«Waldner, un delitto politico»

«Waldner, un delitto politico» Bolzano, ma il pm Tarfusser: voglio proprio vedere come motiveranno la sua assoluzione «Waldner, un delitto politico» Rainer: lamia confessione? Un 'idea del lesale BOLZANO DAL NOSTRO INVIATO Sul tavolo di legno ci sono la tovaglia bianca lavorata all'uncinetto, un bicchier d'acqua, un mazzo di roselline candide e le sue mani. Lunghe. Lunghe come lui e la sua faccia da afghano triste e vestito di nero. Lunghe come le sue pause e le giornate passate nel carcere di Trento, 636. «Da innocente», detta Paul Peter Rainer, 32 anni, uno che vive per il Tirolo unito. Dirà poi da vittima, da perseguitato, anzi «criminalizzato». Perché il 15 febbraio 1997, nell'albergo di Castel Guncina, Christian Waldner non l'ha ucciso lui. In primo grado l'avevano condannato a 22 anni? Dimenticare, prego. L'altra sera, a Trento, la corte d'appello l'ha assolto. Il morto c'è, il colpevole non più. «Davvero?». Cuno Tarfusser, il pm di Bolzano, aveva pensato ad uno scherzo un po' scemo. «Ma come hanno fatto?». Non fosse arrivata alle sette di sera, per i quotidiani di Bolzano la notizia dell'assoluzione sarebbe stata da edizione straordinaria. Come a Parma per Ferdinando Carretta. Waldner, 37 anni, consigliere regionale dei «Freiheitlichen», gli ultra del Tirolo unito e libero, qui non era un nessuno. E neppure Rainer, ideologo degli Schuetzen e tuttofare (anche troppo) per conto di Waldner. Poche ore d'indagine e Rainer confessa. Vessazioni, la minaccia di rivelare il suo falso diploma di maturità, mandami questo fax, scrivimi il discorso, spedisci questa lettera, non capisci niente! Movente: non ne potevo più. Arma del delitto: un fucile, poi l'ho nascosto in una discarica di Castel Firmiano. Bravo il poliziotto Alexander Zelger, bravo il pm Tarfusser, il caso è chiuso, Rainer in galera. «E invece no», dice Roland Riz, una vita tra le aule di tribunali e quella del Senato. Ora, a 71 anni, più che alla Sud Tiroler Volkspartei Riz provvede ai disperati come Reiner. Alle cinque del pomeriggio esce dall'appartamento al quarto piano di Galleria Telser 11, a Gries, appena fuori dal centro città. In casa Rainer si festeggia con prudenza, meglio non esagerare. ((Abbiamo ribaltato e azzerato l'accusa - è fiero Riz -. Il povero Reiner, in questura, aveva confessato dopo una notte di incubi, crampi e convulsioni. La sua versione non era credibile. A sentir lui in 5 minuti ha fatto tutto. Io ci ho provato e di minuti ne ho messi 37». Insomma, una confessione estorta e stramba, per due penalisti come Riz e Giampiero Mattei facile da smontare. «Eravamo sicuri». E lei, Rainer, ne era sicuro? La pausa che segue è lunga. L'afghano triste si guarda attorno, fissa lo stemma di famiglia (1860), i ceri già pronti per il Natale, Madonne e santini sulla libreria, e conclude che «bisogna riflettere». Su che? Per cominciare sulle sue condizioni, «abbiate pazienza, sono passate solo poche ore, lascio un mondo per entrare in un altro». Lascia la biblioteca del carcere di Trento, «ma continuerò ad occuparmi dei detenuti e sono d'accordo con le proposte di Cusani...». Va bene, signor Rainer, ma se l'aspettava questa assoluzione? «In questi 21 mesi ho vissuto da innocente. Se non me l'aspettavo almeno ci speravo». Forse, e si può capire, in questo momento maledice la decisione d'aver aperto la porta di casa. «Non ho più tempo, devo anco- ra andare a trovare mia nonna...». Ieri mattina ha attraversato la piazza ed è entrato in parrocchia per