«la laguna sarebbe moria» di Carlo Grande

«la laguna sarebbe moria» «la laguna sarebbe moria» Bettin: e le alternative ci sono IL GIUDIZIO DEL PROSINDACO VENEZIA EGA-PROGETTO, megai bocciatura, mega-delusioni. Sembrano gigantesche, ora, le difficoltà per salvare Venezia. Il no alle grandi dighe mobili, che avrebbero dovuto aprirsi come la copertina di un libro alle tre bocche di porto (Lido, Malamocco e Chioggia), per separare il mare dalla Laguna, relega il Mose nel libro dei sogni, o degli incubi. E dà via libera, se non alle maree, alle polemiche. «Il Mose sarebbe stato la morte della Laguna - dice Gianfranco Bettin, prò sindaco ambientalista di Mestre - non avrebbe dato risposte ai due scenari che gli studiosi presentano per Venezia». Quali? «Uno si chiama "eustatismo" ed è lo stabile innalzarsi del hvello del mare. Tutti riconoscono che non è significativo, negli ultimi 30-40 anni». Ma le maree non sono sempre più frequenti? «Le maree, appunto. Oggi ne abbiamo sopra il metro una ventina di volte l'anno, sopra l'uno e venti una o due volte (negli anni peggiori) e poi una decina di micromaree, certo più frequenti che all'inizio del secolo perché la situazione è molto peggiorata con gli sbancamenti, con il canale petrob che insieme alle petroliere fa entrare più acqua in Laguna. Rimediando a questi guasti, senza bisogno del Mose e di spendere miliardi per chiudere le bocche di porto solo 5-6 volte l'anno, metteremmo in sicurezza l'80% della città. Al sicuro, dico, dalle maree sotto il metro e venti». Concretamente? «La vera opera ciclopica è quella che stiamo facendo: sollevare il più grande centro storico abitato del mondo, sbancare parti della laguna interrate per far defluire l'acqua, ricostruire il secolare sistema di protezione del litorale, fare nuove spiagge, gli antichi murazzi, scavare decine di canab intasati, garantire la loro manutenzione. Poi si chiuderà la ferita del canale petroli, trincea sottomarina profonda quasi venti metri. Questi sono gli interventi diffusi che tre leggi (del '73, '84 e '92) ritengono prioritari». Basterà? Dicono sia più facile «modernizzare» un Tintoretto. «No, non basterà se si verifica l'ipotesi catastrofica legata all'effetto serra, con il mare che sale sta¬ bilmente oltre il metro e venti, anche a un metro e 80. Però anche il Mose sarebbe un catorcio inservibile: bisognerebbe avere uno sbarramento fisso, tenere sempre chiuse le paratoie, cioè interrompere lo scambio mare-laguna, trasformarla in una palude. Per il ricambio artificiale servirebbero sifoni, aggeggi tecnologici adeguati. Non li rifiutiamo, non siamo contrari a un intervento alle bocche di porto, indispensabile nello scenario più critico, non improbabile». Per intanto? «Per adesso bisogna capire che la bocciatura del Mose è solo un episodio nel complesso quadro di interventi per Venezia, che continueranno. Non bisogna dire "a Venezia non si fa niente e non si può fare niente". Bisognerà ripensare le bocche di porto, ma non c'è fretta. Lo stesso consorzio Venezia Nuova ha lavorato moltissimo, creando un patrimonio di cono- scenza che deve restare alla città». Il Mose avrebbe dato molta occupazione. «Continuando con i lavori "diffusi" daremo impulso ai posti di lavoro e possibilità enormi alle imprese. L'alternativa non è fra un grande progetto ingegneristicamente complesso e il bricolage ambientalista. Non è tra "piccolo e bello" e "grande e brutto". Ma fra due grandi opere, una ineludibile e un'altra possibile». Alcuni pensano che siate il partito del «non fare». «Ripeto, non è una guerra tra ambientalisti e ingegneristi o tra puri e affaristi, ma una contrapposizione tra due progetti di intervento diversi. Con la bocciatura del Mose non siamo all'anno zero né torniamo all'anno zero. Siamo già molto avanti. Stiamo facendo grandi opere, da anni». Carlo Grande Gianfranco Bettin

Persone citate: Bettin, Gianfranco Bettin

Luoghi citati: Chioggia, Venezia