti pensare agli Usa e alle disavventure di Serpico), ma non è una gran consolazione. «La polizia non è affatto malata - attacca Claudio Giardullo, uno dei segretari nazionali del Siulp, il sindacato unitario collegato a Cgil, Cisl e Uil -. Con un lavoro come il nostro una certa quota di infedeltà e disonestà bisogna metterla nel conto, ma siamo ben dentro i limiti fisiologici, non c'è alcuna patologia». E però, mettere in fila i fatti degli ultimi dieci giorni - l'arresto del questore Forleo con tutto il retroterra brindisino che è venuto fuori, quello del capo della Digos di Campobasso, i poliziotti che si spacciano per radioascoltatori a Bologna - desta una certa impressione. Lo stesso ministro Jervolino sottolinea al Senato «la gravità di questi fatti» e annuncia che intende mettere mano ai controlli interni, che nel caso specifico significa «rafforzare gli uffici ispettivi, rendendone più incisiva la funzione». Già, le ispezioni. Nel passato anche recente non dovevano funzionare granché, se nel dicembre '95 a Brindisi, sei mesi dopo i fatti di cui ora sono accusati Forleo e gli altri poliziotti, compreso quel Filomena in carcere da oltre un mese, i controllori non si accorsero di nulla. Anzi, segnalarono «l'ottimo andamento generale della locale questura e dei commissariati di zona», e che «le carenze riscontrate in occasione della precedente visita ispettiva si possono considerare superate». Ancora oggi il Siulp denuncia episodi analoghi. Nel 1996 a Imperia e a Pavia le ispezioni s'erano risolte con mi nulla di fatto, e sono dovuti andare due nuovi questori per risolvere situazioni nelle quali c'era il sospetto di rapporti non chiari tra qualche poliziotto ed esponenti della malavita. Il segretario generale del Siulp, Oronzo Cosi, accusa: {(Anche a Modena c'è una situazione ambigua, coi magistrati che denunciano i poliziotti e un'ispezione della quale aspettiamo ancora di conoscere i risultati». In passato l'ufficio ispettivo veniva considerato una sorta di cimitero degli elefanti, persone che giravano l'Italia - «mangiavano il pesce nelle zone di mare oppure il prosciutto da noi», racconta Luigi Notari, poliziottosindacalista dell'Emilia - e risolvevano ben poco. Ma da un paio d'anni, assicurano al Viminale, le cose vanno diversamente. L'ufficio è stato riformato, ci sono nove centri interregionali e il lavoro viene fatto seriamente. «E' inutile invocare un corpo di polizia separato che ci controlli - affermano i sindacati, Siulp e Sap (quello autonomo, il secondo per importanza)'per una volta uniti -; basta far funzionare il Servizio che già esiste, e dare seguito alle disfunzioni accertate». Lo stesso ministro intende riformare ancora gli uffici ispetti- vi, ma chi al Viminale si misura ogni giorno con questi problemi mette'irt luce un'altra'questione: anche quando vengono segnalate disfunzioni o situazioni nelle quali sarebbe meglio rimuovere il personale, la soluzione non è affatto semplice. Perché l'ufficio del personale deve trovare altre collocazioni per i poliziotti da spostare, perché c'è il problema della casa,-perché spesso i trasferimenti sono osteggiati dai sindacati, e quando non lo sono gli interessati fanno ricorso al Tar che blocca tutto in attesa della decisione finale. A volte poi, come pare sia successo a Lucca, sono i magistrati locali che si oppongono al trasferimento dei poliziotti. Oppure accade quello che s'è verificato con l'ispettore Filomena quando a Brindisi, nell'autunno del '96, ci furono le prime avvisaglie dello scandalo. Filomena fu destinato alla questura di Nuoro, ma non prese.mai servizio per motivi di malattia. Mandò certificati medici finché venne assegnato alla sede più vicina, Taranto, posto di polizia di frontiera marittima. All'inizio non andò neanche lì, poi si arrese, ed è rimasto in quell'ufficio fino all'arresto di ottobre. «Questa storia del Tar e del sindacato che si oppone è un alibi dell'amministrazione che non possiamo accettare», tuona Cosi che a fine novembre ha scritto una lettera aperta al capo della polizia, Masone, nella quale denuncia «l'amministrazione che sceglie, colpevolmente, la via del silenzio su disfunzioni denunciate, del congelamento, del rinvio del problema». Il segretario del Siulp rivendica il «ruolo di sentinella» della sua organizzazione, nega che il sindacato abbia mai bloccato trasferimenti necessari, e rilancia: «In Calabria chiediamo da mesi la rimozione di un dirigente, secondo noi coinvolto in fatti gravissimi. Non è successo niente, l'interessato nel frattempo s'è fatto eleggere rappresentante di un altro sindacato (il Sap, ndr) e così ora c'è la scusa ufficiale per non muoverlo. Ma prima non c'era!». Dietro fatti pubblici che incidono sulla sicurezza dei cittadini, insomma, si nascondono problemi burocratici e beghe interne che forse non sempre hanno a che fare con l'efficienza e il funzionamento della polizia. Come la ricostruzione delle carriere che spesso al Viminale sono costretti a fare quando le inchieste penali su agenti e funzionari si concludono con un nulla di fatto. Oltre la metà dei procedimenti giudiziari finisce con archiviazioni o assoluzioni «perché il fatto non sussiste», o «per non aver commesso il fatto», e a quel punto gli ex-indagati o ex-imputati chiedono il reintegro e la riabilitazione, sommando burocrazia ad altra burocrazia. «In ogni caso - avverte Giardullo, che rappresenta la compo¬ nente Cgil del Siulp - neanche in momenti come questo si può parlare di malessere all'interno della polizia, perché la stragrande maggioranza dei poliziotti continua a svolgere il proprio lavoro con onestà e competenza». I problemi ci sono, e lo stesso sindacalista invoca «una formazione più adeguata, una migliore qualità della dirigenza, l'istituzione di regole certe come la mobilità del personale». Ma questi - aggiunge Giardullo - non possono trasformarsi in un alibi per attaccare gli attuali vertici della polizia e incidere nella lotta per la successione a Masone. Perché dietro tutte le discussioni sulle «mele marce» e la polizia in crisi, come sempre, fa capolino la battaglia per la guida del Dipartimento della pubblica sicurezza, anche se il ministro Jervolmo ha ripetuto la scorsa settimana che la poltrona di Masone «è salda, anzi saldissima». La divisione storica, e che si ripropone anche stavolta, è quella tra il «partito dei preletti» e quello «dei poliziotti»; Masone è uomo che viene da commissariati e questure, e per la successione l'altro «partito», quello più ministeriale, avrebbe già un suo candidato, il prefetto di Milano Roberto Sorge. Solo voci o realtà? E' vero quel che dice il ministro oppure il cambio della guardia è imminente? In attesa delle risposte, sul tavolo dei cronisti arriva l'ultimo comunicato del Sap; protestano contro Masone per il trasferimento temporaneo di poliziotti «passaportisti» da Fiumicino a Malpensa per il periodo natalizio, che «penalizza i colleghi e palesa la mancanza di programmazione». Giovanni Bianconi II ministro: il posto di Masone è saldissimo Ma il partito dei prefetti punta al cambio con il milanese Sorge