Ocalan: «Sono pronto a rifugiarmi in Iran»

Ocalan: «Sono pronto a rifugiarmi in Iran» di Ankara Ocalan: «Sono pronto a rifugiarmi in Iran» ABDULLAH Ocalan vive nella villetta super-protetta sul lungomare romano come se si trovasse in un rifugio del Kurdistan. La bandiera del Pkk con la stella rossa copre per intero il tavolino basso dove sorseggia il tè preferito mentre, sintonizzato sulla tv turca, snocciola il «tehsbih» (il rosario musulmano). Ocalan ha capito che il tempo stringe. Ha deciso di accogliere il consiglio di Fausto Bertinotti e parlare con la stampa italiana a dispetto del tacito accordo Roma-Ankara sullo status di sorvegliato. Alle domande in inglese, Ocalan risponde in turco. Per l'occasione sfoggia un look occidentale: camicia celeste, cravatta fantasia e giacca grigia. Della tradizionale divisa verde restano solo i calzini di lana contro il freddo e l'orologio d'oro al polso. Abdullah Ocalan, prima ha annunciato l'abbandono del terrorismo ma poi ha rilanciato le minacce ad Ankara dalla tv curda di Bruxelles. Quale è la verità? «Nel testo che ho inviato a D'Alema. Quell'impegno è anche nella lettera che ho scritto al ministro degli Interni per chiedere asilo. La scelta l'ho fatta in Medio Oriente. Potevo restare sulle montagne a combattere ma sono venuto in Europa per cercare una soluzione politica. E' una mossa rischiosa ma andrò avanti. Non ho detto nulla di diverso alla Med-Tv». Perché la guerra continua? «L' 1 settembre abbiamo dichiarato il cessate il fuoco. I turchi ci hanno attaccato. Combattiamo per difenderci. Se i turchi cesseranno l'offensiva, tutto sarà finito». Cosa chiede per i curdi: indipendenza o autonomia? «La svolta politica è una mossa strategica, non tattica. Il Medio Oriente è terra di differenze. La Turchia deve essere realista. Non vogliamo l'indipendenza ma una larga autonomia dentro i confini turchi. Secondo il modello applicato in molti Paesi europei come qui in Italia, in Alto Adige. Vogliamo anche che, come in Kosovo, in Kurdistan vi siano degli osservatori dell'Orni, per monitorare il rispetto dei nostri diritti». Cosa chiedete ad Ankara? «Sono pronto ad incontrare il premier di Ankara per chiedere due cose. Primo: riconoscere nella Costituzione l'esistenza di una nostra identità, cultura e lingua. Secondo: un accordo per l'autonomia del Kurdistan». I vertici europei di questa settimana saranno decisivi per il processo. Due le ipotesi: gran giurì o tribunale ordinario. Quale preferisce? «Non sono venuto qui, in Italia, per essere trattato così. Sono vittima di un embargo politico. Sono venuto non per essere trattato come un criminale ma per cercare una soluzione politica come per la Bosnia». Rifiuta il processo? «Non sono contro il tribunale per principio ma se processo deve essere, bisognerà prima riconoscere che in Kurdistan c'è una guerra. Siamo accusati di omicidi ma l'esercito turco è colpevole di atti tremendi. Sono pronto al processo se sarà riconosciuto il problema curdo. Sono pronto a sottomettermi ad un tribunale che giudichi tutti i crimini di guerra commessi. Ma anche la Turchia deve farlo». Vuole che il gran giurì processi con lei anche Ankara? «Sì, per punire i crimini commessi. Ma non solo la Turchia. Devono essere perseguiti anche i suoi alleati, che gli hanno fornito le armi per la repressione. A cominciare dalla Germania». La richiesta di estradizione turca la accusa di numerosi delitti. Si ritiene colpevole? «I turchi dicono: Ocalan è capo del Pkk, gli uomini del Pkk uccidono, Ocalan è colpevole. E' un'accusa politica. Estranea al diritto europeo. Io non ho commesso delitti, il Pkk non ha commesso delitti in Europa. Il Pkk da me fondato si batte da 25 anni per non soccombere come popolo. In Kurdistan c'è una guerra e i turchi hanno distrutto 4000 villaggi, massacrato fra ottomila e 10 mila persone. Perché non processare anche loro e la Germania che li ha aiutati?». Dove celebrare il processo? «La scelta migliore è l'Austria, presidente di turno dell'Unione europea. Ma andrò ovunque servirà, in Europa». La scorsa settimana D'Alema si è riferito a lei come ad un «terrorista». Si è incrinato il rapporto con l'Italia? «Conosco il testo. Il riferimento a me come terrorista non è chiaro, è indiretto. Certo c'è stato, a causa di una pressione americana. L'America ha anche chiesto alla Turchia di non pretendere l'estradizione. Sono gli americani i registi». Si aspetta ancora l'asilo? «Certo, D'Alema dopo il mio arrivo si impegnò. Come può non darlo a me quando viene dato a migliaia di curdi? Se lo meritano loro, perché non io che sono il leader? L'asilo