DUELLARE NEL WEST CON JODO CARTAMIGLI di Indro Montanelli

DUELLARE NEL WEST CON JODO CARTAMIGLI DUELLARE NEL WEST CON JODO CARTAMIGLI Dal romanzo di Pardini;, il film di Pieraccioni STABBIANO (Lucca) HI è Jodo Cartamigli? Mah, potrebbe essere Indro Montanelli: non ha sempre cercato di fare giustizia da sé, pagando alti prezzi, fino all'autolesionismo? E' il pistolero di Fucecchio». O, forse, Jodo Cartamigli è, flaubertianamente, il suo autore, artefice, demiurgo, un altro toscano o toscanaccio, l'omone Vincenzo Pardini, uno sguardo rapace, le mani agili, svelte, destinate - sembra - ad afferrare le impugnature custodite in fondine invisibili. Guardia notturna, testimone di anime perse («Sceso il buio norme, convenzioni, freni si dissolvono, il dottor Jekyll cede il passo a mister Hyde, l'ambiguità trionfa, ne ho collezionate di storie sinistre»), Pardini, scrittore di lungo corso, assapora le luci della ribalta. Sta per arrivare sugli schermi II mio West, il film che Giovanni Veronesi e Leonardo Pieraccioni (Il ciclone, Fuochi d'artifìcio) hanno estratto da una sua antica miniera, Jodo Cartamigli, appunto. «Era l'89 quando uscì da Mondadori. Alcide Paolini dapprima lo accantonò, salvo ricredersi dopo la fortuna arrisa a II racconto della luna. Anche il titolo s'impose, come dire?, in appello. Subito a Mario Tobino ricordò la marca di un profilattico, in seguito cominciò a piacergli». Tobino, il «terapaueta» delle libere donne di Magliano, una figura che non cessa di scortare l'alter ego di Jodo Cartamigli. Un'amicizia, un'affinità elettiva modellata per le antiche scale o in trattoria, un comune destino irregolare, sul ciglio delle strade letterarie, Vincenzo Pardini, talvolta, nel fossato. E' un'anima di quelle che s'incontrano nelle pagine del non meno prediletto Federigo Tozzi, «cresciuta in disparte, ingannata tutte le volte che ha chiesto d'essere conosciuta». Il mio West sarà il passaporto giusto? Troverà un editore Lettera a Dio, selvatico, kafkiano, «maledetto» copione? Jodo Cartamigli inaugurò il filone western della narrativa italiana, rimasto, a dire il vero, al palo. «Non so se lo inaugurò - riflette Pardini -. Già Salgari attraversò l'Oceano, corse nella prateria. In realtà volevo fare un romanzo sul terrorismo. Non riuscendo a indovinare la chiave favolistica, cambiai scenario». E' una parabola violentemente umana, etica, mistica, Jodo. Jodo e il ragazzo Willy, il maestro ranger, cacciatore di taglie, e l'allievo. E i banditi, e gli indiani, e le mandrie, e il saloon di Fort Wine e i duelli (Jodo è «un intellettuale del duello»), fino all'estrema sfida, nel salvifico tribunale in terra battuta, «dove perire è allontanarsi dalla maledizione, dalla condanna, per andare verso la pace». «Il West, ovvero - spiega Vincenzo Pardini - il mito della lotta quotidiana: ciascuno chiamato a rendere conto di ciò che deve fare e di ciò che non deve fare». Nel casale intornò a Lucca, nell'angolo fotografico, Tommaso Landolfi, volto tenebrose*, non stecca fra Gary Cooper in Mezzogiorno di fuoco e Chnt Eastwood, il cavaliere pallido. La Garfagnana, da dove Jodo partì per il Nuovo Mondo, non è lontana. E' l'eco nitida, lo specchio esemplare della landa pioneristica: «Colline sgomentosamente fiorite, cieli bassi e mdimenticabilmente rosati, fiumi snervatamente tiepidi, praterie soffici quanto giovani, vergini pubescenze». «La Garfagnana, il nostro West - autentica Vincenzo Pardini -. A Bagni di Lucca troneggia un canyon. Dante - pare - vi avrebbe tratto ispirazione per l'Inferno. Ma il paesaggio non esaurisce le analogie. Il fattore che signoreggiava sul contado era una sorta di sceriffo e di giustiziere. I butteri maremmani sono i nostrani cowboy. Misero in difficoltà Buffalo Bill, addirittura lo sconfissero in un rodeo dimostrativo. E i briganti, i fuorilegge dello spirito che furono, come Domenichino Tiburzi?». E le bestie? Pardini è il francescano domatore senza frusta di una fauna offesa dalla «civiltà», all'erta, il pelo arruffato, intrisa di una tensione all'O.K. Corrai. Capofila è il mulo Moro, antico, carico di battaglie (l'ultima contro due dobermann), compagnato di mille impervie passeggiate (sì, è di un'eleganza impervia lo stile di questo scrittore, bracconiere di remotissimi toscanismi: «Mi sono appena imbattuto nel verbo incaschire, invecchiare»). «Il mulo, non meno del cavallo, è il quadrupede western - rammenta -. Per le riprese ne sono arrivati da Roma e da Pontedera. Imbattibili nel sopportare la fatica, non a caso tenuti in gran conto da Buffalo Bill. Una volta, vistolo sul basto, la cavalleria lo beffeggiò. Ma lui tirò diritto, e la precedette». Si avvicina, per Vincenzo Pardini, l'ora di indossare la fondina, di calarsi in una Lucca strana, come acquattata su di un ordigno, prigioniera di chissà quale incantesimo. Ad attenderlo, lo sa, non sono le landolfiane labrene, «animaletti del tutto innocui», ancorché capaci di provocare «un disgusto profondo, nausea e repulsione». Al varco, c'è il foglionco, la puzzola, intorno a cui sta imbastendo la prossima novella: «Cattiva, cattivissima, negli occhi ha tutta la malvagità del mondo». Salvaci, Jodo, perdio. Bruno Quaranta Leonardo Pieraccioni e Harvey Keitel in una scena del film «Il mio West», girato in Garfagnana: Giovanni Veronesi e Pieraccioni lo hanno tratto dal romanzo di Vincenzo Pardini «Jodo Cartamigli» Nella Garfagnana rivìve il mito dei pionieri: un ranger cacciatore di taglie, il suo giovane allievo, una continua sfida fra banditi, mdiani e saloon gonfi di vino JODO CARTAMIGLI Vincenzo Pardini Rizzoli pp. 234 L 9.900

Luoghi citati: Bagni Di Lucca, Fucecchio, Lucca, Mondadori, Pontedera, Roma