Il giallo dell'autore di Marco Neirotti

Il giallo dell'autore Il giallo dell'autore Chi ha catturato quelle immagini? Le ipotesi di quattro grandi fotografi ij Gianni Berengo GarN ottimo professionista, ammesso nelle stanze riservate del regime, ma anche un arguto osservatore della vita quotidiana, pronto a fissare preti che tirano palle di neve in piazza San Pietro e soldati che marciano tenendo in mano un fiasco di vino, immagini non in linea con la filosofia del Duce. Chi può essere stato quel discolo tra gli «accreditati» a Palazzo Venezia? E le casse ritrovate sono un misto di autocensure e memorie ufficiali? «Potrebbe essere qualcuno che ha ritenuto di utilizzare il materiale in un secondo tempo e le ha conservate con un calcolo preciso», sostiene Mario De Biasi, grande fotografo di Epoca dal '53 agli Anni 90. Due nomi si potrebbero fare, ma spazio e tempo li eliminano: era piemontese e non romano Silvio Negri, è morto troppo presto (nel 1927) il conte Primoli. Chi dunque aveva tanta libertà di obiettivo, seppur autocontrollata, magari perfidamente? Gianni Berengo Gardin, maestro di fotografia, autore di tantissimi libri, lancia un nome: «Quel Pastorel titolare dell'agenzia Vedo. Tazio Secchiaroli, scomparso qualche mese fa, era uno dei suoi grandi allievi, chissà che non sapesse...». Ma la pista più probabile di tutte è l'Istituto Nazionale Luce: «Loro gestivano tutto ciò che era ufficiale. E' facile pensare a uno dei suoi fotografi, che abbia ripreso le scene poco marziali per tenersele». Stessa pista per l'editore e foto¬ grafo Enzo Sellerio: da un lato Pastorel, dall'altro l'Istituto, ma questa volta con un nome: «Guido Ungaro era uno dei loro fotografi, aveva ampie entrature e la capacità di cogliere il quotidiano. Può avere scelto e conservato». Scattare e conservare comunque. Oliviero Toscani ricorda suo padre, Fedele, fotografo del Corriere della Sera: «(Anche mio padre scattava ciò che era ufficiale e insieme il resto, sapendo che la censura avrebbe poi cancellato. Ma scattava comunque: consegnava al Corriere ciò che non dava problemi e all'Associateci Press il resto. E io sono convinto che certe immagini, sotto sotto, fossero gradite anche al Potere: mio padre immortalò il Duce che faceva pipì in spiaggia guardando il mare. Poteva essere una foto offensiva, e i censori l'avrebbero bloccata, ma poteva anche essere vista come una virile e sprezzante sfida al nemico». Aggiunge Toscani: «La fotografia è la realtà. Tant'è che se arriva in redazione la notizia di un illustre morto, controlli che sia vera. Se arriva la foto dai per scontato che sia successo. Anche allora la fotografia era realtà: un'umanità disastrata che andava avanti». Marco Neirotti tSÉP* .ci IP' ,: m m ■ WS* v Gianni Berengo Gardin e Oliviero Toscani

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