PRENDITI CURA DI TE: RACCONTATI UNA FIABA

PRENDITI CURA DI TE: RACCONTATI UNA FIABA PRENDITI CURA DI TE: RACCONTATI UNA FIABA Quando e come narrare aiuta a «guarire» N nuovo modello di psicoterapia si aggira fra gli psicologi professionisti della cura della psiche, ma anche tra i salotti del «fai da te». Negli ultimi dieci anni si sono infatti diffuse e moltiplicate, inflazionando il mercato psicoterapeutico, quelle tecniche di cura basate sull'assunto che narrare e narrarsi faccia un gran bene alla psiche inconscia e magari anche alla sua parte conscia, indipendentemente da ciò che si narra, si tratti di storie, fiabe, miti o leggende, o dei nostri sogni ad occhi aperti, senza pretese di trovare un'interpretazione perché, in simili forme di psicoterapia, l'interpretazione diventa superflua o addirittura controproducente. Ciò che conta è invece la capacità di immaginare/fantasticare in proprio o, in mancanza di tale facoltà legata alla creatività individuale, la disponibilità a lasciarsi andare e farsi coinvolgere, ascoltando «rapiti» le storie altrui, siano esse le fiabe delle Mille e una notte, oppure vecchie leggende follrih (tti d i cloriche (ottime ad esempio quelle ceche o boeme legate al tema del «doppio», già ampiamente sfruttate dai poeti romantici, per il loro potere evocativo), o anche storie di vita vera, opportunamente trasformate in brevi racconti. A tutti questi prodotti della fantasia si deve però ricorrere dopo aver imparato a rilassarsi, con semplici tecniche ispirate al training autogeno, in un ambiente opportunamente oscurato, lontano dai rumori, dalle intrusioni dei familiari, dagli squilli di telefoni e telefonini. L'ultimo libro che si ispira a tali tecniche è quello di Maria Varano, Guarire con le fiabe. Come trasformare la propria vita in un racconto. L'autrice spiega come le fiabe servano per «sviluppare la nostra mente» e come possano rappresentare un'area di intersezione tra il reale e l'immaginario, tra il razionale e l'irrazionale, e infine aiutino a trovare la concentrazione e la spinta necessaria a prendersi «cura di sé» per continuare a crescere: un esercizio utile a suo parere per tutti gli adulti, e in particolare per educatori e genitori. Ma esistono molti altri libri usciti recentemente, che propongono le medesime forme di cura (in effetti è più consigliabile parlare di curare, piuttosto che di guarire). Basti citare, a caso, Sogni a occhi aperti. Come la fantasia trasforma la nostra vita, di E. S. Person, edito da Raffaello Cortina, o, sempre dello stesso editore e di D. Demetrio, Raccontarsi. L'autobiografia come cura di sé. All'estero poi, i banchi dei librai sono carichi di libri del genere, come ad esempio Racconti per guarire. Racconti per crescere, del francese J. Salomé, o i Sogni da svegli, dell'americana M. Watkins. E poiché le favole non fanno bene solo agli esseri umani ma persino ai computer, anch'essi stressati e affaticati oggigiorno, c'è persino chi ha pensato, come l'americano L. G. Katz, di trarre alcuni racconti dagli autori più classici, da Kafka ad Andersen, da Beatrix Potter a Henry David Thoreau, e presentarli come Fairy Tales for Computers, storie di fate (in senso lato) da raccontare al proprio computer prima di metterlo a letto. In ogni caso, è bene ricordare che tutte le tecniche di induzione di immagini e fantasticherie, che genericamente rientrano nella cosiddetta imagerie mentale, hanno una lunga storia e tanti padri (e madri), che le hanno via via affinate. In tempi moderni, Pierre Janet, medico e psicologo del secolo scorso, ha parlato di un «abbassamento del livello mentale», come metodo di cura, per sostituire con «immagini in movimento», quelle idee fisse o ossessive dalle quali le persone si sentivano spesso angosciate. Cari Gustav Jung aveva mtrodotto invece 1'«immaginazione attiva», che prevedeva di lasciarsi andare al flusso di immagini che potevano affiorare dall'inconscio. Diverse scuole si sono poi sviluppate sin dagli Anni 30 in Germania, con gh «esercizi superiori» del training autogeno di Heinrich Schultz, e in Francia, con il sogno da svegli guidato, di Robert Desoille, e con Vonirothérapie e ì'onirodrame di Roger Frétigny e André Virel. E anche Anna Freud utilizzava la tecnica dell'immaginazione libera o indotta con i bambini. Un apporto sostanziale e più recente è venuto infine da Bruno Bettelheim [Il mondo incantato, Feltrinelli 1977) che, svelando i contenuti inconsci delle fiabe, e spiegando come esse abbiano la capacità di allentare le tensioni, ha sostenu- to che esse svolgono compiti importanti nella crescita del bambino: basta ascoltarle o leggerle per risolvere certi conflitti che nascono in famiglia di cui il bambino soffre senza conoscere da dove abbia origine il proprio disagio psichico. Esempio classico quello determinato dal comportamento della madre, che nelle fiabe diventa spesso matrigna, e si presenta come mi personaggio così programmaticamente cattivo che lo si può odiare senza alcun senso di colpa, sfogando in tal modo quei sentimenti ambivalenti che anche i bambini più buoni possono nutrire talvolta nei confronti della mamma. Un'interpretazione sulla quale vale la pena di riflettere, tanto più dopo che le fiabe sono state messe da parte e molti genitori non le leg- gono o raccontano più. In realtà le fiabe stanno conoscendo una seconda (o terza o quarta) giovinezza, legata ora alla psicoterapia-fai-da-te; si moltiplicano i libri in proposito, che aiutano il lettore solitario, ma nascono anche altre iniziative, come ad esempio quella di una benemerita istituzione torinese, che apre ora dei «Gruppi di lettura», in cui la fiaba viene presentata «come momento di riscoperta dell'Io selvaggio femminile». D'altra parte ci è anche sembrata irresistibile la parodia espressa in un suo recente articolo da Stefano Beimi, che consiglia ai «compagni», mi poco in difficoltà a causa dei recenti cambiamenti di governo, di superare il loro temporaneo smarrimento proprio ricorrendo a questi modelli terapeutici, basati sull'immaginario ed il rilassamento: «Respira col diaframma, pensa positivo, cerca di visualizzare un mare calmo e tu in pattino con Fassino, nell'aria un motivetto Anni Sessanta». «Ma cos'è, un nuovo tipo di indottrinamento?», chiede il compagno temporaneamente disorientato. «Si chiama training centrogeno». Forse per le fiabe psicoterapeutiche si stanno davvero aprendo nuove, interessanti prospettive. Tilde Giani Gallino Tecniche e strumenti per una psicoterapia, del fantastico che ha tra i suoi antesignani Janet, Jung e Bettelheim Un'illustrazione di Gustavo Rosso per «La storia di Peter Pan» GUARIRE CON LE FIABE Come trasformare la propria vita in un racconto Maria Varano Meltemi pp. 115 L 19.000.

Luoghi citati: Francia, Germania