la messa, stessa chiesa del funerale di Waldner. Al processo in primo grado, sia Rainer che altri avevano raccontato dei difficili rapporti con Waldner. Del brillante consigliere regionale che aveva deciso una spericolata manovra politica, entrare nella Lega Nord con i suoi amici della «Buendis», che vuol dire Lega. Dai «Freiheitlichen» ora appena stato cacciato con una simpatica motivazione, ti sei fregato la cassa. Rainer era rimasto, ma Waldner continuava a pretendere i servigi che diventeranno movente del delitto? «No, non è così», interrompe Reiner. «Avevamo lavorato assieme 10 anni, andavamo d'accordo, eravamo d'accordo». Angherie, vessazioni? Non esistono più. Solo fantasie, voci, equivoci. «Bisogna riflettere...». Rifletta pure. «Ecco. In quel febbraio 1997 sono accadute due cose gravi: l'omicidio (irrisolto) di Waldner e il mio arresto. Cui prodest? Negli ultimi due anni sono scomparsi dalla scena due personaggi politici e ora c'è una scena diversa e il partito è passato dal 6 al 2 per cento. C'erano progetti che si sono fermati, come la possibilità che il Waldner diventasse segretario della Lega Nord a Bolzano. Io e lui da anni eravamo inseriti nel rapporto sulla sicurezza nazionale del ministero dell'Interno. Da parte del pm Tarfusser, qui ci conosciamo tutti, ci sono stati pregiudizi nei miei confronti. Lo conoscevo già, negli Anni 80 bastava chiedere l'autodeterminazione e si finiva sotto processo...». Un delitto politico, dunque. Con il triste Rainer che ci finisce in mezzo. E' così, signor Rainer? «Dobbia¬ mo riflettere, ma penso di sì». E allora perché ha confessato perfino davanti alle telecamere di Rai3, due anni prima del Carretta? «Non è vero. Io ho confessato una sola volta, le altre erano conferme. Ero d'accordo con il mio avvocato di allora, Sandro Canestrini. Faceva parte della strategia difensiva per arrivare al processo al più presto». Una telefonata a Trento, studio Canestrini, avvocato, le confessioni le avevate concordate? «Assolutamente no». Forse bisognerà che Rainer ci rifletta su. Come sulla storia del fucile: se il pm non si fosse dimenticato di prendere le impronte digitali, Rainer forse non sarebbe Ubero. Nella confessione dice dov'è e lo trovano subito, era una prova. «No, perché.il mio fucile non era quello. Era uguale, ma non quello!». Riflette anche il pm Tarfusser. «Voglio proprio vedere come motiveranno l'assoluzione». Franz Waldner, il padre di Christian, medita: «Se Rainer è davvero innocente con la sua confessione ha aiutato l'assassino». Il pm ha finito di riflettere: e se quella confessione, ammesso che sia falsa, fosse un bel favoreggiamento? E ancora, come telefona da Wiesbaden il poliziotto Zelger: «Se l'hanno condannato a due anni e sei mesi per il possesso del fucile, come hanno fatto ad assolverlo dal delitto?». Signor Rainer, complimenti per l'assoluzione e la libertà, ma qui solo lei e i suoi valorosi difensori non avete dubbi. «Chi si batte per l'unità del Tirolo è sempre criminalizzato. Riflettete, è una costante nella triste storia dell'Alto Adige. Ma adesso basta, ho la nonna che mi aspetta...». Giovanni Cerniti «L'avvocato mi disse: così avrai un processo in tempi rapidi. Ma qui chi si batte per l'unità del Tirolo è sempre criminalizzato» Il padre della vittima, Franz Waldner: «Se Rainer è davvero innocente, con la sua confessione ha solo aiutato l'assassino» A sinistra Peter Paul Rainer ripreso all'uscita dal carcere di Trento mentre abbraccia la madre. Sotto la vittima Christian Waldner