Un parto sofferto per la difesa europea di Aldo Rizzo

Un parto sofferto per la difesa europea OSSERVATORIO Un parto sofferto per la difesa europea A qualche tempo, una buona notizia circola in Europa: 44 anni dopo il fallimento di un primo progetto (la Ced), si riparla seriamente di difesa europea, cioè della capacità dell'Europa di badare autonomamente alla propria sicurezza (sia pure, è ovvio, in collegamento con l'America attraverso la Nato). L'ultimo segnale viene da Saint-Malo, famoso porto bretone, al largo del quale, su una nave da guerra (addirittura), Francia e Regno Unito hanno redatto tre giorni fa una «dichiarazione comune», che Tony Blair ha definito «storica». E infatti è la prima volta che quella che fu la massima potenza marittima, prima degli Stati Uniti, firma con quella che è oggi la massima potenza continentale un appello perché l'Europa nel suo insieme abbia «una capacità di azione autonoma, basata su forze militari credibili», allo scopo di «essere messa nelle condizioni di giocare tutto il suo ruolo sulla scena internazionale». Si aggiunga che Francia e Gran Bretagna sono oggi le due sole potenze nucleari dell'Unione europea. E tuttavia, a ennesima dimostrazione di quanto resti complesso e intricato il cammino unitario dell'Europa, gli * stessi firmatari della Dichiarazione di Saint-Malo appaiono divisi e discordi su un punto che è fondamentale per la costruzione di un «polo» europeo della difesa. E' il punto della concentrazione degli sforzi dell'industria militare, ora dispersi tra i vari Paesi e perciò inefficaci e soggetti all'egemonia dei colossi americani. C'è un piano di fusione tra la British Aerospace e la tedesca Dasa, che i francesi, con la loro Aérospatiale, vedono con gelosia e irritazione, per comprensibili motivi commerciali. Per dirla in termini marxiani, resiste un contrasto tra ìa sovrastruttura (i progetti politici generali) e la struttura (i rapporti di forza tra le componenti industriali), e questo contrasto minaccia di far saltare o almeno di ritardare la creazione del polo europeo della difesa. Il polo ha già un nome («European Aerospace and Defence Company»), ma non ha ancora, evidentemente, una sostanza. Il problema è dargli la sostanza, conciliando sul piano politico i contra¬ sti commerciali è d'immagine nazionale. Può essere utile, più che la confusa (per il momento) strategia generale del nuovo governo tedesco, l'insperata disponibilità del governo Blair, sulla quale, a Saint-Malo, Chirac e Jospin hanno mostrato di saper contare. Sarà certamente utile, anzi necessario, accompagnare gli sforzi d'integrazione militare con un risolutivo passo verso una politica estera comune (senza la quale, è ovvio, non c'è difesa comune). Di tutto ciò, nelle grandi linee, dovrà occuparsi tra quattro giorni il vertice europeo di Vienna. Che è l'ultimo prima della nascita ufficiale dell'Euro (e avrà i suoi problemi anche su questo, cioè su come conciliare la tappa memorabile della moneta unica con i problemi dell'economia reale, sviluppo e occupazione), ma dovrà dare un segnale importante anche sul versante politico-strategico della costruzione europea, senza il quale, occorre saperlo, la stessa moneta unica non regge nei tempi lunghi (chi può immaginare la forza del dollaro svincolata dal fatto di essere la valuta della superpotenza mondiale?). E l'Italia? L'Italia, quarta «grande», al solito un po' marginale, di questo nuovo «concerto europeo», può approfittare dell'indebolimento dell'asse franco-tedesco, e in generale delle articolazioni più ampie della geometria interna dell'Ue, per far valere i suoi interessi, che riguardano l'industria della difesa e contemporaneamente la visione di un polo europeo, industriale e politico, collegato ma non subordinato all'America. In teoria, la sua capacità di pressione è notevole, in pratica valgono i freni delle debolezze politiche interne, tenaci e ostinate nonostante il cambio dei governi. Ma questo, naturalmente, è un altro discorso. Aldo Rizzo :zo^J

Persone citate: Chirac, Jospin, Tony Blair