NON BISOGNA AVERE PAURA DELIA TURCHIA
NON BISOGNA AVERE PAURA DELIA TURCHIA APERTURA DI ECEWTNEL CASO OCAIAN NON BISOGNA AVERE PAURA DELIA TURCHIA IL poeta Bulent Ecevit, nuovamente incaricato alla testa del governo turco, ha impresso una svolta al contenzioso che, a causa di Ocalan, oppone la Turchia all'Italia. La sua apertura a Roma, che potrebbe impegnare Istanbul a cancellare la pena di morte, mette una luce positiva sulla continuità delle buone relazioni tra i due Paesi, che furono bruscamente interrotte dall'affare curdo. La clamorosa mossa di Ecevit rende più che mai obsoleto il grido di terrore «Mamma li Turchi» che attraversava l'Europa cristiana nei tempi andati, riecheggiando perfino nelle più recenti cronache italiane. La Turchia ha infatti continuato a godere presso gli europei di una fama dubbia, sovente pessima, quasi sempre superficiale e ingenerosa. «Turco» è stato per noi sinonimo di barbaro, impalatore, stupratore, saccheggiatore eccetera. Quella sbrigativa condanna non faceva nemmeno troppe distinzioni tra la Turchia imperiale e islamica del passato e la Turchia kemalista, repubblicana e laica dell'età moderna. Non a caso dopo le tensioni provocate dal caso Ocalan, tanti italiani, dimentichi di quanto accade nei civilissimi stadi di Firenze e di Roma, s'aspettavano l'avvento di chissà quale catastrofe nei paraggi di Istanbul durante o dopo la partita Galatasaray-Juventus. Invece no. Fra lo stupore degli stessi giocatori juventini, dei loro assistenti, dei giornalisti e milioni di telespettatori, non è successo nulla di drammatico. A nessun italiano è stato torto un capello. La folla turca ha costretto entro limiti decenti la naturale tifoseria. Le autorità hanno quindi esagerato schierando più di ventimila gendarmi a tutela dell'ordine pubblieoi' Direi che hanno soltanto peccato di zelo, dimostrando però al tempo stesso un alto senso di responsabilità politica ed esibendo un altissimo e irreprensibile livello di efficienza tecnica: volevano evidentemente tappare ogni buco, chiu¬ dere ogni spiraglio anche minimo, onde evitare l'incidente casuale del folle che spara nel mucchio. Non si dimentichi che la Turchia è stata da sempre la Prussia del Mediterraneo sudorientale. Lo è stata in tutte le sue versioni, sia balcaniche che asiatiche, sia imperiali che repubblicane, sia nell'alleanza con la Germania durante la prima guerra mondiale che nell'associazione alla Nato dopo la seconda. Il fondamentale genio turco, il genio militare, è il marchio che ha segnato in profondità l'intera storia anatolica. L'armata ottomana era nel Cinquecento la più temibile perché la più moderna di tutte. Essa muoveva all'assalto come una grandiosa impresa di distruzioni, con architetti che studiavano le difese delle città assediate, artificieri e ingegneri che fondevano i cannoni sotto le mura nemiche, soldati disciplinati e anonimi come i «serdengestleri», vocati alla morte, ai quali era proibito ritornare senza prigionieri e vivi dal combattimento. Al genio castrense faceva però da paradossale contrappunto il talento politico della tolleranza religiosa e multietnica. All'espansione ottomana nei Balcani e in Arabia contribuirono più i vinti che i vincitori: ammiragli e vizir albanesi, giannizzeri serbi e bosniaci, diplomatici greci, cavalleggeri curdi, amministratori ebrei e armeni. Cacciati dalla Spagna nel XVI secolo, gli israeliti iberici trovarono larga ospitalità nelle terre della Mezzaluna Fertile. Neppure il grande Kemal Atatùrk, il fondatore rivoluzionario della Turchia postottomana e secolarizzata, che abolì il fez per indossare il frac, lo si spiega senza il profondo retaggio militare. Egli era un soldato nazionalista e laico che guardava all'Europa. Così come la sua vera erede politica, la giunta in uniforme, la vestale del laicismo turco, guarda oggi più a Bruxelles che alla Mecca. Enzo Bettiza DISGELO ROMA-ANKARA // nuovo premier: «Aboliamo la pena di morte» Candito e Molinari A PAGINA 5
Persone citate: Bulent Ecevit, Ecevit, Enzo Bettiza, Kemal Atatùrk, Mezzaluna, Molinari, Ocalan, Turchi
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