«Carretta non può stare in cella»

«Carretta non può stare in cella» «Due ore di colloquio ci sono bastate per capire il suo stato mentale* «Carretta non può stare in cella» Lo psichiatra: deve essere internato PARMA DAL NOSTRO INVIATO «Se Ferdinando Carretta avesse incontrato un medico prima di oggi, certe cose non sarebbero successe», ammette Cesare Piccinini, lo pischiatra che per la prima volta entra nella mente del giovane di Parma, che si autoaccusa del triplice omicidio dei suoi genitori e del fratello Nicola, ammazzati nove anni fa a colpi di pistola. «Il mio paziente...», lo chiama più volte lo psichiatra, che per due ore e mezza raccoglie la confessione dell'odio di Ferdinando verso il padre, trenta anni come contabile, vacanze in camper e l'appartamento dignitoso con qualche alberello in giardino. «Dovevo farlo...», ripete Ferdinando Carretta. «E poi dovevo scappare, non avevo altra scelta. Non me la sentivo di confessare a un medico perchè stavo così male», dice per l'ennesima volta. E adesso i medici sono lì, nella saletta al pian terreno del carcere di via della Burla. Una mattinata di colloqui e lo psichiatra Cesare Piccinini consegna al giudice Vittorio Zanichelli la sua prima valutazione. Quella che deve dire se Ferdinando Carretta può rimanere in carcere, quella che adesso gli apre le porte di un ospedale psichiatrico giudiziario, forse Reggio Emilia. «Pensavo di impiegare una settimana per decidere, sono bastate due ore di colloquio», racconta Cesare Piccinini. «Io e gli altri periti condividiamo lo stesso parere», assicura. «Abbiamo dato la stessa valutazione», ammette Giovanni Cassano, perito per l'accusa. «Non diremo niente di più», fa muro Vittorino Andreoli, psichiatra per la difesa. «Ferdinando Carretta ha collaborato nel ricostruire tutto», conferma Piccinini, dopo le due ore di colloquio, di test, di valutazione per accertare che le mura del carcere non vanno bene per Ferdinando, che necessita invece di cure approfondite, in una struttura ospedaliera, che garantisca adeguati livelli di sicurezza per sè e per gli altri. «Il luogo esatto lo deciderò lunedì. Reggio Emilia non è un bel posto? Quale ospedale psichiatrico giudiziario lo è...», non ha altre chance, il giudice Vittorio Zanichelli. Che insieme al ricovero conferma la necessità dell'isolamento per Ferdinando Carretta, almeno fino al termine della perizia psichiatrica. Quando tra due mesi si saprà se anche nove anni fa, al momento dell'omicidio, Ferdinando era capace di intendere e di volere. «Questo non significa che le indagini si fermino, che le ricerche per trovare i cadaveri si interrompano», assicura il giudice. E codice alla mano spiega che l'eventuale non punibilità di Ferdinando se sarà accertato che non è sano di mente, non esclude una sentenza di merito della corte d'Assise, anche se non accompagnata da una condanna, accertata dai periti l'incapacità di intendere e di volere. E allora le indagini vanno avanti. Di pari passo con le smentite. Come quella di Francesco Saverio Brancaccio: «Dire che abbiamo trovato tracce di sangue dei Carretta nella discarica è un falso. Non sappiamo se sia sangue. E' impossibile dirlo». Si sa che nella discarica di Viarolo è stato trovato un pezzo di coperta. Nessuno è in grado di assicurare che quello straccio, emerso da una montagna di detriti, sia appartenuto ai Carretta. Nemmeno Ferdinando, al quale è stato mostrato. Non l'ha riconosciuto. Poi, di macchie di sangue, là sotto, ce ne sono fin troppe. Tante da far impazzire i sonar, le geo sonde impiegate nelle ricerche per un giorno sospese. «L'area è ancora troppo vasta, dobbiamo delimitarla ulteriormente», spiegano i tecnici. I punti di riferimento dati da Ferdinando Carretta, il cumulo di sabbia, la sbarra che bloccava l'accesso dello sterrato, i pioppi selvatici ai lati della stradina, nove anni dopo quella notte del 4 agosto non ci sono più, potrebbero essere stati spostati, anche il fiume Taro che ha straripato più volte potrebbe aver modificato la geografia della zona: alcuni terreni sono stati spostati di 500 metri. «Abbiamo delle foto nuove, risalgono a nove anni fa, dobbiamo mostrarle a Carretta», sperano gli analisti della Geo Invest che alle sei di sera, planimetrie della discarica alla mano, insieme al magistrato tornano nel carcere di via della Burla. «Ma io non dubito della confessione del mio cliente», assicura l'avvocato Filippo Dinacci. «Non ho dubbi perchè la sua è una confessione dettagliata. Non ci sono grandi elementi di contraddizione nel suo racconto», spiega. «Anche se passi avanti negli ultimi giorni non ne sono stati fatti...», ammette, prima di confermare che la prova definitiva, quella che potrebbe chiudere il caso, ancora non c'è. «Certo, mancano ancora i cadaveri...», ma forse è solo questione di tempo. Fabio Potetti Nella discarica è stato trovato un pezzo di stoffa I sonar a caccia di tracce di sangue ' Ferdinando Carretta fotografato negli ultimi giorni di libertà a Londra

Luoghi citati: Londra, Parma, Reggio Emilia