Il doppio silenzio della Spagna di Gian Antonio Orighi

Il doppio silenzio della Spagna Il doppio silenzio della Spagna Il governo non commenta, Garzón tace MADRID NOSTRO SERVIZIO Festa grande ieri a Madrid, tra i familiari delle vittime della dittatura cilena e nella sinistra, appena le radio, ascoltatissime, hanno trasmesso la decisione del ministro degli Interni inglese Straw. Al Tribunale Nazionale, mentre si faceva sera, uomini e donne ballavano di gioia ritmando «Pi-no-chet A-se-si-no» e «Torero, torero» all'indirizzo di Baltasar Garzón, il gip che ha fatto arrestare Pinochet a Londra, che li ascoltava dal secondo piano dell'Alta Corte. Il portavoce del governo Aznar, che a denti stretti ha richiesto l'estradizione del sanguinario tiranno, si è limitato a dichiarare «pieno rispetto dell'Esecutivo alia decisione di Straw di estradare Pinochet in Spagna». Ma lui, Garzón, detto il tenace, come sempre, non ha rilasciato dichiarazioni. Però ha lavorato fino a notte fonda sull'istruttoria. Eppure tutti i media di Spagna aspettavano il gip andaluso alle 20 al «Circolo delle Belle Arti» di Madrid, ove la casa editrice «Pianeta» presentava il libro «El Caso de Espagha contra las dictaduras chilena y argentina» (334 pagine), in cui sono raccolti «i tre documenti del Tribunale Nazionale che collocano la Giustizia spagnola all'avanguardia dei diritti umani nel mondo». «Ci ha telefonato ringraziandoci della nostra iniziativa editoriale e ci ha detto che verrà alla presentazione», ci diceva la portavoce di «Pianeta» Carmen Ramirez alle 16. Attesa inutile. Garzón, oltre che tenace, è muto come un pesce con la stampa ed ha lasciato a bocca asciutta le decine di giornalisti che lo aspettavano. Ma, nonostante il «bidone», era lui il grande protagonista ieri sera al «Circolo». Alla presentazione di un libro destinato ad essere un best-seller mondiale, cui assistevano un centinaio di famigliari delle vittime di Pinochet (3400 secondo Garzón, 600 delle quali spagnole), ha preso la parola una cilena felice come una Pasqua ed applauditissima, Marcela Pràdenas, 30 anni, giornalista, collaboratrice di Amnesty International. Ci diceva: «Venni sequestrata due volte, quando avevo 18 anni e studiavo Diritto a Santiago. Era l'85 e la "Dina", la polizia politica del dittatore, era già stata sciolta, ma sostituita dall'infame "Cni". La prima volta stavo collaborando con la sezione Diritti Umani del Vicariato della Solidarietà di Santiago - mi ruppero un braccio. La seconda, mi sequestrarono e torturarono cinque giorni di fila». «La decisione di Straw mi sembra un passo in avanti in più, un passo molto importante, verso la Giustizia. Con le altre vittime cile¬ ne commentavo che stiamo vincendo per "goleada" - "continua Marcela, serissima, con gli occhi che pare riflettavo le sofferenze delle torture -. Camminiamo verso la nostra meta: che venga fatta Giustizia. Naturalmente sarebbe stato meglio processare Pinochet in Cile, in questo siamo d'accordo tutti. Ma nel Cile di oggi non ci sono le condizioni, bisognerebbe modificare la Costituzione ed abrogare la legge di amnistia». «Noi vittime abbiamo diritto a chiedere giustizia ove questa sia possibile. Non ci interessa se in Spagna o in un altro Paese - prosegue Marcela -. Visto che non è ancora operativo il Tribunale Penale Internazionale di Roma, credo che il diritto internazionale autorizzi qualsiasi Paese ad avviare un processo per i delitti contro l'Umanità. E' successo in Spagna perché a qualcuno (Carlos Castresana, presidente della Unione Progressista dei pm, il 28 di marzo '96, ndr), è venuto in mente di denunciare Pinochet. Il protagonista vero, comunque, non è Garzón, bensì il Diritto». La presentazione è finita alle 21,30. Tutti si sono recati a la Puerta de Sol, la piazza ove festeggia sempre la sinistra. C'erano migliaia di persone. Ed il «cava», lo spumante spagnolo, correva a fiumi. Gian Antonio Orighi Una parte del Paese è in festa ma si percepisce l'imbarazzo delle autorità Il giudice spagnolo Baltazar Garzón che ha chiesto l'arresto di Pinochet