MEMORIA DELL'ORRORE OBLIO DEL CORAGGIO di Barbara Spinelli

MEMORIA DELL'ORRORE OBLIO DEL CORAGGIO LA GERMANIA DISCUTE DI OLOCAUSTO MEMORIA DELL'ORRORE OBLIO DEL CORAGGIO NON sarà male, in questi ultimi giorni dell'anno, che i responsabili europei ricordino con gratitudine quel che Kohl ha lasciato loro in eredità. La Moneta Unica che prenderà forma il primo gennaio, il nuovo poderoso potere sovrannazionale che s'incarna nella Banca centrale europea, la calma con cui undici governi e undici Banche centrali hanno accettato di abdicare a preziosi diritti sovrani: tutti questi eventi non sarebbero cosi semplici, se Kohl non li avesse voluti con testarda costanza, con senso acuto dell'urgenza, senza badare alla propria crescente solitudine in patria. E' come se il Cancelliere avesse presentito i pericoli che potevano venire dalla stessa sua nazione, e si fosse affrettato a incasellarla presto dentro l'Europa prima che fosse troppo tardi: prima che si cristallizzassero nuove torme di nazionalismo, prima che avvenisse il cambio di generazione ai vertici dello Stato, prima che la nazione si stancasse di ricordare orrori ed errori della propria storia. Dobbiamo al suo straordinario fiuto dell'ora propizia - già manifestatosi ai tempi dell'unificazione nazionale - se l'Euro si è potuto fare con la vecchia Germania da lui diretta, e non con la nuova Germania mutante, disinvoltamente concentrata sui propri interessi, priva ormai di complessi verso il passato, che Gerhard Schròder rappresenta. E tuttavia sarà .questa nuòva Germania che avremo di fronte, nell'Unione. E' con questa nazione che toccherà discutere, costruire ulteriori pezzi d'Europa, preparare il futuro. Non sarà una Germania facile, nonostante le affinità tra socialdemocratici, laburisti, socialisti, che oggi governano nel vecchio continente. Una prima prova è già venuta col caso Ocalan. Sarà una Germania che si congeda dalla politica della memoria praticata da tutti i Cancellieri, fino a Kohl. Sarà un Paese con un potente sotterraneo desiderio: chiudere il capitolo di Auschwitz, smettere la memoria ossessiva dei crimini, delle colpe. Ridivenire nazione normale, entrare nel futuro con un grande gesto liberatorio che liquidi il passato: questa è l'ambizione di buona parte dei nuovi dirigenti tedeschi, il cui passato non e la guerra ma il Sessantotto. Il ritor¬ nrdasctalsriplsvulNnspsppmt«duipm no alla Normalità è motivo ricorrente in tutti i discorsi di Schròder. E' motivo ricorrente anche in altre nazioni europee, e per questo è così essenziale il dibattito che si è aperto in Germania subito dopo la vittoria di Schròder, attorno a temi come la memoria, la rimozione, l'oblio. E' stato lo scrittore Martin Walser a rompere per primo il tabù, l'I 1 ottobre, in occasione del Premjo per la pace dei librai tedeschi. Da allora la disputa si è estesa, facendosi sempre più passionale, aggressiva, fino ad aprire un fossato fra un certo numero di intellettuali e la comunità ebraica tedesca. Nella sua allocuzione, Walser non nega Auschwitz, non nasconde l'onta del passato. Chiede però che onta e memoria e coscienza diventino qualcosa di privato, di intimo, di sottratto al pubblico. Si erge contro le commemorazioni pubbliche, ritenute ipocrite. Si adira contro la «strumentalizzazione» politica del genocidio, contro la Shoah usata «come clava morale» per intimidire permanentemente un popolo. Queste inquietudini sono molto comprensibili, in una nazione che continua a cercare un suo modo per elaborare il lutto, e per non restare prigioniera del passato. Ed è vero che il genocidio degli ebrei è frequentemente strumentalizzato. Basti pensare alle grida indignateci intellettuali americani, quando Scientology fu proibita in Germania. Basti pensare agli intellettuali di sinistra come Gùnter Grass, che vedevano nella divisione della Germania una giusta punizione inflitta dai vincitori della guerra. Walser si incollerisce non senza ragione, solo che la collera non serve a universalizzare l'esperienza del male, a denunciare gli stermini moderni in Bosnia, Ruanda, Algeria. La collera lo conduce a più intimistiche convinzioni: all'elogio della rimozione, dell'indifferenza, al diritto sacrosanto di «non guardare» il male, di «voltare la testa da un'altra parte», di nascondere le emozioni nell'inviolabile santuario interiore della coscienza, di pensare il «mondo più bello, molto più bello di quello che Barbara Spinelli CONTINUA A PAGINA 2 PRIMA COLONNA R

Persone citate: Gerhard Schròder, Grass, Kohl, Martin Walser, Ocalan, Walser