«Giornali e comunismo ecco i miei grandi amori»

«Giornali e comunismo ecco i miei grandi amori» Le nuove battaglie di Alessandro Curzi: la guida di Liberazione e la politica «Giornali e comunismo ecco i miei grandi amori» SONO le 13,10, il direttore di Liberazione Alessandro Curzi è nella sua stanza di lavoro seduto a un tavolo rotondo assieme ai capiservizio del giornale. Impeccabilmente vestito con una giacca blu con bottoni d'oro, pantaloni beige, mocassini americani, la camicia azzurra, la cravatta di grossa lana gialla, un foulard di seta nel taschino. Dicono che la sinistra goda di «irriducibile vitalità». Il discorso è applicabile anche a lei, direttore? «Se vuol dire voglia di vivere, senz'altro. Mi piace molto la vita, mi piace l'amore, mi piacciono le persone e mi piace fare il giornale. Mi ha dato grande vitalità tutto questo, anche quando pensavo di morire. Ho lottato disperatamente per sopravvivere perché volevo vedere almeno il Duemila». Si riferisce al cancro di cui è stato operato anni fa? «Sì, quando me lo hanno detto ho pensato che non dovevo assolutamente arrendermi, ho costretto il chirurgo a operarmi nei giorni di Ferragosto. Ho capito tante cose da allora. Era l'epoca in cui stavo per uscire dalla Rai sconfitto perché volevano che cambiassi linea. Era un momento di rabbia e di sofferenza. Mi sono detto "no, non voglio darla vinta". Forse esagerai nel dire cattiverie su Demattè, che non avrei detto se avessi saputo che sarei sopravvissuto. Due ore prima di farmi operare feci una lunga dichiarazione all'Ansa sul Tg3». Però è sopravvissuto. Dopo il Tg3, Telemontecarlo, il Costanzo Show, la candidatura del Mugello e oggi di nuovo la direzione di un quotidiano e quindi la carta stampata. «Sì, ' un grande ritorno. La carta stampata è il mio vero grande amore. Malgrado le macchine e i computer, la sera verso le sette o le otto sopra a un foglio di carta o a una busta qualsiasi mi metto a ridisegnare tutte le pagine. Ai colleghi del Tg3 chiedevo il "menabò". Loro non sapevano inizialmente che co s'era, ma io pensavo già che il tg dp vessè* avere un'impaginazione». Si sente più giornalista o poli tico? «E' un intreccio. Tento di essere po litico comunista e di fare bene il giornalista. M'arrabbio per esempio anche qui a Liberazione, che è un giornale di partito, se non si danno tutte le notizie. Un conto sono i commenti, un conto le notizie». Essere comunista non le sem bra un po' anacronistico? «No, anzi penso che ritorni di grandissima attualità. Ho visto in America, durante un recente viaggio, fa re corsi molto seri sul marxismo e gli intellettuali. Stanno ristudiando Gramsci, cosa che da noi è stata ab bandonata. Il Papa polacco è anticomunista, ma quando parla contro il Fondo monetario internazionale sembra l'unico marxista rimasto» Perché tra D'Alema, Cossutta e Bertinotti lei ha scelto proprio Bertinotti? «L'ho scelto adesso. Se non ci fosse stata quest'ultima crisi avrei ascoltato le richieste di Bruna, mia moglie, di starmene calmo e di goderci un po' la nostra pensione». E allora che cos'è successo? «La continuazione della molla che mi aveva spinto a schierarmi contro Di Pietro. Sentivo la morte della politica». Lei era per un bipolarismo. «Sì, pensavo che finalmente ci sarebbero state la destra e la sinistra. E invece è una finzione, un bazar, accordi di sottobanco, un uomo di destra eletto nel collegio più rosso d'Italia, il Mugello. Ho detto: così non va. E mi sono ribellato per la prima volta, cosa che non feci nemmeno nel '56, pur dissentendo». D'Alema, Veltroni erano i suoi amici, i suoi ragazzi. Ora sono al potere e lei si allontana da loro. «Sì, l'ho fatto quando D'Alema è diventato premier. Non me la sento di appoggiare un governo che va da Cossutta a Cossiga. Dare voce a un'alternativa, è questo che cerco». Bertinotti non esagera un po' secondo lei? «No, ha delle idee, è molto moderno, semmai è Cossutta che è arcaico. Non siamo sempre d'accordo, ma lui è già nel Duemila». Chi sarà il prossimo Presidente della Repubblica? «Spero che sia un uomo che nasce dallo schieramento che vinse il 21 aprile, Ulivo più Rifondazione. Un democratico vero, senza scheletri nell'armadio né ombre. Potrebbe anche essere una donna». Faccia dei nomi. «Preferisco non farne, perché poi li bruciano. Per esempio è uscito un benissimo nome, quello di Emma Bonino, e l'hanno impallinata. Nelle prossime settimane bisognerebbe che lo schieramento del 21 aprile si mettesse d'accordo su una persona e conducesse la battaglia». Ma tra Martinazzoìi, Mancino, Ciampi, Prodi, Russo Jervolino chi sceglierebbe? «Sono tutti democristiani a parte la variante Ciampi. La Russo Jervoli- no mi piace come donna e anche come politico, Ciampi è una scelta naturalmente positiva e anche Martinazzoli lo stimo, ma non è detto che debba essere un democristiano. Deve essere una persona super partes, e occorre sceglierla adesso». Lei è grande amico di Montanelli: lui dice che siamo forse alla vigilia di un nuovo '68 