L'ALIBI DELLO SCAFISTA NEGRIERO di Mario Deaglio
L'ALIBI DELLO SCAFISTA NEGRIERO GOVERNI E IMMIGRAZIONE L'ALIBI DELLO SCAFISTA NEGRIERO Cj E' tempesta nell'Adriatico e nel Canale di Sicilia e quindi forse questa notte non sbarcheranno, o forse le loro navi faranno naufragio in mari più lontani, come è successo qualche giorno fa al largo delle coste turche. In ogni caso, a ogni sbarco, a ogni naufragio, si consuma un rito collettivo di distorsione e rimozione: i riflettori si puntano ormai quasi esclusivamente sui traghettatori dei clandestini; la loro esosità consueta, la loro crudeltà occasionale vengono sistematicamente poste in risalto dai telegiornali e dai giornali. Questi traghettatori dai comportamenti disumani rappresentano un comodissimo alibi. Scaricando su di loro tutto il peso della pubblica esecrazione, l'Italia evita di affrontare due problemi molto spinosi. Il primo è costituito dall'evidenza immediata di centri di accoglienza insufficienti e inospitali che, soprattutto in tempi natalizi, ripropongono in chiave moderna il racconto evangelico della giovane coppia in viaggio alla quale stava per nascere un figlio e per la quale, duemila anni fa, «non c'era posto nell'albergo». Il secondo, assai più com plesso, è rappresentato dal l'imbarazzante razionalità del comportamento di chi decide di emigrare. Per un normale cittadino di qualsiasi area povera e politicamente instabile, dal Kosovo al Kurdistan, per l'africano che abita in una re gione a rischio di desertifica zione - un fenomeno che, come è emerso alla Conferenza mondiale in corso a Dakar, ri schia di provocare, entro dieci anni, l'emigrazione verso l'Europa di ben settanta mi lioni di persone - è purtroppo del tutto logico mettere assieme 3-5 mila dollari, impe gnando ogni genere di risorse allo scopo di far emigrare un figlio che altrimenti rischia la fame o la morte. «Scafisti», mafie più o meno «turche» e altri traghetta tori che i governanti - come i Mario Deaglio CONTINUA A PAG. 10 PRIMA COLONNA
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