L'ombra doping su 45 morti di Alberto Gaino
L'ombra doping su 45 morti I dossier sui decessi riconducibili a gravi malattie raccolti con il passaparola di vedove ed ex compagni L'ombra doping su 45 morti Da Curi a Fortunato, indaga Guariniello TORINO. Nelle stanze della Procura circondariale la chiamano l'inchiesta delle vedove: si è presentata quella di Giuliano Taccola, poi è stata le volta della prima e della seconda moglie di Guido Vincenzi, ex dell'Inter e della Sampdoria. Ognuna con la sua storia di ricordi e sospetti, e anche di rimandi ad altri casi. Il caso di Beatrice, Fiorentina, morto di leucemia. Quello di Bruno Mora, nazionale, ex Samp, ex Juve, ex Milan, fulminato pure lui dalla leucemia. Misteri dolorosi per chi li ha raccontati al magistrato di Torino, Raffaele Guariniello, che si è messo in testa di scoprire e di proiettare nel presente i possibili scempi causati alla salute dei calciatori dieci e vent'anni dopo il loro ritiro dai campi di gioco. In un mese, attraverso il solo passaparola di vedove ed ex compagni di squadra, Guariniello ha messo in fila 45 casi di morte riconducibli a gravi malattie. Nel suo elenco vi sono nomi di bandiere del calcio, come Giorgio Ferrini, o di giovani calciatori scomparsi quando ancora inseguivano il successo. Uno per tutti quello del terzino bianconero Fortunato. E Picchi, Segato, Curi, Cucchi? Per ciascuno mia nota, una testimonianza. E ancora Frignane Gasperini, Ocwirk, Vavassori. Anche per loro una cartellina, con all'interno un appunto: la data di morte, la causa, l'età, un ap- punto per la sede più vicina dei Nas. Per approfondire e capirne di più. Guariniello inseguiva il doping dei giorni nostri, dribblando le testùnonianze reticenti dei dirigenti del nostro sport: ha scoperto che i controlli muovevano un mucchio di miliardi, ma restavano sulla carta. Ogni tanto un caso di positività. Ma più spesso passavano di mano in mano negli spogliatoi boccette con la pipì del massaggiatore o aranciata per allungare la propria. Per sicurezza, contrariamente ai regolamenti internazionali, i prelievi antidoping escludevano quello del Ph e della densità delle urine. Maghe larghe, tanto che a cascarci si doveva essere o figli di nessuno o reprobi per definizione. «Ma come, signor giudice, fui controllato 25 volte e solo all'ulthna scoprirono che facevo uso di cocaina?». Così l'ha messa giù Maradona davanti a Guariniello. E il magistrato: «Lei sospetta che prima la proteggessero, mentre quella volta no?». La risposta dell'ex Pibe de oro è segreto istruttorio. Ma si può immaginare: il complotto di cui ha parlato in prima persona o per interposti avvocati e procuratori resta appeso all'idea del tradimento, e quindi dell'abbandono. Personaggio maledetto, in campo e fuori, Diego Armando Maradona poteva essere cacciato in un solo modo. Passando per un laboratorio colabrodo come quello Coni dell'Acquacetosa (che per la cronaca riaprirà rinnovato a marzo, parola di Samaranch, il grande capo del Comitato olimpico internazionale). Guariniello raccoglie storie eclatanti e di cui, al contrario, non si conservava memoria. 0 peggio, non si sapeva nulla. Così la ricerca epidemiologica promossa dal magistrato torinese ha fatto emergere dall'ombra un calcio operaio, di quelli che non hanno mai conquistato le prime pagine o strappato contratti miliardari. Chi conosceva Dino Berardi fuori dalla cinta daziaria della sua Rimini? Il «calciatore ignoto» è arrivato trafelato un mattino nell'ufficio di Guariniello. Con le ecogra- fie di un rene spremuto - «dalle flebo piene di pasticci che mi facevano» - e poi sostituito. I ritagli di giornali romagnoli che gli hanno restiuito un quarto d'ora di notorietà e un biglietto ferroviario di seconda classe. «Vivo della pensione di invalidità. E se mi rimborsano le 30 mila lire del viaggio mi fa solo comodo». Berardi è stato appena un nome sui vecchi annuari del calcio. Mai un quadratino sull'album Panini. Ed eccolo lì con una borsa di plastica in una mano che ne racchiude la vita fra campi di periferia e ospedali. Guariniello ha inventato l'album dei calciatori morti e dimenticati. «Ah, Vincenzi? Chi l'avrebbe detto che era stato colpito come Ocwirk, suo vecchio compagno di squadra alla Sampdoria, di una rara malattia che blocca i muscoli e poi il resto del corpo!». Così reagiscono i tifosi ai brandelli di notizie su quest'mchiesta «minore». Stupiti che lo sport non abbia preservato uomini sani per definizione da una morte comune. Il magistrato infila le sue cartelline una sull'altra. Nessun imputato o reato da iscrivere nel registro degli indagati per questa inchiesta. Solo 45 tasselli per un puzzle senza confini che Guariniello ha chiamato studio epidemiologico per scoprire se di calcio si può anche morire. Alberto Gaino Nell'elenco della procura di Torino anche i nomi di Picchi, Ferrini e Vavassori Ma per ora non c'è alcuna ipotesi di reato Andrea Fortunato, giocatore della Juventus e Renato Curi del Perugia: due dei 45 casi di morte per grave malattia sul tavolo del pm Guariniello
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