Una perquisizione in casa di Apo

Una perquisizione in casa di Apo Una perquisizione in casa di Apo Mossa del magistrato francese che oggi lo interroga ROMA. La villetta è piena di agenti, e intorno ad Abdullah Ocalan ci sono il magistrato francese, quello italiano, l'avvocato difensore. Il leader del pkk guarda il pezzo di carta portato dal giudice venuto da Oltralpe, legge i nomi dei curdi coinvolti nell'inchiesta e dice: «Io queste persone non le conosco, non so chi siano, escludo che appartengano al mio partito. Questa è una provocazione per infangare il mio nome e la mia figura». C'è tensione nella casa-ufficio dell'Infernetto dove «Apo» vive e lavora da tre settimane, in attesa di conoscere il suo destino, e queste parole sono le uniche che accetta di pronunciare davanti al magistrato francese che lo voleva interrogare. Di rispondere alle domande, per adesso, non se ne parla. Ma il giudice Jean Francois Ricard ha con sé anche un ordine di perquisizione, e i poliziotti cominciano a cercare in ogni angolo della villa. Se ne andranno molte ore dopo, in serata, con qualche agenda e un fascio di carte scritte in turco e in curdo, mentre i difensori di Ocalan - i deputati Luigi Saraceni e Giuliano Pisapia dettano un comunicato nel quale definiscono «un atto strumentale, persecutorio e infamante» la perquisizione ordinata dai francesi: «Si è cercato di fare un collegamento del tutto assurdo e inesistente tra l'attività politica del presidente del pkk e alcune ipotesi di reati comuni ai quali sono del tutto estranei sia Ocalan che il pkk». E' la cronaca di una giornata che segna l'ennesimo colpo di scena nel «caso Ocalan», la stessa in cui emerge un particolare che, di sorprese, potrebbe riservarne altre. Per i prossimi giorni, infatti, il leader curdo è stato convocato dal sostituto procuratore di Roma Giancarlo Capaldo, forse nella qualità di indagato di reato connesso. Il fascicolo processuale sul possesso del passaporto falso che «Apo» aveva con sé quando sbarcò a Fiumicino (reato di competenza pretorile) è stato infatti richiamato dalla Procura, che probabilmente sta verificando altre possibili responsabilità sull'arrivo di Ocalan; fra queste potrebbe esserci anche quella del deputato di Rifondazione comunista Ramon Mantovani, che accompagnò il capo del pkk nel viaggio aereo da Mosca a Roma. I magistrati romani, inoltre, potrebbero anche chiedere ad «Apo» di essere più preciso nelle sue rivelazioni sull'attentato a Giovanni Paolo II. Ma l'appuntamento giudiziario che più irrita Ocalan, al momento, è quello fissato per domani col giudice Ricard, nel quale «Apo» vestirà i panni dell'indagato e probabilmente deciderà di non rispondere alle domande del magistrato francese. Nell'ordine di perquisizione eseguito ieri, si parla di due ipotesi di reato a cario di altri curdi: la tentata estorsione nei confronti di un curdo residente in Francia e l'associazione per delinquere finalizzata ad attività terroristiche. I fatti contestati risalirebbero a circa un anno fa, e secondo i giudici francesi l'estorsione è uno dei metodi di finanziamento del pkk. Quando ha visto i nomi dei quattro inquisiti Ocalan ha detto di non sapere chi fossero, escludendo la loro appartenza al pkk. E il Fronte di liberazione del Kurdistan, collegato al pkk, denuncia l'atteggiamento del magistrato inquirente. «Il processo avviato in Francia in relazione alla raccolta di sottoscrizioni volontarie nella diaspora curda in Europa - sostiene il Fronte - si trascina da oltre due anni senza ombra di prova, e con intento sempre più chiaramente perscutorio. Gli imputati curdi sono stati scarcerati in seguito a una vasta campagna di solidarietà da parte di numerose personalità francesi ed europee. In questo processo Ocalan non era affatto indagato». Gli esponenti del Fronte definiscono «ridicola» la perquisizione effettuata nella villa dell'Infernetto, mentre i due avvocati difensori smentiscono la voce diffusasi in mattinata sulle ricerche di qualcosa relativa al traffico di droga. I poliziotti hanno frugato in tutte le stanze della casa-ufficio, comprese quelle occupate da altri curdi collaboratori di «Apo», portando via anche lettere personali e altro materiale che ora andrà tradotto e vagliato. Igio. bia. ] Protestano i difensori: vogliono collegarlo con reati comuni di cui non sa nulla Abdullah Ocalan: il «processo europeo» si fa più vicino

Luoghi citati: Europa, Francia, Kurdistan, Mosca, Roma