L'Olp: Israele non va più distrutta di Aldo Baquis
L'Olp: Israele non va più distrutta L'Olp: Israele non va più distrutta «Non so se sarò vivo tra un anno», giallo su Arafat TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO Due anni e mezzo dopo l'abrogazione da parte del Consiglio nazionale palestinese (Cnp) dei paragrafi della Carta nazionale che predicavano la distruzione d'Israele, Yasser Arafat ha convocato ieri il Consiglio centrale dell'Olp per ribadire definitivamente quell'impegno. Lunedì, quando riceverà il presidente Usa Bill Clinton davanti al Consiglio legislativo (il Parlamento dei Territori) ed a decine di membri del Cnp giunti dall'estero, Arafat potrà dunque annunciare che quei paragrafi sono decaduti per sempre, e che i palestinesi hanno quindi rispettato un importante impegno previsto dagli accordi di Wye Plantation. A ciò dovrebbe seguire un significativo ri¬ tiro israeliano dalla Cisgiordania. Ma la battaglia sull'abrogazione dei contestati paragrafi non si è conclusa. Il Cnp era già stato convocato a Gaza il 22 aprile 1996. Al termine di una seduta memorabile cui presero parte fedayn di spicco (fra cui Abul Abbas, il dirottatore dell'Achille Lauro), 504 delegati espressero la volontà di abrogare i paragrafi contrari nella sostanza al riconoscimento fra Israele e Olp, 54 delegati si opposero, 14 si astennero. Il Consiglio legislativo palestinese fu incaricato di stilare un nuovo «programma nazionale», che finora non è stato elaborato. La reazione di Clinton e del premier laborista Shimon Peres fu allora quasi entusiasta. Ma non si trattò di una vera abrogazione per Benyamin Netanyahu, che ancora òggi insiste per una nuova convocazione del plenum del Cnp, dove sono rappresentate organizzazioni radicali palestinesi di ispirazione marxista. «In assenza di un'abrogazione pubblica e mediante votazione della Carta palestinese, Netanyahu non accetterà di partecipare al vertice a tre con Arafat e Clinton», ha detto un suo collaboratore. Una fonte di attrito in più, fra Israele e Stati Uniti, dopo il ruvido consiglo che alcuni ministri israeliani avevano inviato a Clinton: resta a casa. Ieri grandi striscioni con la scritta «Clinton go home» sono apparsi nelle strade di Gerusalemme assieme a poster in cui il Presidente appare con in testa una «kefiah» palestinese: gli autori sono membri del gruppo di estrema destra «Kach» che in passato realizzarono identici fotomontaggi con i volti di Ra- bin e di Netanyahu. Intanto si è riacceso il tormentone sullo stato di salute di Arafat che, secondo il quotidiano israeliano «Haaretz», ad una delegazione di studiosi di strategia americani avrebbe detto: «Non so se sarò in vita tra uno o due anni». La frase, ammette lo stesso giornale, potrebbe essere stata dettata semplicemente dal desiderio di evitare domande imbarazzanti sul futuro dell'Autorità palestinese. Dal quartiere generale dell'Anp si è comunque tagliato corto: Arafat «sta bene, non ha alcun problema di salute e svolge regolarmente il suo programma di lavoro anche all'estero» ha detto Hassan Asfur, uno dei suoi più stretti collaboratori. Aldo Baquis
Luoghi citati: Cisgiordania, Gaza, Gerusalemme, Israele, Stati Uniti, Tel Aviv, Usa
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