ARGERICH PER PROKOFIEV

ARGERICH PER PROKOFIEV STAGIONE RAI ARGERICH PER PROKOFIEV La pianista argentina e Inbal nel difficile Concerto n. 3 RITORNA Martha Argerich e l'attesa di riascoltarla si fa sempre più viva. La bravissima pianista argentina ha uno dei suoi cavalli di battaglia nel «Concerto n. 3 in do maggiore op. 73» di Sergei Prokof'iev (memorabile una ormai remota incisione con la direzione di Claudio Abbado) ed è proprio con questa difficile pagina che si cimenterà nell'ambito della stagione Rai. L'appuntamento è all'Auditorium del Lingotto per giovedì 10 (ore 20,30) e venerdì 11 (ore 21). A dirigerla con l'Orchestra Sinfonica Nazionale ci sarà Eliahu Inbal. Il Terzo Concerto è sicuramente il più eseguito e dunque il più amato dal pubblico, anche se al suo comparire negli Stati Uniti fu oggetto di tiepidi consensi. Era il 1921 e i primi abbozzi del primo tempo risalivano al 1916, mentre il tema per il secondo tempo era stato annotato addirittura nel 1913 e lasciato a lievitare. E' interessante seguire la ricostruzione che Piero Rattalino ha fatto di quegli anni, con il compositore che iniziava e abbandonava un lavoro dopo l'altro, per poi riprenderli e rivederli accantonandoli ancora, in attesa di ulteriori sviluppi. Gli elementi caratterizzanti dell'opera, scarsamente compresi all'epoca, sono stati efficacemente sintetizzati dallo stesso Rattalino: «Il lirismo sognante (inizio del Concerto, tema del secondo tempo), il particolarissimo ripensamento del Settecento (secondo tema del primo tempo, con andamento di gavotta), e il "russismo" (tema di marcia lenta, nella parte centrale del finale)». Dopo l'aguzza, martellante e un po' sulfurea conclusione del Concerto prokofieviano, sembrerà di camminare sul velluto ascoltando l'attacco della «Seconda sinfonia in re maggiore op. 73» di Brahms (un «re - do diesis - re» proposto dagli archi bassi, che funge da supporto al tranquillo ottimistico tema enunciato dai corni). Semplicemente stupendo il canto del violoncello solista nel secondo tempo: un saggio di lirismo al quale non sono certamente estranee le sensazioni notturne che Brahms deve avere assaporato durante le vacanze estive trascorse sulle rive del Wòrthersee, in Carinzia, e le idilliache visioni italiane delle Dolomiti ampezzane. L'atmosfera è di soffusa malinconia, e doveva riferirsi proprio a questo punto dell'opera Brahms quando, in tono ironico, scriveva che la partitura doveva essere listata a lutto e quando consigliava agli orchestrali di infilarsi un nastro nero al braccio durante l'esecuzione. In ogni caso ci pensa il terzo tempo a rischiarare l'orizzonte con una visione di carattere pastorale inframmezzato da una irruenta danza popolare. Il Finale è una esemplare dimostrazione dell'abilità che Brahms esternava nello sviluppare i suoi temi; il movimento si dipana piacevolmente fino alla solare stretta conclusiva a piena orchestra, con gli ottoni in fanfara che riacciuffano il tema iniziale dei corni e lo metamorfosano in un coro di giubilo. Leonardo Osella Sella fola granile Mari lui Ugeriv/i ni pianoforte, i/iii a luto F.lialin Inbal clic la diligerà nel omertà n. •>' /// do maggiore op. 7-')' ili Sergei l'rokojìer Salto, l'elei(iutli /ice l'I mone Musicale

Luoghi citati: Stati Uniti