L'ultima carta di Pinochet di Fabio Galvano

L'ultima carta di Pinochet Gli avvocati all'attacco alla vigilia della decisione del ministro degli Interni britannico sull'estradizione L'ultima carta di Pinochet «Uno dei 5 Lord lavora perAmnesty» LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE La resa, mai. E alla vigilia della decisione del ministro degli Interni Jack Straw, che fra oggi e venerdì dovrà decidere se debba procedere o no il processo per l'estradizione di Augusto Pinochet, gli avvocati del generale giocano fino in fondo la carta che nelle loro intenzioni potrebbe fare annullare la sentenza emessa due settimane fa dai Lord. Dopo avere rivelato la scorsa settimana che Gillian Hoffman, moglie di uno dei tre Lord che hanno votato contro l'immunità per Pinochet, lavora per Amnesty International, i legali dell'ex dittatore hanno alzato la mira. Per colpire proprio suo marito, lord Hoffman. E' uno dei due direttori del fondo benefico che fa capo ad Amnesty, hanno rivelato. E dato il ruolo che Amnesty ha avuto nel dibattito su Pinochet, lasciano intendere, il suo giudizio appare perlomeno sospetto. Nessuno nega, perché l'attività di Hoffman - 54 anni, ebreo sudafricano con fama di liberale e una dichiarata passione per la bicicletta - è alla luce del sole. Sì, ammette Amnesty: dal 1990 è direttore, non remunerato, di Amnesty International Charity, la branca creata nel 1986 quando l'organizzazione aveva fallito nel tentativo di ottenere lo status di ente di beneficenza per tutte le sue operazioni. Ma lord Hoffman - ha sottolineato ieri un portavoce - «non è stato in alcun modo coinvolto nella campagna di Amnesty sul caso Pinochet. Il fatto che tali argomentazioni siano ora sollevate dai sostenitori di Pinochet dimostra il loro tentativo di sviare l'attenzione dal problema centrale, cioè se Pinochet debba essere processato per tortura e assassinio». Un lord Hoffman del tutto estraneo alle pressioni di Amnesty su Pinochet? Così parrebbe; e il portavoce ricorda che anche il giudice Bingham, quello che in prima istanza aveva riconosciuto l'immunità del generale, si era adoperato e tuttora si adopera per le strutture benefiche di Amnesty. Ma poi si scopre che l'anno scorso lord Hoffman fu coinvolto nella raccolta di fondi per dotare Amnesty di un nuovo edificio. E allora si alza la voce sdegnata dell'ex cancelliere dello Scacchiere Norman Lamont ora lord Lamont - che afferma in una lettera al ministro della Giustizia lord Irvine: «E' inaccettabile che un giudice esamini un caso in cui un ruolo prominente e attivo è svolto da un'organizzazione alla quale egli è legato». E' un vespaio. E mentre 90 sostenitori di Pinochet venuti espressamente dal Cile manifestavano ieri davanii a Downing Street e consegnavano al primo ministro una petizione con 200 mila firme in cui si chiede il blocco della proceclu- ra di estradizione, il ministro Straw si è trovato improvvisamente di fronte a pressioni forse insormontabili, che potrebbero spingerlo a rispedire il generale in patria. Ignorando, probabilmente, le pressioni di Amnesty; che, dopo avere preso parte all'appello davanti ai Lord, avrebbe chiesto di essere messa al corrente della decisione del ministro con qualche anticipo. Per tentare altre iniziative, si presume, qualora Straw decidesse di lasciar partire Pinochet. Il rilascio è quello che chiedevano ieri i dimostranti. «Via le mani dal Cile», «Rispettate la democrazia cilena», dichiaravano gli striscioni sotto la pioggia. Altri cento dimostranti dovrebbero arrivare fra oggi e domani: tutti vedove e parenti di soldati e poliziotti uccisi in quella guerra civile dai sostenitori di Allende. «Oggi dicevano - tutti in Cile vogliono dimenticare il passato e perdonare per proteggere la nostra democrazia. Vogliamo una riconciliazione nazionale, vogliamo la pace». E' l'altra faccia della medaglia, dopo le manifestazioni degli esuli. Da Santiago tre deputati del Partito della democrazia hanno chiesto al presidente della Corte Suprema, Roberto Davila, la creazione di un tribunale speciale, addirittura una procedura cilena di estradizione in alternativa a quella della Spagna. Ma altri 50 - e la loro lettera è stata portata ieri a Straw - sostengono tout court che per «ristabilire un costruttivo dialogo democratico» è bene che Pinochet torni a casa. Un ginepraio, per Straw. Fabio Galvano La scorsa settimana si era già scoperto che la moglie del giudice si occupava dell'organizzazione Sostenitori dell'ex generale arrivati appositamente dal Cile manifestano a Downing Street Lord Hoffman, uno dei tre giudici che hanno detto no all'immunità per Pinochet

Luoghi citati: Cile, Londra, Santiago, Spagna