Nei piani dell'Authority telefonate urbane +5% di Luigi Grassia

Nei piani dell'Authority telefonate urbane +5% Ancora suspense sul canone Telecom Nei piani dell'Authority telefonate urbane +5% Cardinale: non c'è mercato per 2 pay-tv «Presto Murdoch si prenderebbe tutto» ROMA II futuro delle bollette telefoniche - quelle Telecom, quanto meno - è nelle cartelle dell'istruttoria sul «ribilanciamento» delle tariffe, che è stata chiusa ieri dal gruppo di lavoro dell'Authority presieduto da Paola Manacorda. Voci che non hanno trovato conferma né smentita ufficiale indicano tra il 4 e il 5 per cento gli aumenti previsti per le telefonate urbane. Le fonti dell'Autorità rifiutano di commentare e fanno presente che «la decisione verrà presa la prossima settimana dal plenum del consiglio, fra i giorni 14 e 15». Ribilanciamento è un termine che fa velo a un aumento dei costi per milioni di utenti e a un guadagno per altrettanti. La decisione riguarda le sole bollette della Telecom, perché l'ex monopolista, pur essendosi trasformato in una società privata, ha ancora dei vincoli amministrativi in vista della nascita in Italia di un mercato delle telecomunicazioni «maturo». Nei giorni scorsi c'erano state roventi polemiche attorno alle voci di un aumento delle telefonate urbane attorno al 7%, compensato da una riduzione media di pari entità per le interurbane e del 10 per le internazionali. Sindacati, forze politiche e associazioni di utenti lamentavano che così si sarebbero colpite soprattutto le fasce sociali più povere. Un aumento contenuto al 4 o 5% le tutelerebbe meglio. Un altro punto di contrasto riguarda gli eventuali incrementi del canone: si era detto che l'Autorità delle tic si stesse orientando verso un aumento mentre le organizzazioni dei consumatori reclamano addirittura l'abolizione. Su questo punto la discussione non sembra ancora approdata a conclusioni. Sempre nel settore tic, ieri c'è stata l'audizione alla Camera del ministro sulla questione della pay-tv. In aula e nel successivo incontro con i giornalisti, Salvatore Cardinale ha ribadito che a suo giudizio «non c'è mercato in Italia per due piattaforme digitali» e che se si provasse a realizzarlo «per un bel pezzo entrambe perderebbero soldi» e alla fine una getterebbe la spugna lasciando l'altra monopolista. Quale la più probabile superstite? Quella centrata sul gruppo multinazionale Murdoch, pensa Cardinale. La politica non vuole condizionare o sostituire il mercato, ha tenuto a dire il ministro: «Non ho mai sostenuto che si debba bloccare la nascita di una seconda piattaforma. Sarei stato velleitario e sprovveduto», ha spiegato. Però, ha aggiunto, «bisogna domandarsi se siamo in grado di assicurare che il mercato italiano della pay-tv possa essere così vivace, così reattivo, così veloce nella sua crescita, da garantire la presenza di due piattaforme digitali» (con questo termine, lo ricordiamo, si intende l'insieme dei sistemi numerici per l'invio, la trasmissione e la ricezione dei segnali televisivi via cavo e satellite). Il ministro ha invitato a «guardare a quel che succede adesso»: Stream e Tele+, ora attive sul mercato su scala ridotta e possedute una da Telecom Italia e l'altra dei francesi di Canalplus, sono entrambe in perdita. Con i grossi investimenti necessari a piattaforme ancora più ambiziose «nei primi due o tre anni ci sarebbe un bagno di sangue perché nessuna delle due riuscirebbe a produrre utili». E qui il discorso cade sull'alleanza Telecom-Murdoch. Se il colosso internazionale si presenta sul mercato italiano disponendo dei diritti di trasmissione su tutto il calcio e con un decisivo vantaggio nell'intrattenimento dovuto al suo vasto magazzino, ritiene il ministro, diventa rapidamente monopolista. E per Cardinale «non possiamo rischiare d'avere un monopolista straniero che determina i contenuti dei programmi tv nel nostro Paese». Luigi Grassia

Persone citate: Murdoch, Paola Manacorda, Salvatore Cardinale

Luoghi citati: Italia, Roma