D'Alema placa la rivolta della maggioranza
D'Alema placa la rivolta della maggioranza Mano tesa a Ppi e partiti minori. Sconfessato il progetto Salvi di accordo dei Ds con Berlusconi e Bossi D'Alema placa la rivolta della maggioranza «Non penso a una legge elettorale per fare il bipartitismo» ROMA. Massimo D'Alema rassicura Franco Marini (più verdi, Cossutta e socialisti) e dice, di fatto, a Veltroni e Salvi di darsi una calmata sulla legge elettorale. «E' inutile agitarsi per cercare problemi che non sono maturi. Resta in me la convinzione che sulle regole del gioco bisogna cercare l'intesa più ampia», spiega il presidente del Consiglio ai suoi compagni di partito. In particolare, il discorso pare rivolto a Cesare Salvi, presidente dei senatori diessini, che sembra intenzionato a trovare un accordo con Berlusconi e Bossi su elezioni col doppio turno di collegio, anche a costo di fare a meno del consenso del Ppi. L'attivismo di Salvi, coperto dal segretario dei Ds, Walter Veltroni, ha provocato l'insurrezione dei partiti minori dell'alleanza di centro-sinistra, talmente preoccupati e furiosi da minacciare la crisi di governo. A loro si rivolge, tranquillizzante, Massimo D'Alema che parla di sistema a doppio turno, senza scendere in dettagli (di collegio o di coalizione). «Naturalmente, quando dico doppio turno - spiega - poi si possono discutere gli aspetti tecnici. Vorrei essere chiaro. Io non penso a una legge elettorale per fare il bipartitismo, perché in Italia ci sono diversi partiti, ma a una legge elettorale che aiuti la semplificazione del confronto fra gli schieramenti e la formazione della maggioranza di governo, più di quanto avvenga oggi». Date a Marini e compagnia le garanzie richieste, D'Alema non rinunzia a dare una tirata di orecchie per la minaccia di crisi, dato che «non è buona cura tornare a votare con una legge elettorale che tutti ritengono necessario cambiare». Compito del governo, puntualizza D'Alema, è portare il Paese a votare con nuove regole, visto che «dispone di una ampia maggioranza». Cioè, le regole vanno concordate con l'opposizione ma, ovviamente, anche con gli alleati. Insomma, palla al centro e fischio della fine del tempestoso primo tempo, in attesa della Corte Costituzionale che a gen¬ naio dirà se il referendum contro la quota proporzionale è ammissibile. Per i diessini che non avessero capito bene il messaggio che arriva da Palazzo Chigi, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Franco Bassanini, ha aggiunto che «la sinistra italiana ha sempre ritenuto che le riforme costituzionali non si possono fare con il 51% dei voti contro il 49%. Non si cambiano le strutture della casa comune, che è la Costituzione, a colpi di maggioranza». Anche il presidente della Camera, Luciano Violante, ha voluto dare una mano a sdrammatizzare lo scontro in corso nella maggioranza. Bisogna costruire ipotesi partendo dalla necessità di dare maggiore stabilità al Paese. E «bisognerà trovare l'unità anche nella maggioranza» partendo dalla consapevolezza di tutti che la riforma elettorale è necessaria. Gli alleati di governo hanno ben colto il senso delle parole del presidente del Consiglio e lo dicono. «Noi apprezziamo D'Alema, di cui siamo sostenitori fedelissimi - spiega Mauro Paissan, capogruppo dei Verdi alla Camera - e il suo atteggiamento che non copre minimamente le dichiarazioni del tutto avventate di esponenti del suo partito. Salvi vuole i voti di Bossi e Berlusconi visto che non ha i voti di Verdi, popolari, comunisti, Rifondazione e socialisti. Legittimo, ma è politicamente devastante». Dall'altra parte del campo, anche Silvio Berlusconi ha capito che il contropiede che sta tentando Salvi è stato stoppato da D'Alema. Così, il presidente di Forza Italia prende atto della situazione e dice di non credere che «D'Alema sia disposto a perdere il Ppi per mandare avanti una nuova legge elettorale. Salvi ha ragione di insistere nel suo progetto ma prima di presentare qualcosa a noi deve trovare l'accordo nella sua eterogenea maggioranza». Forza Italia, comunque, rimane in attesa. Di fatto, la vampata di polemiche di questi giorni è destinata a smorzarsi per tutto il periodo natalizio. Se ne riparlerà a metà gennaio, ma il doppio turno di collegio (preferito dai Ds e anche da Prodi, apprezzato dalla Lega e, forse, anche da Berlusconi) probabilmente non sarà all'ordine del g giorno. 11 premier pronto a eleggere un cattolico: purché si mettano d'accordo e ne scelgano uno solo Lega e, forse, anche da Berlusconi) probabilmente non sarà all'ordine del g giorno. i e siglio regionale è fiduciario con la Gla maggioranza coNell'ultima sedNania (An) ha prCommissione, perha comunque protato ristretto che un'ulteriore form Qui sopra il presidente del Consiglio Massimo D'Alema
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