«Per D'Alema è il banco di prova» di Roberto Ippolito
«Per D'Alema è il banco di prova» «Per D'Alema è il banco di prova» D'Antoni: investire al Sud, meno tasse sul lavoro IL LEADER DELLA CISL LROMA E intenzioni sono state apprezzate. «Ma adesso voglio vedere le carte perché se c'è il coraggio delle scelte questo è il momento», puntualizza Sergio D'Antoni, segretario della Cisl. La richiesta di tirare fuori le proposte dal cassetto è avanzata ai governo di D'Alema che oggi riceve la Confindustria e domani i sindacati per la trattativa sul patto sociale e le iniziative a sostegno dello sviluppo e dell'occupazione. Con che animo, D'Antoni, incontrerà il governo? «D'Alema e il ministro del Lavoro Bassolino fanno capire che sta cominciando un negoziato non stop. Questo dà l'idea della consapevolezza della necessità di chiudere presto la partita». E' un segnale positivo? «Dopo due anni di incertezza per la concertazione, questo governo vuole misurarsi sul rilancio di questa politica come strategia di intervento e non come utilizzo delle parti sociali per singoli argomenti. La concertazione realizzata nel 1992-'93 ha consentito di sconfiggere l'inflazione e di aprire la via del risanamento e della partecipazione alla moneta unica. Nessuno ci credeva, sembrava una scommessa ardita». E oggi? «Oggi bisogna avere lo stesso atteggiamento, lo stesso coraggio, la stessa determinazione sui temi dello sviluppo e del lavoro. Mi sembra che il governo abbia chiara l'impostazione su tempi e tipo di politica, ora bisogna diventare concreti. Io vedo quattro questioni: fisco, infrastrutture, formazione e contrattazione. C'è ancora uno scarto tra le buone intenzioni e le proposte pratiche: finora abbiamo visto poco». Cominciamo dal fisco? «Il governatore Fazio ammonisce sull'eccesso di tasse, D'Alema si mostra d'accordo, ma per il momento non abbiamo notizia di progetti reali per ridurrle. Troppe volte si è lamentato che l'eccessiva pressione fiscale frena gli investimenti e ostacola l'occupazione. Qualche modesto intervento è stato avviato, ma è ora di dire una parola definitiva sulla discesa delle tasse». Cosa si può fare? «La prima proposta è la fiscalità di vantaggio, cioè un provvedimento per la diminuzione delle imposte per chi investe nelle aree con forte disoccupazione. Bisogna spingere affinché gli investimenti vadano dove non c'è lavoro». E' convinto che si possa? «Mi fido della capacità tecnica del ministro delle Finanze Visco che saprà trovare le soluzioni giuste per rendere meno oneroso avviare attività nelle regioni sfavorite, quindi non solo nel Sud. Nel complesso bisogna allentare la pressione sul costo del lavoro». Lo dice anche D'Alema. «Bisogna che il costo del lavoro scenda con un piano triennale. Conosco i vincoli della finanza pub¬ blica, ma l'alleggerimento del carico fiscale e degli oneri sociali impone una programmazione che dia certezze». Il secondo capitolo che lei indica riguarda le infrastrutture: cosa chiede? «Basta con gli elenchi delle buone intenzioni. In Italia non si investe. Bisogna rapidamente accertare perché non si spendono le risorse disponibili e attuare i programmi anche questi esistenti da tempo infinito. Solo per fare un esempio, cito il caso dei tre aeroporti meridionali, Catania, Cagliari e Bari. Nel 1996 riuscimmo a far stanziare 200 miliardi per ogni scalo, ma non è stata spesa una lira». Terzo capitolo: la formazione. «Il programma in materia di Bassolino è certamente innovativo. Il problema è trovare le risorse che lo rendano credibile. Abbiamo un piano di inserimento degli apprendisti già concordato da governo, sindacati e datori di lavoro. Per attuarlo servono 400 miliardi: saranno trovati? Il nostro è uno strano Paese: c'è tanta passione per il rapporto pubblico-privato nella scuola e non ce n'è altrettanta per l'innalzamento dell'obbligo scolastico non dico a 18 anni ma almeno a 16». Infine i contratti: per quelli nazionali il governo ipotizza la durata di quattro anni per la parte economica (oltre che per quella normativa). «L allungamento della durata ha un senso se corrisponde all'allargamento della contrattazione di secondo livello oggi limitata al 50% dei lavoratori». Come rafforzare il secondo livello? «Estendendolo a tutti: quando non esistono le condizioni per i contratti aziendali si devono negoziare contratti territoriali. Basta pensare alle realtà dei distretti industriali nei quali c'è già un oggettivo collegamento fra le imprese». Roberto Ippolito
Persone citate: Bassolino, D'alema, D'antoni, Sergio D'antoni, Visco
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