E se davvero uccidessero in nome della fede? di Domenico Quirico

E se davvero uccidessero in nome della fede? ANALISI E se davvero uccidessero in nome della fede? i i a I e o ERA il mese della Misericordia. Non lo è più. Dal 1992. Quest'anno il raspare sanguinoso del grande massacro è iniziato ancor prima del previsto. Mancano due settimane al Ramadan e già avanzano le bare, si contano i cadaveri. Cresce dapprima, sinistro segnale, il numero degli sgozzati ai falsi posti di blocca stesi come una ragnatela attorno ad Algeri; poi è la volta dei raid nei piccoli villaggi dove le milizie di autodifesa sono più deboli, asce e coltelli gli strumenti di un barbarico sacrificio; infine inizia il coro fragoroso delle autobomT be, dispensatrici di una morte «moderna» accanto ai mercati, alle moschee, alle scuole. «Anche il buon Dio è di cattivo umore», dicono gli algerini attingendo alle ultime riserve della loro infinita pazienza. Tutto sembra una clamorosa sfida al buon senso, l'immobilizzazione definitiva di una tragedia diventata irrisolvibile. L'Algeria agonizza, il sangue pulsa come in un anarchico macello. E dopo sei anni nessuno, in realtà, sa dire un perché. C'è chi ha fatto ricorso perfino alla psicanalisi: nelle stragi ci sarebbe qualcosa che si rapporta alla libido, uccidere sarebbe un equivalente dell'orgasmo e la decapitazione, così frequentemente utilizzata dagli integralisti, un atto di castrazione. Ma non sembrano più attendibili le spiegazioni che si affidano alla storia e alle ideologie. E' una guerra per il petrolio e il potere camuffata da guerra religiosa, assicurano alcuni. I killer fondamentalisti sono semplici burattini gestiti dai servizi segreti e dalla mafia dei notabili di regime, giurano altri. Poi arriva il Ramadan, e un gruppo di musulmani, gridando il nome di Dio, comincia a scannare donne, bambini, vecchi, musulmani pure loro, popolo anonimo, senza nemici, umili fedeli. Il massacro non ha nessun rapporto con strategie, non conduce a nessuna neppur remota vittoria; anzi, ad ogni nuovo delitto, l'orrore allarga lo sdegno e il rifiuto di coloro che dovrebbero diventare sudditi della nuova società senza empi. Ecco il nucleo incomprensibile del fanatismo algerino: il domi nio di uomini perversi, Poi Pot, Sendero Luminoso, ha sempre elaborato una stra¬ tegia, voleva il potere. Qui pare non voglia vincere, insegue il niente. E' arrivato il momento di cominciare a chiedersi se non ci sia un errore iniziale: forse la spiegazione era semplice ed è stata scartata perché troppo evidente, troppo imbarazzante. E se i killer di Allah, gli sceicchi che lanciano proclami di sangue, non praticassero affatto una tattica machiavellica, nascondendosi dietro la fede? Se fossero quello che proclamano di essere: uomini, ahimè, di fede? Di una fede sanguinosa, feroce, assoluta come tutte le religioni nello stadio in cui sanno che, per correggere, bisogna atterrare e atterrire. Basta leggere i testi del Già senza filtrarli attraverso la nostra ragione politica: sono il nichilismo assoluto, maneggiano la morte con l'indifferenza che hanno solo le religioni. Chiedono agli algerini di fare le abluzioni perché solo così saranno puri quando un'autobomba li strazierà. Per loro non ci sono buoni musulmani se non quelli che riescono a provare la loro fede attraverso la morte. Alcuni fondamentalisti hanno ucciso i propri fratelli e padri: erano solo tiepidi fedeli. Si avverte il fiato inquietante di qualcosa-già noto: i sacrifici che popolano la Bibbia, le infinite notti di San Bartolomeo della storia d'Europa. In Algeria una Storia marchiata dalla violenza e dalle delusioni della modernità, ha determinato il nefasto miracolo di una fede restituita alla sua ferocia primordiale. Basta andare nella grande moschea accucciata sotto la Casbah di Algeri durante la grande preghiera: avverti la passionalità fosca, fanatica, eppure possente di una fede che l'Occidente e l'Islam hanno dimenticato, seppellito sotto la sabbia provvidenziale della tolleranza e dell'incredulità. Tutti i nostri principi sono rovesciati, la nostra logica si disorienta, la religione produce un'effervescenza di barbarie, la santità è un miscuglio di preghiera e di sangue. E' la fede da cui escono uomini come Bin Laden, terroristi mistici che non hanno paura di dichiarare, da soli, guerra agli Stati Uniti e combatterla con i massacri. Domenico Quirico icoj

Persone citate: Bin Laden

Luoghi citati: Algeri, Algeria, Europa, Stati Uniti