«Così ho insegnato l'arte a Madonna» di Claudio Giacchino

«Così ho insegnato l'arte a Madonna» «Così ho insegnato l'arte a Madonna» Pedro Monteleone: ottima alunna, ha imparato subito IL MAESTRO DELLA STAR ALTO, panciuto, nasone su baffi grigi, mani come badili. Tutto penseresti di Pedro Monteleone tranne che è un grande milonguero, un'icona nelle sale (le milonghe appunto) di Buenos Aires dove regna il tango. Questo corpulento signore di sessantanni è un virtuoso della languida danza, in Sud America l'appellano «il maestro». Di generazioni di tanghisti, di celebrità del mondo dello spettacolo: l'ultima allieva di fama, Madonna. Per interpretare Evita prese lezioni da lui. Don Pedro, che tipo di alunna è stata Madonna? «Non brava ma bravissima. S'è avvicinata al tango con enorme umiltà, presentandosi mi disse: "Non so niente, credo ci metterò un sacco per capirci qualcosa, non se la prenda, cerchi d'essere paziente. Io, m'impegnerò al massimo". Magari tutti fossero tanto modèsti e disposti a'fàticare come lei. Capisco perché abbia tanto successo, è d'una professionalità eccezionale, instancabile. Non c'è voluto molto perché fosse in grado di girare le scene di ballo al mio braccio». Dunque, nessuna delle bizze per le quali va famosa? «Assolutamente no. Anzi, è stata d'una cordialità, d'una disponibilità veramente uniche in una star del suo calibro. Sempre allegra, ha voluto conoscere tutte le milonguere di Buenos Aires, tutti i locali tipici in cui spesso invitava me e tutta la mia famiglia e si comportava come se fossimo amici da sempre». Altre star sue allieve? «Tantissime: quasi tutti gli attori o le attrici sudamericani. Tra gli hollywoodiani, un innamoratissimo del tango è Robert Duvall: gli ho insegnato molto tempo fa, cominciai nel 1982 e non ho ancora finito. Robert venne in Argentina proprio per diventare un buon milonguero e ogni anno torna per perfezionarsi». Lei, il celebre maestro d'Argentina, in realtà è italiano. «Sì: sono nato nel 1938 ad Antormina, in provincia di Reggio Calabria. Avevo 6 mesi quando mio padre emigrò in Sud America portando con sé la famiglia. Non ho mai rinunciato alla nazionalità italiana. Per fortuna perché nei periodi della dittatura, e a Buenos Aires né ho vissuti piòrd'uno, il passaporto straniero m'è stato d'aiuto. Tutte le giunte militari al potere non hanno mai visto di buon occhio il tango e chi su questa danza ha impostato la vita. Sempre hanno chiuso le sale, messo al bando e perseguitato i ballerini, i maestri... Comunque, palliamo di cose allegre». Il tango è allegria? «E' infinite cose assieme. E' so¬ prattutto sentimento, romanticismo, passione. Ho cominciato a conoscerlo che ero bambino, mi ha stregato. Non so davvero che cosa sarebbe la mia vita senza il tango». Si campa bene facendo il milonguero? «Meravigliosamente. No, non fraintenda: non si diventa ricchi, non si fanno di certo i miliardi. Però, le gioie che il ballo, questa musica regalano qui (Monteleone mette la mano destra sul cuore), sono impagabili». Perché è venuto a Torino? «Perché c'è molto da lavorare, la città porta tanto amore al tango». Cioè, per lei c'è più lavoro in Italia che a casa sua? «A Buenos Aires ho tre scuole, adesso le mandano avanti i miei figli. Torino rappresenta una grossa opportunità professionale: eppoi, per me, italiano sempre vissuto all'estero, tornare a lavorare in patria, a 60 anni, è un dono di Dio. Il secondo dono di Dio alla mia vita. Il primo, naturalmente, è il tango». Ancora una domanda, maestro. Sono bravi allievi i torinesi? «L'impegno, la passione sono quelli di Madonna, ma io sono incontentabile, ripeto sempre: "Fate poco tango, camminate invece di ballare"». Claudio Giacchino

Persone citate: Monteleone, Pedro Monteleone, Robert Duvall