Clinton sul baratro dell'impeachment di Andrea Di Robilant

Clinton sul baratro dell'impeachment Furenti i repubblicani moderati: avevamo offerto il compromesso sulla censura, ha detto no Clinton sul baratro dell'impeachment Cambia il vento, ora il Congresso vuole processarlo WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il vento è improvvisamente cambiato nella capitale e sta cancellando i sorrisi alla Casa Bianca. Fino a pochi giorni fa l'impeachment del Presidente sembrava un pericolo scongiurato, una cosa del passato. Adesso, alla vigilia di una serie di votazioni decisive, la possibilità che Bill Clinton venga «processato» dal Congresso per la vicenda Lewinsky si è fatta d'un tratto molto concreta. Tanto che i bookmaker della politica la danno ormai al 50 per cento. Alla fine di questa settimana la commissione Giustizia della Camera chiuderà i lavori e voterà a favore dell'impeachment - l'esito è scontato perché la destra repubblicana controlla la commissione. La settimana prossima il voto passerà all'aula, ed è lì che le cose stanno rapidamente cambiando: sembrava che i voti per mettere sotto accusa il Presidente non ci fossero, e invece l'impeachment guadagna ogni giorno consensi. Che cosa è cambiato? La sensazione che Clinton, imbaldanzito dai risultati elettorali di novembre, puntasse a farla franca senza nemmeno una mozione di censura, dicono molti analisti, ha indurito la posizione di quella ventina di repubblicani che sembra¬ vano disposti a votare contro l'impeachment. Il capogruppo dei repubblicani alla Camera Tom De Lay, un texano tagliato con l'accetta che in questi giorni va radunando i deputati anti Clinton facendo schioccare la frusta, assicura di avere i voti per far passare l'impeachment del Presidente alla Camera. La Casa Bianca, che si trastullava sugli allori della vittoria democratica nelle recenti elezioni congressuali, dà segni improvvisi di grande affanno. Fino a poco fa l'entourage del Presidente accusava la commissione Giustizia di «trascinare i piedi»; ora chiede un po' alla disperata di prolungare le audizioni nella speranza di rimandare tutto all'anno prossimo (nel nuovo Congresso che sarà insediato a gennaio i repubblicani avranno una manciata di deputati in meno). E intanto lavorano freneticamente di pallottoliere. E' troppo tardi? «Ormai è finita», dice il deputato Wayne Gilchrest, uno di quei repubblicani moderati che aveva intenzione di votare contro l'impeachment in cambio di una mozione di censura. «Clinton potrebbe anche venire da noi in ginocchio e implorare perdono e non cambierebbe nulla. Il treno ha lasciato la stazione, viaggia spedito e non ci sono più i freni». I democratici insistono che ce la faranno, che l'impeachment alla Camera sarà affondato per un paio di voti. Ma la situazione rimane incertissima e si giocherà sul filo di lana. Gli americani non ne vogliono sapere dell'impeachment, ma a Washington le dinamiche interne dei partiti seguono una logica diversa. E così il Senato, che dovrà «processare» il Presidente se la Camera voterà a favore dell'impeachment, comincia già a prepararsi. «Fino a un paio di settimane l'impeachment sembrava impensabile», dice il sentaore repubblicano dello Utah Orrin Hatch, il presidente della commissione Giustizia. «Ma da allora le cose sono cambiate a sfavore del Presidente. Le probabilità di un processo sono "fifty-fifty". Per cui dobbiamo metterci al lavoro». E Trent Lott, leader della maggioranza repubblicana al Senato, non ha più alcun dubbio. Ieri mattina è andata in televisione per annunciare che «il processo al Senato si farà». Andrea di Robilant *' La sorte di Clinton è tornata in bilico

Luoghi citati: Utah, Washington