«Non sono un mostro: perdonatemi»

«Non sono un mostro: perdonatemi» «Non sono un mostro: perdonatemi» Le lacrime dell'insegnante: «A Daniel voglio bene» IL PROFESSORE RIETI ON sono un mostro». Enrico Landi, convinto dai suoi avvocati Mauro Mattucci e Piero Carotti, concede alle telecamere soltanto una dichiarazione: «Sto vivendo un incubo, chiedo pubblicamente perdono. Io voglio bene a Daniel, adesso ancora di più». Poi a fari spenti, chiuso nel cappotto verde, sotto gh occhiali spessi si scioglie tra le lacrime: «Ho insegnato per venticinque anni. Nel '76 facevo il professore a San Basilio. Erano gli anni di piombo e quello era il quartiere più malfamato di Roma. Non è mai successo niente». Quindi, professore, è stato solo un incidente? «Non è stato un calcetto, lo so. L'ho preso per il braccio e poi... Ma quella scuola è la mia famiglia. E' tutta la mia vita». Ora come si sente? «Non ce la faccio più. Non dormo da cinque giorni. Starò bene soltanto quando vedrò il bambino correre per i prati». Ma è duro insegnare? «Sì, rischi tutti i giorni. Non sai mai quello che ti capita. Ma io adoro i miei alunni. Faccio 150 chilometri per andare a scuola e ho sempre avuto attestati di stima dalla preside e dagh altri colleghi. Poi accade un episodio e la tua vita è distrutta». Perché? «Guardi, io sono un cacciatore di cinghiali. Organizzo delle battu- te e cerco di stanare la preda. Ora la preda sono io. Sono braccato, non troverò mai pace». Ma se ha ottenuto il perdono anche dei genitori di Daniel... «A loro ripongo le mie più sentite scuse, ma il rimorso mi accompagnerà per sempf é.' Perché proprio a lui? Se fosse capitato a ini altro ragazzo... Ma Daniel è uno scolaro modello. No, non meritava tutto questo». Che cosa si aspetta? «Che la giustizia faccia il suo corso. Sono stato sospeso, ma io voglio ancora continuare la mia professione. E' stato un gesto in¬ volontario, accidentaleSlwdevono capire tutti». tó>f||8lfc1 Ora che farà? x ' >rv «Oggi ho girato con la macchina senza meta. Sono passato anche a Monterotondo senza farmi vedere. Stanotte andrò, a dormire da amici. Non vogliói.tornaje,,a Casa, tìò paura». ™ * * Ma a Borgovelino la difendono. «Se vuole, le presento il sindaco. Non credo che sia contento. No, il mio paese non lo devono toccare». Di che cosa ha paura? «Ho paura della reazione del paese. Come faccio a presentar¬ mi? Adesso cosa penseranno i miei amici? E mia madre? Non voglio che sappia, le voglio troppo bene». La mad^e sa, le hanno parlato i vicini. Ma a Borgovelino, ai piedi del monte Terminillo, tutti Opgliono bene a «Enrichetto». «Siamo novecento, compresi galline e somari, e Enrichetto è quello che ci fa divertire, che prende sempre le nostre difese» dice il proprietario del bar, nella piazzetta. In questo paese in miniatura - una torre, tutte case antiche e portoni medievali Enrico Landi è assessore da quindici anni, capogruppo di una lista civica. Ma è anche quello che prende in giro gli «stranieri» che vengono da Roma a villeggiare, che per loro organizza le feste, gare di'tiro-'al piattello e lunghe battute di caccia. «E' tifosissimo della Roma afferma il suo migliore amico Nicola - e per questo a volte litiga e tira anche qualche tavolino quando si arrabbia, ma noi siamo tutti con lui e vogliamo averlo di nuovo con noi». Ma il professore nel suo paese proprio non vuol tornare. «No, su di loro ho gettato il fango. Non riuscirei a mantenere lo sguardo di nessuno;), [g. l.J f|f ln alto, il professore Enrico Landi >f|f A fianco, Daniel in ospedale

Persone citate: Enrico Landi, Mauro Mattucci, Piero Carotti, Terminillo

Luoghi citati: Monterotondo, Rieti, Roma, San Basilio