Detenuto vuol donare il secondo rene alla figlia
Detenuto vuol donare il secondo rene alla figlia CALIFORNIA L'uomo deve scontare ancora tre anni, preferisce condannare se stesso alla dialisi piuttosto che la ragazza Detenuto vuol donare il secondo rene alla figlia // primo, trapiantato nel '95, non funziona più: un dilemma etico NEW YORK NOSTRO SERVIZIO David Patterson ha un rene solo perché l'altro lo ha donato alla figlia Renada, che con un rene solo (e malfunzionante) era nata. Ora però la ragazzina, che ha 15 anni, sta di nuovo male. Il rene del padre che le è stato trapiantato tre anni fa ha cessato di funzionare come si deve e lei è stata risospinta nella vita di prima, ancorata alla dialisi che le impediva di andare a scuola, di uscire con le amiche, insomma di disporre delle sue giornate come le persone normali. Il padre ha detto di volerle donare anche il rene che gli è rimasto e così facendo ha scatenato un problema di etica difficilmente risolvibile, complicato oltre tutto dal fatto che David Patterson è in prigione. Anni fa, quando Renada era appena nata, lui se n'era anda¬ to, lasciando la piccola con sua madre, Viki Daniel, e si era smarrito nel labirinto dei furti e dello spaccio di droga. La condanna che sta scontando prevede ancora tre anni da passare nel penitenziario di Sacramento, in California. Era già lì quando venne a conoscenza della situazione di Renada. La madre non poteva darle uno dei suoi reni perché era diabetica e un rene «estraneo» che le era già stato trapiantato era risultato «incompatibile». Lui si fece esaminare e le analisi dissero che era il donatore ideale. L'operazione fu effettuata e da allora Renada ha avuto il suo scampolo di vita normale, per di più arricchita da quel padre ritrovato sia pure a metà, visto che i loro rapporti avvenivano attraverso le visite in prigione (rare, perché la ragazza e la madre vivono a San Francisco), le lettere e le telefonate. Ma ora, si diceva, il problema è quello del secondo rene. I medici si dicono bloccati dal «giuramento di Ippocrate» secondo cui non si può distruggere una vita per salvarne un'altra. Wade Smith, che presiede la Commissione etica dell'ospedale di San Francisco in cui Renada è ricoverata, dice che anche se la sua Commissione deliberasse che sì, si può procedere, sarebbe estremamente difficile trovare i due chirurghi (uno per prelevare il rene di David, l'altro per trapiantarlo su Renada) disposti a compiere l'operazione. E poi c'è un'altra questione, molto più prosaica, da risolvere. Donando il suo secondo rene alla figlia, infatti, David non si condannerebbe a morte ma a una vita di dialisi. E questo, almeno per i prossimi tre anni, significherebbe che il sistema carcerario dovrebbe pagarne i costi: 40.000 dollari l'anno. Ma l'intreccio delle questioni non finisce con quella etica e quella economica. Ce n'è anche una scientifica. Il fatto che il primo rene di David trapiantato su Renada a un certo punto abbia smesso di funzionare può voler dire che lui come donatore non era poi così ideale come si pensava. Che senso avrebbe forzare il «giuramento di Ippocrate» e intaccare le finanze del sistema carcerario per compiere questa nuova operazione, se poi il risultato sarà lo stesso della prima? Il dibattito continua, e intanto Renada aspetta. La madre Viky dice che nessuna commissione dovrebbe interferire in un «affare di famiglia» come quello. Un Pastore che la assiste si dice stupito di come una cosa bella come il sacrificio di un genitore venga «involgarito» da questioni come quelle sollevate; quanto a Renada, la madre dice che «ama il padre ma vuole anche il suo rene». [f. p.l
Persone citate: David Patterson, Wade Smith
Luoghi citati: California, New York, Sacramento, San Francisco
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