«L'Europa? Tenetevela pure»

«L'Europa? Tenetevela pure» Il presidente durissimo: no a soluzioni politiche imposte come condizione per entrare nell'Ue «L'Europa? Tenetevela pure» Ankara: niente ricatti sulla questione curda ANKARA. Nel tentativo di risolvere la grana del leader curdo Abdullah Ocalan, il governo italiano è intenzionato ad «esplorare tutte le possibilità di avere un processo europeo giusto, equo, in cui ci sia uguale voce sia per l'accusa che per la difesa». Il ministro degli Esteri Lamberto Dini sa che «c'è naturalmente bisogno anche della collaborazione e del consenso della Turchia», e giudica dunque «decisivi» gli appuntamenti di martedì a Bruxelles, dove a margine di un Consiglio dei ministri degli Esteri dell'Ue Dini incontrerà il collega turco Ismail Cem, ed a Strasburgo, dove il Consiglio d'Europa dovrà esaminare la richiesta italo-tedesca per un «tribunale europeo» che giudichi i leader del Pkk. Ma la risposta della Turchia è giunta già ieri. E non è stata certo incoraggiante. Il Parlamento europeo aveva pubblicato giovedì un rapporto invitando il governo di Ankara a riconoscere una «autonomia culturale» ai curdi, e ad accogliere la tregua dichiarata dal Pkk. Commentando il rapporto, il Presidente turco Suleyman Demirel ha però lanciato un duro monito a chi cerca di imporre una soluzione politica al conflitto curdo, puntando «a dividere» la Turchia come condizione per l'adesione del Paese all'Unione europea «In questo caso - ha detto Demirel - possono pure tenersela, l'Unione europea». Anche lo Stato Maggiore delle forze armate turche, costituzionalmente «custodi» della laicità delle istituzioni statali, è sceso in campo a sostegno del Presidente, respingendo qualsiasi negoziato con «i sanguinari assassini» del Pkk e rifiutando ogni ipotesi di riconoscimento dei diritti culturali ai curdi, prendendo a pretesto l'assenza di una loro lingua comune (esistono 5 dialetti curdi principali). Ankara teme infatti che il «processo europeo» ad Ocalan si possa trasformare in un processo politico contro la stessa Turchia, per i metodi con cui conduce la lotta al terrorismo curdo e per il mancato rispetto dei diritti umani e delle minoranze. E' ormai chiaro dunque che Ankara porrà il suo veto quando, domani, l'ipotesi del «processo europeo» verrà discussa a Strasburgo dal Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa, l'organizzazione che raccoglie 40 Paesi fra cui la stessa Turchia. Ad irritare i dirigenti turchi è arrivata ieri anche la soluzione di una vecchia controversia presentata davanti alla Corte europea per i diritti umani. Le forze di sicurezza turche erano state accusate di avere torturato e poi ucciso cinque giovani curdi nel 1992: per evitare una condanna, le autorità di Ankara hanno deciso di pagare un forte indennizzo (320 milioni di lire circa) alle famiglie di due delle vittime. Riconoscendo l'irrigidimento delle posizioni in patria, anche il nuovo premier incaricato turco, Bulent Ecevit, ha dovuto fare marcia indietro. Pur confermando l'avversione del sua partito (Sinistra democratica) per la pena di morte, ha ammesso che presentare un progetto di legge per la sua abolizione «sapendo che non sarà approvato, comporterebbe effetti negativi all'interno ed all'esterno» della Turchia. [f. sq.] Dopo il rapporto di Strasburgo scende in campo anche lo Stato Maggiore: no al negoziato con i sanguinari assassini del Pkk di Ocalan, nessun riconoscimento dei diritti culturali alla minoranza Il presidente turco Demirel e il collega egiziano Mubarak in visita ad Ankara passano in rassegna il picchetto d'onore