La tv manipolatrice col pilota automatico di Paolo Guzzanti

La tv manipolatrice col pilota automatico F FUORI DAL CORO =1 La tv manipolatrice col pilota automatico ON candore Vittorio Cecchi Gori diceva ieri una verità semplice e mostruosa al tempo stesso: e cioè che chi mette le mani sulle partite di calcio, i magazzini di film e la confezione delle notizie possiede non la televisione, ma l'anima della gente. E può farne quel che vuole. Cecchi Gori ha omesso di ricordare fra gli ingredienti il riempitivo anestetico quizzarolo che aiuta a ridurre la consistenza televisiva a una dorata fanghiglia malgrado i non più irresistibili dibattiti, ma dalle sue parole una seconda ovvietà prende comunque corpo: in Italia il potere manipolativo della televisione, benché devastante, non è in realtà esercitato da nessuno: è un automatismo. Avevamo paura del Grande Fratello? Beh, non c'è perché non serve. C'è il pilota automatico. Siamo però alle soglie, ci viene gridato, della rivoluzione digitale con i suoi mille canali iresistibilmente monotematici, dall'equitazione al cucito senza far torto alla cartomanzia. Ma ci vorranno tempo e migliaia di partite di calcio prima di spostare blocchi cementificati di spettatori che non ricordano più come si esercita una scelta. Dunque, tranquilli. Intanto si consolida un conformismo accessibile a tutti senza malizia e senza fatica che, crescendo, fa massa e attrae per la legge di Newton i fluidi di consenso che si vanno ad addensare dove si raggruma l'ascolto. Si forma in questo modo un consenso tosto e semplificato, una sorta di famelica sottoscrizione collettiva contro la fame nel mondo, ma progettato come protesi per non affaticarsi. Un consenso non intelligente ma da incasso immediato, accuratamente scortecciato dalla memoria. Eppure la televisione potrebbe essere, oltre che il tempio della realtà, anche il provvidenziale banchetto della memoria, madre dell'identià: tu ci mostri chi siamo e noi possiamo elaborare la libera scelta del nostro futuro. Ma, interpellata sulla memoria, la televisione risponde soltanto «dadaumpa». E su quel dadaumpa edifica grattacieli di nostalgia musicale del nulla, mentre giù I alla base si sgretola definitivaI mente la memoria collettiva di una nazione che non è nata il 17 marzo 1861, ma che ha la più antica e coerente identità smarrita. Se oggi è possibile travestirsi da scozzesi proclamandosi celtici e gridando «raus» è perché il massacro della memoria e già avvenuto e ormai ci nutriamo della sua poltiglia ridotta a Nutella Universalis. Il massacro è avvenuto e prosegue proprio in televisione, dove tutte le pagine possono essere ormai agilmente voltate («voltar pagina» è la più gettonata parola d'ordine) senza il disturbo di leggerle prima. Siamo però stati nel frattempo ben addestrati ad un esercizio sapiente: il riconoscimento e l'accettazione dell'emergenza. L'emergenza, qualsiasi emergenza, curda, economica, terroristica, europea, ha infatti il potere di imbossolare il presente e piallare la memoria al grido di voltiamo pagina, al quale la televisione risponde con il suo congenito automatismo spianando ogni pericolosa gibbosità del ricordo, proprio grazie agli strumenti che rivendicava Cecchi Gori: la partita, il filmone, il giocone, l'estrazione del miliardone. E non è colpa di nessuno, questa la tragedia. 1 telegiornali si trovano senza scelta né colpa farciti di luoghi comuni perché la memoria piallata non sopporta che luoghi comuni. I dicitori di notizie, distinguendosi dai colleghi di tutto il restante mondo, mimano direttamente i sentimenti autorizzati, anticipando e correggendo ogni velleità d'interpretazione. In questo modo si consolida una superdemocrazia in cui non è più necessario, anche se può essere considerato sportivo, distinguere fra destra e sinistra: materia, questa, già disossata da una satira ormai costretta a chiedersi da sola la carta d'identità. Paolo Guzzanti nti |

Persone citate: Cecchi Gori, Newton, Vittorio Cecchi Gori

Luoghi citati: Italia