«Sul doppio turno il Ppi sbaglia»

«Sul doppio turno il Ppi sbaglia» «Sul doppio turno il Ppi sbaglia» Veltroni: vogliamo salvare il maggioritario INTERVISTA IL LEADER DI BOTTEGHE OSCURE PTORINO RIMA ha detto che Botteghe Oscure avrebbe votato sì al referendum di Segni e Di Pietro. Poi ha aggiunto che, nel caso, i diessini sarebbero favorevoli al doppio turno di collegio. Bufera sulla maggioranza, alleati dell'Ulivo come Marini, Cossutta, Manconi, Boselli che minacciano di ritirarsi dal governo. Solo per citarle quel che dice Sergio Mattarella, che dei Popolari è quello per solito più vicino a Botteghe Oscure: «Il governo non cadrà sulla riforma elettorale, ma se qualcuno pensa di semplificare il quadro politico, dando vita al bipartitismo, beh, in questo caso l'alleanza sarebbe messa a forte rischio». E' lei quel qualcuno, onorevole Veltroni? «E' difficile immaginare che una forza politica come la nostra potesse pronunciarsi contro il referendum, ed è altrettanto evidente che se non si riuscirà a fare una nuova legge elettorale, più maggioritaria di quella che c'è, si andrà proprio al referendum. Per quanto riguarda il doppio turno, io sono d'accordo con quanto ha detto D'Alema: è il sistema che dà maggiori garanzie di stabilità. Mattarella sbaglia su un punto: nessuno di noi pensa al bipartitismo, ma al bipolarismo. Comunque, non voglio fare nessuna polemica con i popolari. Ribadisco che l'alleanza con loro è per noi strategica e irreversibile». Ha certamente notato che oltre a Marini anche Cossutta, Boselli e Manconi si sono opposti al doppio turno. «Sì,; ma'si-tratta di qualcosa che è scritto come primo punto del programma dell'Ulivo, e fermata dunque dai Verdi, dai Popolari, da tutti. Oggi, Marini, Cossutta, Boselli e Manconi sono evidentemente concentrati sulla difesa della propria identità. Il che % del tutto legittimo. Ma vorrei ricordassero che non è una trovata estemporanea, che si tratta di una proposta votata in un nostro congresso, che è nel programma comune, e di cui si è discusso in Bicamerale. In Francia, è il doppio turno che ha portato al bipolarismo. Il bipartitismo, invece, è quel che vige in Gran Bretagna, dove c'è il turno unico. In quel sistema elettorale ci si presenta tutti insieme. E allora saremmo costretti a discutere, come nel '96, un accordo con Rifondazione. E' questo che vogliono?». Segretario, ma in questo modo lei usa il referendum come uno strumento di pressione... «Il doppio turno dà garanzie di stabilità, permette ai cittadini di scegliere in base a un programma e consente identità alle forze politiche e alle coalizioni. Questa reazione degli alleati dell'Ulivo è una difesa della quota proporzionale. Ma, appunto, c'è il referendum. E anche dopo il referendum, se passasse, si può innovare ih direzione del doppio turno, assumere l'esito referendario come guida, e poi si vedranno le formule tecniche. Le firme per il referendum sono state raccolte contestualmente a centinaia di migliaia di firme per il doppio turno. Che è poi quello che abbiamo discusso oggi con Di Pietro». Tuttavia la maggioranza è in fibrillazione. Non teme di mettere in difficoltà D'Alema? «Ho incontrato Marini due settimane fa e ho trovato da parte sua attenzione e disponibilità. E l'unica obiezione che avevano fatto era sul doppio turno di collegio con ballottaggio finale a quattro, il modello Sartori. Tant'è vero che ci siamo espressi a favore del doppio turno a due. Per il resto, sì, mi può dar fastidio qualche tono, spesso inutilmente scortese...». Come quando Marini dice «ma io, mica voglio morire socialdemocratico»? «Appunto: non gli risponderò mai come non voglio morire io. Detto questo, gli alleati si devono abituare al fatto che ora c'è un partito che ha una guida nuova, imparare a colloquiare con noi. Non c'è nessun "prendere o lasciare" da parte nostra. Siamo aperti a una discussione serena, con un solo vincolo: rafforzare il bipolarismo». Quale potrebbe essere il punto d'accordo? «Parlarne adesso, con la tensione che c'è, non avrebbe senso, e sarebbe scorretto parlarne prima della sentenza della corte. Aspettiamo. Ma il problema della legge elettorale resta anche se la corte dirà di no». Torniamo a D'Alema: non teme le minacce al governo? «Senta, siccome ogni tanto si leggono delle cose che non saprei neppure definire, vorrei dire con chiarezza una cosa: in questi mesi non c'è una cosa che D'Alema abbia fatta che non abbia avuto il mio sostegno, e viceversa. Su questo vorrei rassicurare tutti i nostri interlocutori: abbiamo un'assoluta convergenza. Io difendo l'Ulivo e la