«E' come il Che, come Marcos» di Aldo Cazzullo

«E' come il Che, come Marcos» GLI «AMICO ITALIANI» «E' come il Che, come Marcos» Preti e centri sociali a fianco di Ocalan E ROMA NRICO, 22 anni, «romanista da 21», l'altra sera ha tifato Juve per la prima volta, per odio dell'«oppressore turco» e amore di Oscialàn. Laura ce l'ha con Forattini, che disegna Ogiàlan col nasone «e la barba lunga, come Rosi Bindi», mentre «lui è bello, con le sue sopracciglia all'insù». Bello e luciferino, proprio come lo sta disegnando il ragazzo che sulle sopracciglia porta un orecchino, non vuol dire il nome, ha seguito il corso di murales dei docenti dell'università di Città del Messico e sovrappone all'effigie del subcomandante Marcos quella del nuovo simbolo, «er grande Okalàn». Sgocciolano ancora le immagini sacre nel santuario dei tifosi italiani dei curdi, il Villaggio globale, un pezzo dell'ex mattatoio del Testaccio diventato centro sociale e asilo dei pellegrini di Apo. La settimana scorsa hanno dormito per teiTa a centinaia, nella sala della Borsa, dove si contrattava il prezzo dei quarti di bue e (nei piani di Rutelli) si insegnerà Architettura. In un angolo sono ancora accatastate le coperte. Poi molti se ne sono andati, chi in Germania, chi in altri centri sociali. Ne restano 13. Con i loro protettori. Al Fronte nazionale per la liberazione del Kurdistan di Ahmet Yaman vantano amici italiani in ogni stratificazione della società e della politica: in Parlamento, nelle Acli, alla Charitas, a Pax Christi. Nella Comunità di Sant'Egidio guardano con simpatia alla causa curda sacerdoti di grande prestigio come don Vittorio lanari, responsabile del dialogo con l'Islam per la Cei, e don Matteo Zuppi, esperto di questioni africane, che si divide tra i mosaici appena restaurati della parrocchia di Santa Maria in Trastevere e le messe all'aperto a Primavalle. Ma i fedelissimi sono loro, gli antagonisti. L'altra sera erano riuniti in assemblea al mattatoio. C'erano i centri sociali «moderati», come La Maggiolina al Nomentano, e i duri: la rifondarola Cortocircuito a Torre Spacca- ta, la felliniana La Strada alla Garbatella, l'inquietante Pirateria sulla Ostiense. E c'era, reduce dalle carceri turche, Dino Frisullo, che oggi accompagnerà i 13 curdi in questura per il permesso di soggiorno, prima tappa per l'asilo. Al mattatoio entriamo' con Giovarmi Franzoni, l'ex abate benedettino di San Paolo, figura storica del dissenso cattolico:'ha seduto al Concilio Vaticano II, officiato messe di requiem per Allende ai mercati generali, è stato sospeso a divinis perché non ostile al divorzio, ha appoggiato il pei e sposato una giapponese traduttrice di Gramsci. Ocalan nuovo simbolo antisistema, come il Che, come Marcos, non dispiace neppure a lui; anche perché negli Anni 70 e 80, quando andavano palestinesi e montoneros, «i curdi li abbiamo trascurati». Eccolo, Apo, nei murales di Fayde, Yasemin, Habibe, i bambini curdi che vivono qui. Disegni tristi: mani ammanettate, volti in lacrime, bandiere lacerate, rosse come quella che dal 27 marzo '94 (vittoria del Polo) sventola sul pennone del mattatoio, e un cuore con la scritta Kurdistan avvolto nelle spire di un Cobra con la scritta Turchia. I manifesti che invocano l'asilo per Ocalan si fanno largo tra quelli che annunciano i concerti di gruppi rock dai nomi irmriaginifici («Vento dall'Est», «Senza sicura»), marce di solidarietà con baschi e irlandesi, conferenze di sacerdoti che si chiamano quasi tutti Gutierrez. Le firme sotto gli appelli ricostruiscono il mosaico del terzomondismo: «Ya basta», «Nero e non solo», «Progetto diritti» e «Senza confine», l'associazione di Frisullo, l'unico che parla curdo. Ma l'icona di Ocalan non è più cruenta di quella di Marcos? Ricordare le vittime turche e il narcotraffico è da «demagoghi» per Laura, «populisti» per Enrico, «stronzi» per l'anonimo, che sta dando gli ultimi ritocchi alla stella sulla giubba di Apo. Laura non conosce Franzoni e vorrebbe cacciarci; poi arriva uno dei leader del centro, Alfonso Perrotta, ex marxista-leninista, ex Lega dei diritti dei popoli, che invece lo bacia e ci dà il via libera per la ludoteca, 0 laboratorio di ceramica, la sala computer con collegamento Internet («interessantissimi i siti curdi. Chi li paga? Il popolo curdo, no?»), e finalmente la mansarda, dove sono alloggiati i profughi. In assenza di Frisullo, si comunica a gesti (nessuno parla lingue occidentali). Vocabolario di sopravvivenza: «Apo libero», «cena», «permesso di soggiorno». Yasemin ha scritto sul muro «piazza Kurdistan», come la targa deposta al Celio. Sua madre la accarezza e guarda tutti con diffidenza: i tifosi italiani di Ocalan, l'ultimo numero di «Confronti», rivista della commuta di Franzoni redatta da cattolici e musulmani, i nomadi accampati nel cortile (che invece parlano benissimo il dialetto veneto) e i bengalesi che, a forza di dormire ignorati da tutti sotto i vicini ponti sul Tevere, finiranno per tifare contro. Aldo Cazzullo Accuse di narcotraffico C'è anche l'ex abate e massacri? «Solo demagogia» Franzoni, figura storica per i tifosi del presidente Pkk del dissenso cattolico Qui sopra Ocalan Accanto Giovanni Franzoni e, a destra, Dino Frisullo

Luoghi citati: Città Del Messico, Germania, Kurdistan, Pax Christi, Roma, San Paolo, Sant'egidio, Turchia