e in qualche modo rimpiange Capanna. E lei? «Io stimo Capanna e soprattutto Montanelli. Mi piacciono molto le persone che hanno idee e che sono intelligenti. Io cercherò presto Montanelli perché vorrei che collaborasse a Liberazione. Siamo così diversi che nessuno potrà accusarlo di essere bertinottiano». Lei legge il Foglio di Ferrara come primo giornale. Perché proprio Ferrara, che lei combatteva al Mugello? Vuole fare dell'anticonformismo? «No, è che mi piacciono le persone intelligenti. Se uno leggeva attenta¬ mente il Foglio di Ferrara capiva la crisi del governo Prodi e il futuro nascere del governo D'Alema». Curzi, lei va sovente a Parigi, mangia ogni sera a Campo de' Fiori, alla Carbonara, fuma la pipa, gioca al casinò. «Sì, tento ancora di avere svaghi e anche amori. Ho detto che mi piace la vita, e per questo sono un comunista. Gli uomini in partenza dovrebbero essere tutti uguali, poi dovrebbero andare avanti quelli più intelligenti. Invece si stanno accrescendo le diseguaglianze, il divario ricchi e poveri. Noi viviamo nell'isola felice dell'Europa e facciamo soprattutto prevalere i furbi». Ma il suo pensiero non è un po' cattolico? «Il pensiero socialista-comunista è impastato con il sacrificio di Cristo. Non sono un credente, ma non mi dichiaro nemmeno un ateo. Sono un uomo fragile come miliardi di altri uomini. Parlando con il rabbino Toaff o con il cardinale Piovanelli, o quando regalai ai redattoli del Tg3 il libro del cardinale Martini sulla tv sentivo in loro cose che sento io». Lei è un idealista? «No, mi collego alle cose concrete e materiali. E' sciocco rifiutare le diversità, dire che non ci sono le classi. Certo, in qualche modo posso dire che forse sono cristiano. L'uomo Cristo era il vero rivoluzionario del suo tempo». Si trova meglio però a Parigi, dove trascorre le vacanze e possiede un appartamento. «Sì, trovo una vivacità che qui non c'è, una ricerca di idee diverse. Perché non ci mettiamo d'accordo, in questa Europa percepita dai piìi come l'Europa delle banche, per fare del 14 luglio la festa di tutta l'Europa? Si festeggia la Rivoluzione francese, bisogna riprendere il vessillo dell'uguaglianza, della fraternità e della libertà». Lei è nonno: che cosa dice ai nipoti? «Sono un nonno orgoglioso e parlo loro dei miei difetti, dei miei limiti, della mia vita, dei miei ideali, dei miei amici. Con le nipotinc piccole in vacanza mi capita di guardare il telegiornale e tento con loro di chiosarlo. Purtroppo i tg passano a volte coso orribili e spettacolari che non sono adatte ai bambini. 1 nonni devono dedicare tempo non per inculcare idee, ma per spiegare le esperienze della vita». Lei porta allo stadio i nipoti? «Mah, ciucilo grande - ahimé - così come mia moglie è tifoso della Roma mentre io sono laziale. Le mie nipotine di 7-8 anni sono divise: ima è romanista e l'altra laziale. Il padre le ha portate allo stadio. A me piace molto andare allo stadio, però c'è troppa violenza. Le bandiere naziste che ho visto sventolare e mi hanno dato un senso di amarezza». Quali sono i suoi divertimenti? «Forse l'aro il giornale. Un giornale senza ima lira, con persone che stanno imparando. A questo oggi dedico tutta la mia attenzione. Sono contento che i miei giovani del Tg3 e quelli di Tmc siano sempre più bravi. Mi sento soddisfatto quando un giovane impara a fare la professione». Ma perché tanto amore per il giornalismo? Si può ancora diventare giornalisti? «E' molto più difficile che per la mia generazione. Purtroppo molti lo lamio dicendo: visto che c'è un posto di lavoro, uno vale l'altro. Questi fanno mi grave errore e saranno infelici, perché per fare il giornalista ci vuole tanta curiosità, tanta voglia di cercare, di capire e di essere partecipi di tutto. Non capisco il giornalista che dice: di sport non m'intendo, di giudiziaria non so niente. Ci si può specializzare, ma dopo». Curzi, lei rimpiange il partito comunista di Togliatti? «No, non rimpiango niente. Penso che Togliatti, come De Gasperi, Mazzini e Garibaldi, facciano parte della storia di questo Paese e mi sembra ridicolo che per lare la politichetta di oggi se mio è di sùiistra debba nascondere le proprie origini. Io voglio bene e sono amico di Walter Veltroni, ma so fossi stato segretario dei ds sarei andato sì sulla tomba di Dossetti, che ammiro, ma avrei portato anche una rosa a Berlinguer e mi sarei soffermato da Gramsci e da Togliatti». Alain Elkann Se non si fosse aperta quest'ultima crisi mi sarei goduto la pensione con mia moglie Jij 66 Amo la vita e quando anni fa rischiai di perderla decisi di lottare per arrivare al Duemila jjj J CognomeCURZI, ; ^ AlESSANDRp . na,D il 4; marzo 1930 U: RPM ' CHtaflnenuo: .IIAUANA ; Residenza ROMA j^ooeGIORNA^m.... Hobby w POUTICA E II GIOCO (DALLA SCOPÉTTA AL «SINO} I TIFOSO MLU ÌAZiÓ. DA ■ 3berazione e la politicaore di Liberazione essandro Curzi. A tra, insieme con la moglie Bruna Il direttore di Liberazione Alessandro Curzi. A sinistra, insieme con la moglie Bruna