Ds-Ppi, ritorna il gelo sotto l'Ulivo

Ds-Ppi, ritorna il gelo sotto l'UlivoRiforme, riappare rincomunicabilità a sinistra. Amato costretto a convocare un vertice Ds-Ppi, ritorna il gelo sotto l'Ulivo Diliberto: usciamo da Tangentopoli ROMA. Migliorano di ora in ora le relazioni diplomatiche tra maggioranza ed opposizione a proposito di riforme. Ha dato una mano anche il ministro della Giustizia, Diliberto, che ha vagamente accennato a proposte allo studio per chiudere con l'era di Tangentopoli. Accenni, in verità, cautissini, smorzati a sera da un comunicato del ministero che esclude sia allo studio «la cosiddetta soluzione politica per Tangentopoli». Cioè, una amnistia o roba del genere. «Esiste un disgelo - ha comunque rilevato il senatore Marcello Pera, di Forza Italia - prendiamo atto che si sta ponendo il problema dell'uscita da Tangentopoli». Ma al disgelo con l'opposizione si contrappone, paradossalmente, il gelo polare all'interno della maggioranza di governo tra diessini e popolari. Divisi proprio dalle riforme possibili. Prima tra tutte la riforma elettorale. Tanto divisi che, alla fine, il presidente dei senatori diessini, Cesare Salvi (attivissimo nei contatti col Polo) ha chiesto al ministro per le Riforme, Amato, di convocare una riunione dei partiti della maggioranza per un chiarimento con gli alleati, primi tra tutti i popolari. «Le possibilità di un disgelo ci sono - dice Salvi anche se ancora molto ristrette. Non vi è dubbio che, a questo punto, occorre un confronto diretto all'interno della maggioranza. Non vorrei, infatti, che fossero proprio queste divisioni a rendere difficile il camminò». E viene così allo scoperto, con un linguaggio insolitamente ruvido e schietto, il duello durissimo che sta contrapponendo il partito di Marini a quello di Veltroni. Salvi, per esempio (lui dice di avere pieni poteri a trattare), descrive i popolari come «pregiudi zialmente contrari ad ogni ipotesi di soluzione» aggiugendo, con velata minaccia, che spera che «non si autoescludano». Insomma, Ce¬ sare Salvi fa la voce grossa schierando le truppe favorevoli ad un sistema elettorale col doppio turno di collegio. Ed elenca Cossiga, Dini, Prodi e Maccanico, più la Lega. E infierisce: «La resistenza principale all'attuazione del programma dell'Ulivo proviene dal Ppi». E i popolari cominciano a perdere la pur proverbiale pazienza ereditata con i cromosomi democristiani. Perché si sentono sotto assedio, con i diessini di Veltroni (ah, come era diverso D'Alema, è il rimpianto di Marini) che attaccano da un lato e Romano Prodi che attacca a testa bassa dall'altro. Una tenaglia, guarda caso, tenuta dall'ex presidente del Consiglio e da quello che fu il suo affiatato vice. Il primo ad essere spazientito, secondo una indiscrezione raccolta dalla Adnkronos (definita «fantansiosa ricostruzione» dal Ppi) è proprio il segretario Franco Marini. Che ai segretari provinciali riuniti avrebbe detto: «Insomma, se uno è un buon cristiano e magari anche un po' coglione, quando prende quattro o an¬ che cinque schiaffi magari porge ancora l'altra guancia. Ma al sesto schiaffo anche il miglior cristiano, anche il più coglione lo restiuisce...» Gli schiaffoni sono quelli di Prodi, spiega Marini. Che nel comportamento ostile dell'ex presidente del Consiglio ci vede «un pizzico di ingratitudine. Guardate sulla legge elettorale. Non sa nemmeno lui cosa vuol fare. Ha solo questo senso di rivalsa...». Cioè, voglia di vendetta. E poi c'è quel Veltroni: «Se proprio non può fare a meno di visitare tutte queste tombe, lo faccia a scadenza almeno semestrale, se no diventa ostentazione...». Così si sparano bordate i partiti alleati.di governo (e D'Alema non ne gioisce affatto perché questo gli rende la vita più difficile). In un contenzioso che pare senza soluzione. I popolari, per far vedere ai diessini che non si spaventano, rispondono che sono loro ad avere una maggioranza del 70 per cento favorevole al doppio turno di coalizione. Ed elencano Polo, Verdi, socialisti, cossuttiani, Rifondazione. Fatevi bene i conti, ribattono puntigliosi i Ds del Senato. Anche il Polo si mostra disponibile a soluzione diverse da quella che piace ai popolari. E quindi si conferma che «è la posizione dei popolari il mag- tiore ostacolo alla riforma elle legge elettorale». E ora tocca al ministro Amato tentar di riportare la pace tra alleati che si accapigliano in modo così pericoloso per la buona salute del governo. Alberto Rapisarda re. - ha co senatore rza Italia si sta poell'uscita l'opposine, parapolare aloranza di e popolae riforme utte la rilla fine, il ori diessitivissimo ) ha chie Riforme, una riudella chialeati, lari. n dialvi to riubbio lari come «pregiudi zialmente contrari ad ogni ipotesi di soluzione» aggiugendo, con velata minaccia, che spera che «non si autoescludano». Insomma, Ce¬ li ministro della Giustizia Oliviero Diliberto sedio, con i diessini di Veltroni (ah, come era diverso D'Alema, è il rimpianto di Marini) che attaccano da un lato e Romano Prodi O li ministro della Giustizia Oliviero Diliberto A destra il senatore di Forza Italia Marcello Pera Sotto l'ex ministro Antonio Maccanico Sulla giustizia prosegue il dialogo fra i due Poli E su Marini l'incubo-Prodi Il capogruppo dei Ds Cesare Salvi

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