Mila lo scandaloso

Mila lo scandaloso A Torino una giornata in ricordo dell'intellettuale scomparso dieci anni fa: l'intervento di Zagrebelsky Mila lo scandaloso Rigore morale e battaglie controcorrente % i IL rigore morale, unito a una 1 certa tendenza alla con/I traddizione dell'ovvio, alla ri «bastiancontrariite» - una AAJ tendenza che lo stesso Mila in più circostanze ha riconosciuto sono ascrivibili due atteggiamenti politici «scandalosi»: il voto, anzi il non-voto, nelle elezioni del 18 aprile 1948 e la presa di posizione sulla pena di morte nel 1981. In quelle elezioni, dove tutto portava a prendere comunque partito, Mila si permette di non schierarsi e scrive a Mario Paggi: «Mi rimprovererai un eccesso orgoglioso d'individualismo, e mi ammonirai che in politica non esistono confezioni su misura?... Il voto è una cosa seria, un affare di coscienza: e gli affari di coscienza non si decidono con un compromesso, chiudendo gli occhi su qualche punto e adattandosi a scegliere il male ritenuto minore, ma che è pur sempre male. Il voto s'ha da dare con certezza piena e con gioia, o niente». E aggiunge: «Non sarò stato solo a sentirmi in questa condizione, e sono sicuro che anche queste schede bianche peseranno quanto le altre: se pur non costituiranno un loro partito che non è necessario né desiderabile, vedrai quanto contribuiranno a indirizzare verso una via migliore l'uno o l'altro dei due raggruppamenti (...). Ne riparleremo fra cinque anni». E noi siamo qui a riparlarne non dopo cinque, ma dopo 50 anni. Non è Mila che sbagliava, ma gli uomini della politica che non hanno visto il pericolo che ora sta, grande, innanzi a noi. Sulla pena di morte, si trovano nelle Lettere della giovinezza di Vittorio Foa considerazioni che andrebbero lette parallelamente a quelle di Mila nei due scritti «Lo Stato ingiusto» e «La legge e il taglione» (La Stampa, rispettivamente dell'11 e del 18 febbraio 1981) che tanto scalpore suscitarono nella cerchia stessa più vicina al loro autore, a iniziare da Alessandro Galante Garrone. Qui si vede all'opera lo spirito dell'anticonformista, che reagisce al modo di trattare la questione attraverso sentimentalismi e argomenti patetici. Mila vuole ripristinare il primato della ragione e mettere al centro quella che chiama una «freddissima esigenza di equità nella giustizia». Come spiegherà in una lettera a Vindice Cavaliere, opportunamente richiamata da Alberto Cavaglion nella Prefazione agli Scritti civili, era il rigore quel che gli importava soprattutto, ponendo una distinzione tra crimini per così dire privati (la moglie angariata che Wm co nella minellli stra del mariSi to) e pubblici Jì| (la bomba alla stazione che falcidia vite umane alla cieca). E' di fronte a questo genere di crimini che Mila rivendica la legittimità della pena più grave, quasi come atto di reazione di tipo bellico, quando i colpevoli «siano presi con le mani nel sacco». Ma soprattutto, per comprendere la posizione di Mila e differenziarla rispetto ad altre, si deve tener conto dell'invito agli «uomini di buona volontà» che è contenuto nel secondo dei due scritti menzionati: «Tenercela, la nostra Giustizia imperfetta, e perciò aggiornarla sempre secondo l'umore dei tempi. Se mala tempora currunt, la nostra Giustizia dovrà per forza inasprirsi, dando di noi e della nostra civiltà un'immagine poco lusinghiera. Agli uomini di buona volontà spetta di non perdersi d'animo e dare opera sempre, per tutte le vie possibili della cultura, dell'educazione e del buon governo, per restituire al nostro Paese condizioni nelle quali almeno la pena estrema non sia necessaria». Sta qui una differenza profonda rispetto ai fautori della pena di morte come principio irrinunciabile, à la De Maistre: per loro, ciò che conta è la natura umana, irrimediabilmente perduta; per lui, il difetto di civiltà che deve essere riempito. Gustavo Zagrebelsky Mie elezioni del '48 sorprese i compagni azionisti scegliendo il non-voto, nel 1981 invocò la pena di morte per le stragi del terrorismo Wm llli Si Jì| % Un'immagine di Massimo Mila, il grande musicologo morto nel dicembre 1989. In basso Gustavo Zagrebelsky

Persone citate: Alberto Cavaglion, Alessandro Galante Garrone, De Maistre, Gustavo Zagrebelsky, Mario Paggi, Massimo Mila, Vittorio Foa, Zagrebelsky Mila

Luoghi citati: Torino, Vindice Cavaliere