Il giocatore che perse se stesso di Gabriele Romagnoli

Il giocatore che perse se stesso A ME RI CANI Il giocatore che perse se stesso RON Flud, di Las Vegas, fa il medico legale nella città dell'azzardo. Incontra uomini che hanno perso l'ultima fiche: la vita. L'anno scorso, 272 suicidi. E neanche perché avessero avuto sfortuna, al gioco o in amore. La teoria dei dottor Flud è che Las Vegas è un buon posto per morire e chi è stanco prende un'auto o un aereo e va li a chiudere bottega. Trentasei di quelli su cui ha tirato il lenzuolo avevano alle spalle, addirittura, una vita felice, per quanto è dato sapere. Uno, di certo, perfino fortunata. L'ha persa a poker. Lo chiamavano Kid perché aveva 43 anni e una faccia da ragazzo, su un corpo minuto. Portava occhialetti rotondi dalle lenti colorate per fare schermo al fumo delle bische. Le conosceva tutte e vinceva ovunque. Poi andava in qualche luogo segreto a perdere. Vinse anche un paio di campionati di poker, a Las Vegas. Posta in palio: 100 mila dollari. Quando gli chiesero: «Kid, cosa ne farai?», sorrise e rispose: «Li perderò». Nessuno riusciva a immaginare dove e con chi: al tavolo era freddo, fortunato e imbattibile. La risposta l'ha trovata Ron Flud, entrando nella stanza di un motel da 59 dollari a notte, letto a acqua e televisore che trasmette film porno. Kid era sdraiato sul letto, nudo, esanime. Accanto a lui non c'era ima prostituta, ma un mazzo di carte: la pila a metà del lenzuolo e due serie di cinque carte, una dalla parte di Kid, l'altra da quella del giocatore invisibile. Come tutti i possessori di un talento, dopo aver sconfitto ogni possibile avversario si era messo a giocare contro se stesso. Non è chiaro se il suo doppio barasse o avesse concluso un patto con la sorte: sul letto sfatto Kid aveva un tris di re, il giocatore invisibile full di dieci. Non c'erano più dollari nelle tasche, il ragazzo si è giocato e ha perso quel che gli rimaneva. Gabriele Romagnoli

Luoghi citati: Las Vegas