è una questione legale, non politica». Le voci favorevoli all'asilo sono sempre più deboli... «Non sono deboli né a sinistra né altrove. L'ex presidente Cossiga, assai vicino a Dini, è per l'asilo. Sono pronto a parlare davanti al Parlamento per spiegare le nostre ragioni. Sono pronto a farlo anche al Parlamento europeo. Sono pronto ad andare in Vaticano...». A fare cosa in Vaticano? «L'estremismo musulmano si afferma in Turchia. Fra i curdi ci sono dei cristiani, assiri e caldei. Curdi e Vaticano vogliono la pace fra le religioni. Non so se il Vaticano può legalmente farlo, ma la concessione dell'asilo da parte loro avrebbe solide basi. Ho molte cose da dire a chi vorrà incontrarmi in Vaticano. E' stato un musulmano a tenta¬ re di uccidere il Papa». Che cosa sa dell'attentato? «Voglio spiegare il contesto in Turchia dopo il golpe del 1980. Fu allora che avvennero gli attentati. Scavando si potrebbe arrivare alla verità sul ferimento del Papa e sull'omicidio di Palme, anche se non conosco i particolari di questi due attentati». Cosa successe dopo il golpe in Turchia del 1980? «Vi furono collusioni fra generali, estrema destra e islamismo che portarono alla scarcerazione di criminali legati ai Lupi Grigi, come Ali Agca e Orai Celik. Agca non ha detto la verità sull'attentato al Papa e le accuse al Pkk per l'omicidio di Palme sono false». Se non ci sarà il processo cosa succederà alla scadenza del suo soggiorno in Italia? «Si procederà secondo la legge, dei deputati di sinistra hanno già chiesto di prolungare il mio soggiorno. Vedremo». Non teme l'espulsione? «So che è una possibilità». Andrebbe in Iran? «A Teheran è arrivata una delegazione ufficiale turca per parlare di noi. Il ministro degli Esteri iraniano è stato qui. Bisogna aspettare e vedere se c'è intesa fra Italia e Iran e fra Turchia e Iran. Se ci sarà l'accordo vorremo farne parte». Tornerebbe in Russia? «Iran, Russia o un altro Paese europeo non fa differenza. Sarà per un'intesa anche con noi». Quando decise di venire in Italia? «Mi trovavo ancora in Medio Oriente. Ebbi un incontro con Ramon Mantovani. Poi da Mosca avevo due strade: il Caucaso o l'Europa. Scelsi la seconda ma dopo il rifiuto della Grecia ho rivisto Mantovani e sono venuto in Italia, patria di molti amici. Sono venuto da solo. Il governo non lo sapeva e non mi ha promesso nulla». Le autorità italiane quando hanno saputo del suo arrivo? «A Fiumicino, quando mi sono fatto riconoscere. Le cose non sono andate come credevo. Mi hanno arrestato, senza considerarmi un rifugiato». Durante la notte il 12 e 13 novembre ha temuto di essere estradato in Germania? «Se fosse successo, le assicuro che sarebbe avvenuto di tutto in Germania. Più di cinquanta persone si sarebbero date fuoco, centinaia erano pronte allo sciopero della fame». Un'altra nave di clandestini curdi ha rischiato di inabissarsi. Perché continuano a partire? «Dietro c'è la mafia turca, d'accordo con i militari. Svuotano il Kurdistan e guadagnano tanti soldi. Ognuno di quei disperati ha pagato 5000 marchi. Le partenze clandestine sono gestite da Ankara come arma di ricatto nei vostri confronti». Maurizio Molinai-i IL LEADER DEL PICK La radice degli attentati al Papa e al premier svedese Olof Palme va ricercata nell'ambiente torbido della Turchia negli anni successivi al golpe dell'80 j sp Sono venuto in Europa per cercare una soluzione politica al problema curdo Non chiediamo l'indipendenza ma l'autonomia entro i confini turchi sul modello del vostro Alto Adige p y Sono venuto in Europa r cercare una soluzione litica al problema curdo n chiediamo l'indipendenza ma utonomia entro i confini turchi l modello del vostro Alto Adige p y partenza più consueta sia nella Guinea Bissau, confinante con la Guinea, poco distante dalla Sierra Leone. Nell'insenatura scelta per la fuga convergono clandestini provenienti da altri Paesi africani, in particolare dal Congo. Le indagini sono giunte ad una fase delicata dopo il sequestro della p Bissau con un altro mee di essere stati trasfer«Zeynep» in alto mare, le imbarcazioni si affianal largo di Cipro. Per la prima fase del vclandestini sono costretgare tremila dollari, ed altrettanti dopo il trasfeto sull'altra nave. Alla clità turca uno sbarco drende circa un milione dri mentre la spesa non s50 mila dollari, il necper l'acquisto della naMediterraneo è stata angnalata la presenza di uve canguro» utilizzata cose galleggiante per il trdegli immigrati attravCanale d' Otranto. onto an» ratista Ocalan ruppo fricani Il leader separatista curdo Abdullah Ocalan e, in alto, un gruppo di profughi africani