coalizione, ma non si possono considerare i Democratici di sinistra solo come quelli che dicono sempre di sì, che sono disposti a qualsiasi mediazione». Una volta D'Alema disse all'allora segretario del Pds Occhetto che nei rap- {lorti politici, anche con a propria parte, si può essere «leali, ma non fedeli». Fin dove arriva la sua lealtà nei confronti D'Alema? «La lealtà è nell'autonomia: se io dicessi a Massimo quel che deve fare a Palazzo Chigi, o viceversa, probabilmente sarebbe più difficile la conservazione di questo clima. Ma io penso che stiamo dando vita a un rapporto esemplare. Quando io dissi pubblicamente che c'era necessità di maggior compattezza nel governo, ne avevo parlato prima con D'Alema. Proprio perché da quando c'è questa fase politica nuova c'è un rapporto di assoluta lealtà e di consultazione quotidiana». Uniti per restare al governo per i prossimi trent'anni, come teme qualcuno? «Questa è una domanda tipica della macchina del tempo in cui si sta cacciando la politica italiana: si giudicano le cose secondo stereotipi di un passato che non c'è più. Chi segue il lavoro al governo di D'Alema e il mio al partito, al quale chiedo esattamente di essere qualcosa di diverso da una macchina finalizzata al¬ l'esclusivo obiettivo di governare, sa che tutto questo non è. Abbiamo un certo codice della politica, personalmente non pronuncerò mai la parola "egemonia"». Torniamo per un momento al referendum. Quello che è successo con tutti i quesiti è che o li si va a votare,, oppure per un motivo o per un altro, si va alle elezioni. Se la Corte Costituzionale si esprimesse per l'ammissibilità del referendum Di Pietro, è possibile che si vada ad elezioni anticipate? ••' «No, perché siamo nel semestre bianco, e la Costituzione lo proibisce. E poi, guardi, io credo che dobbiamo separare le vicende istituzionali da quelle dell'alleanza di governo. In quante circostanze abbiamo registrato posizioni dissimili, ad esempio sul caso Previti, e nessuno di noi ne ha fatto un dramma». Ma ci troveremmo con un Parlamento che è stato eletto con altre regole. «Vale anche se varassimo una nuova legge elettorale. Questo ragionamento, portato alle estreme conseguenze, fa dire che l'unico modo per garantire la conclusione della legislatura è non fare nessuna legge elettorale. Non va. Non ci dimentichiamo che è vero che abbiamo avuto 56 governi in cinquantanni, ma abbiamo avuto anche 6 governi in 6 anni, e la media l'ha tenuta alta Prodi». Si dà per scontato il via libera di Botteghe Oscure a un Capo dello Stato cattolico: le cose stanno proprio così? «Ho letto sui giornali che noi saremmo stati prudenti sulla ricandidatura di Scalfaro. Ho visto che Cossiga ha detto che io sono come Don Abbondio: conosco il sense of humour dell'ex Presidente della Repubblica, e non rispondo. Io sono prudente sulle discussioni che cominciano troppo presto. E poi, posso dirle la mia impressione?». Prego. «Tra identikit e nomi che girano, si stanno bruciando candidature, insomma, giochini del passato. Non vorrei partecipare, ecco. Quando si porrà il problema cercheremo di individuare una decisione che sia capace di unire la maggioranza, guardando anche oltre». E in questo suo «guardar oltre», lei ha chiamato Casini per perorare il dóppio turno di collegio. E Mastella ha parlato di «crostatina» telefonica... «Ma lei crede che si possano fare riforme istituzionali, regole che riguardano tutti, senza un accordo ampio? Per il resto, da quando c'è questa alleanza, non c'è una mia parola polemica nei confronti dell'Udr, né mai ci sarà. Abbiamo incassato duecentocinquanta dichiarazioni, talvolta scortesi, senza mai rispondere. Perché sappiamo che una grande forza deve avere tanta pazienza, i nervi saldi e la serenità di guardare avanti». Antonella Rampino nella maggioranza IL FUTURO «Non voglio una macchina finalizzata all'obiettivo di governare E non pronuncerò mai la parola egemonia» Prima vede Di Pietro, poi smorza le polemiche IL REFERENDUM «Una forza politica come la nostra non può essere contro questo strumento E' indispensabile una nuova legge elettorale» LE ALLEANZE «Mattarella ha torto Voglio dire in modo chiaro che nessuno tra di noi è tentato dall'idea del bipartitismo» IL PARTITO «Fino ad ora non c'è una sola cosa che D'Alema abbia fatto senza aver avuto il mio sostegno E anche viceversa naturalmente» «Non vfinalizdi govE non la paroQui accantIn alto da se Massimo Qui accanto il leader dei Ds Walter Veltroni In alto da sinistra Antonio Di Pietro e Massimo D'Alema, sotto Franco Marini

Luoghi citati: Francia, Gran Bretagna