Con i Ds è braccio di ferro di Guido Tiberga
Con i Ds è braccio di ferro Con i Ds è braccio di ferro Franceschini: «Perché non ci stiamo» marini ROMA I L Quirinale avrà anche freB nato. Il presidente Scalfaro avrà pure spiegato che, quando parlava di referendum, non si riferiva proprio a «questo» referendum. Resta il fatto che, nella maggioranza, i Popolari insistono ad attaccare i Ds. «Vogliono il referendum? - dice Dario Franceschini, il numero due del partito -. E allora che ne sopportino le conseguenze fino in fondo. Non si possono portare al voto cinquanta milioni di italiani e poi dire a tutti: scusate, ma abbiamo scherzato...». Non è contraddittoria la vostra posizione? «A me pare limpidissima: dove sarebbe la contraddizione?». Siete contro il referendum, però volete portarne i risultati all'estremo... «Noi siamo contro il referendum Segni perché spinge il Paese verso il bipartitismo. Cancellando la scheda per il voto di lista si riduce tutto a un testa a testa tra due soli simboli. Già si fa fatica a tenere insieme le alleanze, se li vede lei due partitoni con Di Pietro e Cossiga da una parte, Rauti e Taradash dall'altra? E poi non dimentichiamo che i partiti venuti fuori dalle ultime elezioni erano otto. Gli altri sono nati dopo, dalla fantasia dei loro fondatori. Otto partiti: lo specchio esatto della realtà italiana». Non sarà che avete paura di scomparire? «Noi? Qualunque sia la legge elettorale, i nostri voti saranno sempre determinanti. Specie adesso che Rifondazione si è staccata a sinistra, la possibi- lità di vincere passa attraverso la nostra tenuta». Franceschini, il vostro applauso all'idea di andare al voto dopo il referendum è un tentativo di forzare la mano? «Pensare di poter forzare la mano da soli, da parte nostra, sarebbe un eccesso di autostima. Noi, da mesi, stiamo cercando di arrivare a una legge elettorale, e non troviamo nei nostri alleati troppa voglia di lavorare con noi. Specie nei Ds, che fanno il braccio di ìerro sul doppio turno di collegio. Noi siamo per il doppio turno di coalizione, e allora trattiamo, visto che non siamo i soli...». Che cosa vuol dire? «Folena l'ha già definita una "battuta infelice", ma io insisto nel ricordargli che sul doppio turno di coalizione ci sarebbe già una maggioranza molto ampia: popolari, verdi, socialisti, comunisti italiani. Più Rifondazione e tutto il Polo. So bene che le riforme non si fanno a dispetto degli alleati. Ma questo non vale solo per il Ppi». Quindi lei dice a Veltroni: noi non facciamo una nuova legge elettorale contro di te, ma tu non devi farla contro di noi. E' così? «Non proprio: la maggioranza per fare comunque la riforma che piace a noi ci sarebbe, quella per il doppio turno di collegio no. Quindi i Ds farebbero meglio a non tirare troppo la corda. E a ricordarsi che se i cittadini voteranno "sì" al referendum - sempre ammesso che la Consulta non lo ritenga anticostituzionale - vorrà dire che vogliono un sistema a turno unico». Il referendum non permette di scegliere con quanti turni votare. Che cos'è questa, una provocazione? «Guardi che noi siamo contrari a questo referendum. L'unico risultato che avrebbe sarebbe una diversa distribuzione dei 175 seggi che oggi sono assegnati con la quota proporzionale, che finirebbero ai "migliori secondi". Sa che cosa significa? Che in un collegio su tre vincerebbero tutti, sia il candidato del Polo sia quello del centrosinistra. Alla faccia del bipolarismo e della governabilità. Per noi è assurdo, ma i i "omotori del referendum ci dicono che sarebbe un toccasana. E allora perché proprio loro dicono che, prima di andare a votare, ci vorrà un'altra legge?». Guido Tiberga «Se la Quercia vuole il referendum, subisca le conseguenze. Si spinge il Paese verso il bipartitismo cioè verso il caos» Sopra: il segretario del Ppi Franco Marini Qui ac Piero . dei Ds nto: lena
Luoghi citati: Roma
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